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PA: dal 1° maggio vietato portare i condizionatori sotto i 27 gradi

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Prezzi record e disponibilità agli sgoccioli: è questo il quadro a tinte fosche che viene tracciato oggi per il settore energetico stremato dalla guerra in corso in Ucraina.

Mentre l’Unione europea studia un nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca, con il Parlamento europeo che, ieri, in una risoluzione ha chiesto di applicare l’embargo “totale e immediato” all’energia russa, i vari paesi del blocco corrono ai ripari.

Così il nostro premier Mario Draghi alla sua maggioranza di governo ha fatto una domanda: “Preferiamo la pace o stare con il condizionatore acceso?”. Da qui è arrivata la notizia dell’ok in commissione alla Camera di un emendamento parlamentare, riformulato dal governo, al decreto energia.

La norma nel dettaglio vieta dal primo maggio a tutti gli uffici della Pubblica amministrazione, tranne gli ospedali, di portare i condizionatori al di sotto dei 27 gradi e i termosifoni sopra i 19 gradi, con la possibilità però di sforare in entrambi i casi di due gradi al massimo. Oggi, in base a una disposizione del 2013, la temperatura è fissata rispettivamente a 20 gradi e 26 gradi, sempre con 2 gradi di tolleranza. Dunque i limiti vengono ritoccati di un grado. Ma sono esclusi ospedali, cliniche e case di cura.

Le altre misure del decreto energia

Tra le altre misure del decreto energia troviamo l’istituzione il 16 febbraio della “Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibile”.

“Al fine di promuovere la cultura del risparmio energetico e di risorse mediante la riduzione degli sprechi, la messa in atto di azioni di condivisione e la diffusione di stili di vita sostenibili” così si legge nell’emendamento che ha ottenuto il via libera dalle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera. Il coordinamento delle iniziative, senza maggiori o nuovi oneri a carico dello Stato, spetta al ministero della Transizione ecologica con il coordinamento degli altri ministeri interessati e dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.

Proprio l’Arera inoltre, dice ancora il provvedimento, dovrà fare relazioni sull’effettivo utilizzo delle risorse per contenere gli effetti degli aumenti dei prezzi di elettricità e gas. La rendicontazione, secondo l’emendamento, dovrà essere trasmessa entro il 16 maggio al ministero dell’Economia, al ministero della Transizione ecologica e alle commissioni parlamentari competenti. Ulteriori rendicontazioni saranno necessarie dal primo giugno, entro 30 giorni dall’entrata in vigore di nuove misure taglia bollette, ed entro il 31 dicembre di ogni anno. In particolare dovranno essere evidenziate le disponibilità in conto residui trasferite alla Cassa per i servizi energetici e ambientali.

Con blocco gas russo Pil 2022 allo 0,6%

Il problema energia trova posto anche nel Def, il Documento di Economia e Finanza, in cui si mettono nero su bianco i possibili scenari per l’Italia in caso di un ulteriore inasprimento delle sanzioni che porti “all’interruzione degli afflussi di gas e petrolio dalla Russia”, ipotizzando “un blocco delle esportazioni a partire da fine aprile 2022 che perduri per tutto il 2023”.

Un primo scenario ipotizza che “le aziende del settore sarebbero in grado di assicurare le forniture di gas necessarie al Paese grazie ad un incremento delle importazioni dai gasdotti meridionali, un maggior utilizzo di LNG (la capacità di rigassificazione aumenterebbe sensibilmente già nel 2023) e un aumento, inizialmente modesto ma crescente nel tempo, della produzione nazionale di gas naturale e biometano”.

Tuttavia, in presenza di analoghi sforzi di diversificazione degli approvvigionamenti da parte degli altri Paesi europei, “si assisterebbe a un rialzo dei prezzi molto superiore a quello incorporato nelle esogene del quadro macroeconomico tendenziale. Il prezzo del gas sul mercato all’ingrosso nazionale, che a fine marzo trattava a circa 100 €/MWh, seguirebbe un sentiero più elevato rispetto agli attuali prezzi a termine, portandosi in media al di sopra di 200 €/MWh del periodo novembre 2022-febbraio 2023 (contro una media di 90,8 €/MWh nel periodo novembre 2021-febbraio 2022). Nei mesi successivi e fino alla fine del 2023, il prezzo sarebbe pari a circa il doppio degli attuali livelli dei futures sulle scadenze corrispondenti”.

Nel secondo scenario di rischio considerato, si ipotizza che non tutte le azioni intraprese per diversificare gli approvvigionamenti di gas producano i risultati desiderati per via di problemi tecnici, climatici e geopolitici, e che anche gli altri Paesi UE si trovino a fronteggiare carenze di gas. Per l’Italia si ipotizza una carenza di gas pari al 18% delle importazioni in volume nel 2022 e al 15% delle importazioni nel 2023 In questo scenario, i prezzi del gas e dell’elettricità sono ipotizzati ancor più elevati in confronto al primo scenario di rischio, in misura pari in media al 10%.