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Processo Ruby, Berlusconi assolto in appello. In primo grado l’ex premier era stato condannato

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ROMA (WSI) – I giudici della seconda Corte d’Appello di Milano hanno assolto Silvio Berlusconi, imputato per concussione e prostituzione minorile nel processo Ruby, per entrambi i capi di imputazione. In primo grado l’ex premier era stato condannato a 7 anni. I giudici della seconda Corte d’Appello di Milano, nel processo Ruby, hanno assolto Berlusconi dal reato di concussione “perché il fatto non sussiste” e dal reato di prostituzione minorile “perché il fatto non costituisce reato”.

Un risultato che è andato “oltre le mie più rosee previsioni”. Questo il commento a caldo dell’avvocato Franco Coppi, difensore di Silvio Berlusconi al processo d’appello della vicenda Ruby, dopo la sentenza di assoluzione nei confronti dell’ex presidente del Consiglio da parte dei giudici della seconda Corte d’appello di Milano.

Questa mattina, prima che i giudici della seconda Corte d’Appello si ritirassero in camera di consiglio, c’è stato spazio per brevi repliche. Repliche che hanno riguardato una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2006, in base alla quale, per la difesa, i tabulati telefonici agli atti del processo sono inutilizzabili perché non consentono la loro acquisizione in maniera indeterminata. Per gli avvocati Filippo Dinacci e Franco Coppi, legali dell’ex premier, non c’è un bilanciamento tra il loro utilizzo per accertamenti giudiziali e il diritto alla riservatezza. Non così per il sostituto pg Piero De Petris che ha osservato che nel nostro ordinamento “ci sono tutti i presidi che realizzano quel bilanciamento” in quanto sono acquisiti con un provvedimento dell’autorità giudiziaria poi sottoposto a un controllo del giudice. Il pg al termine della sua requisitoria aveva chiesto la conferma dei 7 anni di carcere inflitti a Berlusconi dal Tribunale il 24 giugno dell’anno scorso. La difesa ha chiesto invece l’annullamento della sentenza di primo grado e l’assoluzione del leader di Forza Italia “perché il fatto non sussiste”.

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[ARTICLEIMAGE] È attesa per il primo pomeriggio di oggi la sentenza d’appello sul caso Ruby. L’accusa ha chiesto la conferma della pena inflitta in primo grado a Silvio Berlusconi, cioè 7 anni di reclusione per concussione e prostituzione minorile, e l’ex premier rischia, qualora la condanna fosse confermata oggi e poi anche in Cassazione, di dover scontare una pena complessiva di quasi 10 anni.

Se venisse infatti condannato in via definitiva anche in questo procedimento, il leader di Forza Italia perderebbe il beneficio dell’indulto che gli ha “abbonato” 3 anni della sentenza Mediaset. Uno scenario che preoccupa e non poco Berlusconi ed i suoi legali che, sostenendo che l’ex premier non fosse a conoscenza della minore età della giovane marocchina e fosse realmente convinto della sua parentela con Mubarak, hanno in ogni caso chiesto per il loro assistito l’assoluzione.

E la sentenza potrebbe avere conseguenze anche sul piano politico e sul delicato fronte delle riforme. Non è infatti un mistero che almeno parte della strategia politica dell’ex premier sia figlia delle vicende giudiziarie del leader di Forza Italia.

“Pena severa ma giusta”. Con questa considerazione il sostituto pg di Milano, Piero De Petris, ha chiesto la conferma dei 7 anni di carcere comminati a Berlusconi in primo grado per concussione e prostituzione minorile. Venerdì scorso, nel chiedere la conferma della sentenza dei giudici della quarta sezione penale emessa poco più di un anno fa, il 24 giugno 2013, il pg De Petris era partito dalla ricostruzione dell’ormai famosa notte in Questura tra il 27 e il 28 maggio del 2010, quando la 17enne Ruby, portata in via Fatebenefratelli perché sospettata di furto, venne rilasciata dopo una telefonata dell’ex premier e affidata all’allora consigliere regionale Nicole Minetti. Secondo il pg, Berlusconi avrebbe fatto pressioni sul capo di Gabinetto della Questura, Pietro Ostuni, e “a cascata” sul funzionario Giorgia Iafrate, al punto da “ordinare” loro con una “minaccia implicita”, e intimidendoli, la consegna della giovane marocchina.

Quanto al reato di prostituzione minorile, poi, per il pg “è certa l’attività di meretricio della minorenne” a Villa San Martino, tra il settembre 2009 e il maggio 2010, e anche altrove.

La difesa, invece, con i professori Franco Coppi e Filippo Dinacci, ha chiesto l’assoluzione per insussistenza dei fatti contestati, puntando però anche su tutta una serie di questioni processuali, tra cui l’inutilizzabilità delle intercettazioni, che potrebbero portare all’annullamento o alla riforma della sentenza del Tribunale. Per la Difesa la condanna di primo grado è basata solo su “opinioni” e su “congetture che servono solo a puntellare prove inesistenti”. Nei confronti di Ostuni ci fu solo una “mera sollecitazione” e poi, secondo i legali, c’è un “dato insuperabile”: la stessa Ruby ha sempre negato di aver fatto sesso con l’allora presidente del Consiglio.

Se dovesse arrivare la conferma dei 7 anni, o comunque una condanna a una pena più bassa, e il verdetto poi dovesse reggere anche in Cassazione (l’udienza potrebbe tenersi tra l’estate e l’autunno 2015), per Berlusconi, in base alla legge, “rivivrebbero” anche i tre anni della sentenza Mediaset cancellati dall’indulto. Rischia in ipotesi, dunque, un cumulo pena delle due sentenze di 10 anni. Pena che, in base all’articolo 47 ter del codice di procedura penale, avrebbe la possibilità di scontare in detenzione domiciliare e non in carcere, perché ultrasettantenne, ma che comunque ne segnerebbe la degnerebbe la definitiva uscita dal panorama politico.