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Pensioni: governo vorrebbe il ritorno al contributivo. Sindacati sul piede di guerra

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Entra nel vivo il pacchetto previdenza del governo Draghi con un nuovo incontro a breve tra il Presidente del Consiglio Mario Draghi e i sindacati che dovrebbero discutere di alcuni importanti temi riguardanti il mondo delle pensioni. In primo luogo la misura che dovrebbe prendere il posto di Quota 100 in scadenza a fine anno, ossia Opzione Tutti.

Opzione tutti o Quota 102: cos’è e cosa prevede

Come abbiamo già avuto modo di precisare, Opzione tutti è l’uscita anticipata dal lavoro a 62 anni prendendo come assegno pensionistico quanto maturato fino a quel momento, con il sistema contributivo, ovvero in altre parole la possibilità di andare in pensione a 62 anni senza limiti contributivi ma ricevendo un assegno calcolato su quanto versato negli anni lavorativi.

In molti è stata ribattezzata ‘opzione tutti’ o anche Quota 102 proprio perché il modello Opzione donna è proprio la base da cui partire: in questi anni ha permesso il pensionamento con 58 o 59 anni di età e 35 di contributi, ma con un taglio del 33% dell’assegno. Il governo ora l’ha rinnovata per un anno alzando l’età a 60 anni per le dipendenti e 61 per le autonome. Da qui si ipotizza una sorta di Opzione Tutti con un ritorno al contributivo che significa tornare al meccanismo in cui ciascuno riceve da pensionato quel che ha versato nella sua vita lavorativa. Come ha spiegato poco tempo fa il Ministro Orlando:

“Tornare al contributivo non significa necessariamente tornare alla Fornero com’era: lo sforzo che si può fare è mantenere l’impianto contributivo, ma costruire elementi di flessibilità che consentano di evitare alcune rigidità e andare così incontro ad alcune delle istanze del sindacato”.

Tuttavia questa Opzione pare non trovare il beneplacito dei sindacati secondo cui consentirà l’uscita soltanto di poche migliaia di lavoratori. Secondo le stime della Cgil solo a 8.500 occupati e l’anno prossimo, invece, secondo la stima contenuta nella relazione tecnica della legge di Bilancio, saranno 16.800 le persone che potranno andare in pensione con Quota 102

Tra le varie misure previdenziali su cui discuteranno i sindacati con il governo anche Opzione Donna che potrebbe ben presto essere prorogata fino al 31 dicembre del 2022 ma con un taglio medio del contribuito previdenziale del 6% per le dipendenti e del 13% per le lavoratrici autonome. Il ricalcolo della pensione col contributivo comporterebbe però una perdita tra il 20 e il 30% dell’assegno ed  è su questo aspetto che i sindacati si lamentano.

Pensioni e contributivo: il no dei sindacati

Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri insistono sulla necessità di una estesa flessibilità in uscita, già dai 62 anni d’età o con 41 anni di versamenti a prescindere dall’età anagrafica, e sulla necessità di penalizzare troppo i pensionandi con assegni interamente “contributivi” che potrebbero ridursi anche di oltre il 30%.

Cgil, Cisl e Uil in particolare vorrebbero una riforma della legge Fornero e non solo. Il Sole 24 Ore riporta l’Analisi dell’Osservatorio Previdenza della Cgil e della Fondazione Di Vittorio che mette in evidenza che il ricalcolo contributivo del trattamento pensionistico che “produrrebbe un taglio «importante e iniquo» che potrebbe anche superare il 30% dell’assegno lordo”.

“Lo studio fa notare che per una retribuzione di 20mila euro lorde e con 30 anni di contribuzione complessiva, con una carriera lineare e 15 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, la pensione lorda mensile passerebbe da 870 euro con il sistema misto a 674 euro con il ricalcolo contributivo, un taglio pari al 22,6%. «Una differenza che in questo caso per un soggetto che anticipa a 64 anni l’uscita con il ricalcolo contributivo peserebbe per 19.344 euro di pensione in meno nell’intero periodo di pensionamento», ha spiegato il responsabile Politiche previdenziali della Cgil, Ezio Cigna”.

Inoltre i sindacati mettono sul tavolo altre misure in particolare la Cgil spinge ad introdurre forme di tutela pensionistica per i giovani con carriere discontinue, come la “pensione di garanzia”. “La pensione di garanzia non è un sussidio, non è un regalo, non deve andare a tutti, ma solo a chi ne ha bisogno”, spiega Ezio Cigna, responsabile previdenza della Cgil. “Serve ora per incentivare chi lavora a stare in regola e per avere un domani dignitoso. Poi certo molte cose vanno ripensate, a partire dalle soglie di accesso del 2,8 e 1,5”.