Economia

Perché le banche alzano i tassi sui prestiti, ma non quelli sui depositi?

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Nel corso dell’ultimo anno, molte banche centrali hanno deciso di modificare le proprie decisioni di politica monetaria, aumentando a più riprese i tassi di interesse con l’obiettivo di contenere l’alto livello di inflazione, che in Europa è ora al 3% (tasso di rifinanziamento principale. Tuttavia, questo rialzo dei tassi non ha avuto l’effetto sperato sui tassi di interesse dei conti correnti e conti deposito offerti dalle principali banche commerciali. Infatti, nonostante i tassi della Banca Centrale Europea siano passati da zero al 3%, i tassi sui conti correnti/deposito sono rimasti bassi e sostanzialmente invariati rispetto a prima, non riuscendo così a tenere il passo con l’inflazione e con l’aumento generale dei costi.

Questa situazione ha generato molte domande e dubbi tra i risparmiatori, che si chiedono perché i tassi sui loro conti correnti e conti deposito non siano ancora aumentati, nonostante il rialzo dei tassi di interesse deciso dalle banche centrali.

In questo articolo, cercheremo di far luce sulle ragioni di questo fenomeno, spiegando il motivo per cui i tassi di interesse sui conti deposito/correnti sono rimasti bassi, faticando ad allinearsi ai tassi di interesse delle banche centrali.

Banche e rialzi dei tassi

I rialzi dei tassi avviati a partire da luglio 2022 hanno fatto seguito a un lungo periodo in cui i tassi di interesse erano rimasti bassi o negativi, elementi che avevano convinto le banche ad azzerare la remunerazione dei depositi sui conti correnti, aumentando al tempo stesso i costi a carico dei clienti. Adesso i tassi sono tornati al livello del 2008 e secondo le previsioni della Bce potrebbero raggiungere il picco in estate al 3,7%. Ma per il momento, la situazione rimane sfavorevole per i correntisti italiani e favorevole per gli istituti di credito che hanno immediatamente beneficiato dell’aumento dei costi di mutui e finanziamenti. Non solo: a causa dell’inflazione, negli ultimi mesi molte banche italiane stanno comunicando ulteriori aumenti dei costi per detenere un conto corrente, tant’è vero che a inizio di quest’anno le spese dei conti sono aumentate tra l’8% e il 26% rispetto al 2022.

Tuttavia, con l’aumento dei tassi di interesse i principali intermediari finanziari sono stati sollecitati a rivedere le condizioni a favore dei clienti, con la Banca d’Italia che chiede di “riequilibrare il rapporto fra banca e cliente”, in quanto se il cliente deve affrontare costi più elevati allora è anche giusto che debba poter usufruire di rendimenti maggiori. Alcune banche stanno procedendo in questa direzione aumentando le remunerazioni sui conti deposito/correnti, mentre altre mantengono un sostanziale immobilismo.

I tassi offerti dalle banche ai loro clienti sono ancora molto bassi, permettendo così alle banche di ottenere extra ricavi in quanto guadagnano molto di più sui depositi dei clienti rispetto a quanto paga loro in interessi. Questo perché, al momento, la Banca Centrale Europea offre alle banche un tasso del 2,5% per la liquidità depositata presso di essa. A riguardo, secondo l’ultimo rapporto dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi), il tasso di interesse medio praticato sui depositi dei conti correnti classici è pari allo 0,17%. Più elevati, anche se non di molto, i tassi praticati sui conti deposito che a fine gennaio rendono in media un tasso netto dell’1,59% con un vincolo di 6 mesi (0,46% media nel 2022), mentre danno l’1,85% con un vincolo di 18 mesi (0,61% media nel 2022).

Perché le banche non rialzano i tassi su depositi?

Per cercare di rispondere a questa domanda dobbiamo considerare che i tassi di interesse sui conti correnti e depositi sono influenzati in primo luogo dalla domanda e dall’offerta di prestiti e depositi all’interno del sistema bancario. In tal senso, se la domanda di prestiti da parte di famiglie e imprese è bassa o se c’è un eccesso di liquidità nel sistema bancario, le banche avranno meno incentivi ad offrire tassi di interesse più elevati per attirare depositi dai risparmiatori. In quest’ottica è doveroso ricordare cosa successe nel 2020, anno della pandemia di Covid-19, una situazione che come sappiamo ha portato molti Paesi a chiudere le proprie attività economiche. Questo ha avuto un impatto notevole sui consumi, innescando una diminuzione della domanda di finanziamenti, che a sua volta ha causato un deciso incremento degli accantonamenti delle risorse da parte di famiglie e imprese, generando così un eccesso di liquidità nel sistema finanziario. In aggiunta a questo, ricordiamo che negli ultimi anni le banche centrali hanno aumentato l’offerta di moneta nel sistema, il che ha contribuito ad aumentare il tasso di risparmio.

In secondo luogo, dobbiamo considerare che i tassi di interesse sui conti correnti e sui depositi dipendono anche dalla concorrenza tra le banche. In quest’ottica, se ci sono poche banche che offrono depositi ad un tasso di interesse elevato, ciò può limitare l’aumento dei tassi di interesse offerti dalle altre.

In conclusione, anche se la Bce intende aumentare i tassi di interesse di riferimento, questo non significa necessariamente che le banche aumenteranno nella stessa misura i tassi di interesse sui conti correnti e sui depositi. A conferma di ciò basta vedere cos’è successo nel passato e in tal senso storicamente quando le banche centrali hanno aumentato in altre situazioni (2006 e 1999) i tassi di riferimento, gli istituti di credito hanno trasmesso velocemente l’aumento sui mutuatari, mentre sono state molto lente a trasferire un maggior rendimento ai depositanti. In questo momento le banche sembrano avere pochi incentivi per aumentare i rendimenti offerti sui conti, in quanto sono ancora inondati di liquidità grazie ai risparmi accumulati dai risparmiatori durante la pandemia.

Ecco spiegato perché le banche possono decidere di mantenere i tassi di interesse sui depositi a un livello basso in modo da per mantenere i loro margini di profitto o per altri motivi strategici.