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Oro: i giorni peggiori sono alle spalle

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ROMA (WSI) – Quando le autorità di politica monetaria europee prendono misure per stabilizzare l’Eurozona – come imporre tassi di interesse a zero o inondare i mercati di liquidità, abbassando gli spread – in teoria il valore dell’euro dovrebbe abbassarsi.

Quello che succede invece, per via del paradosso della Bce, è che sale la domanda di asset denominati in euro e perciò anche la domanda per la moneta unica, come ha spiegato di recente il chief investment strategist di BlackRock chief, Jeffrey Rosenberg.

Quando Draghi ha promesso che avrebbe fatto di tutto per salvare l’euro e ha poi adottato misure di allentamento monetario per rilanciare l’economia d’Europa (basti pensare ai prestiti Ltro a tassi vantaggiosi concessi alle banche e al taglio dei tassi), non si è rafforzato solo l’euro, ma anche le Borse europee e i bond.

Da allora i listini azionari sono in progresso del 50%. Con le promesse di politiche accomodanti e moneta “facile”, gli asset in Europa sono diventati molto attraenti.

Se i listini stanno rimbalzando, insomma, non è per le prospettive di un’integrazione europea più forte, come le autorità politiche vogliono fare credere, bensì per il paradosso di Draghi.

La volatilità del mercato è ai minimi da molti anni e chi vi negozia abitualmente purtroppo ne ha amaramente preso atto. Lampante è il caso del lunedì delle contrattazioni, ormai da mesi un giorno che potremmo definire quasi “perso” nel momento in cui è davvero difficile assistere a movimenti di flussi di liquidità importanti in grado di spostare i prezzi e creare dunque opportunità vere (nel brevissimo è quasi sempre possibile tutto) di trading. Beh, ieri non è stata certa un’eccezione e dunque il focus è doveroso verso i primi market mover degni di nota di quest’oggi.

L’inflazione USA

La release di rilievo per la giornata di oggi è senza dubbio quella sul CPI degli Stati Uniti d’America, atteso in linea al dato precedente su base annuale al +2,0% ed in leggero calo su base mensile da +0,3% a +0,2%. Conosciamo bene come la Federal Reserve, da quando Janet Yellen è al suo timone, abbia implementato un’impostazione qualitativa andando di fatto a slegare le decisioni di politica monetaria da precisi parametri numerici relativi ad inflazione e tasso di disoccupazione, e privilegiando un’analisi tout court delle condizioni dell’economia a stelle e strisce tenendo evidentemente conto dei dati delle due principali grandezze economiche ma attribuendo maggiore peso al cammino con le quali queste si formano, alle aspettative su di esse e più in generale all’aggregato di dati che gravita attorno ad inflazione e disoccupazione e che quindi ne spiegano la qualità, la consistenza e la significatività.

La stessa Yellen negli speech al Congresso della settimana scorsa ha tuttavia dettato una linea perfino più aggressiva rispetto alla sua tipica dovishness, o quanto meno ha lasciato intendere che a Washington sono pronti a intraprendere atti concreti dal punto di vista della politica sui tassi di interesse perfino anticipata rispetto ai criteri guida della forward guidance comunicata nei mesi scorsi. E’ evidente che vadano applicati dei potenti filtri interpretativi alle dichiarazioni dei banchieri centrali, spesso quanto meno fuorvianti; non v’è dubbio però che, l’idea che il tapering potrà ancora ampliarsi nel prossimo meeting del FOMC di fine luglio con il QE che quindi sarebbe decurtato di oltre 2/3 dall’ammontare originale, unita a delle release in continuo miglioramento sul fronte macro, concorrano a creare lecite aspettative su un anticipazione da parte della FED dei tempi in materia di tassi di interesse.

All’interno di questo quadro logico, il dato di oggi assume una valenza perfino maggiore e che potrà dunque portare ad incrementi di volatilità laddove dovesse discostarsi dalle attese, con un mercato che potrebbe dunque divenire dollaro-centrico nel breve in senso di rafforzamento con una release superiore al +2,0% e di indebolimento su una pubblicazione inferiore. Da non tralasciare l’altra importante release sulla vendita di abitazioni esistenti prevista per le 16 ore italiane, che proprio a giugno aveva fatto segnare un balzo clamoroso al +4,9% da attese di poco superiori al 2,0% che è peraltro il dato atteso per oggi.

L’eurodollaro

Venerdì scorso abbiamo assistito ai dati sulle partite correnti dell’Eurozona, in altre parole la differenza tra i beni ed i servizi esportati e il pagamento degli interessi, che poi è una delle tre voci della bilancia dei pagamenti. Questa grandezza (19,5miliardi), per la verità non eccessivamente pesata dal mercato, mostra però ancora ampi flussi di liquidità verso l’azionario e l’obbligazionario europeo, il che crea un paradosso nel momento in cui come sappiamo questo da un lato svilisce l’idea che gli short di eurodollaro possano trovare ancora massiccia linfa e dall’altro proprio per questo motivo un suo lieve riequilibrio (delle partite correnti) possano invece condurre ad indebolimenti del cambio principe.

Naturalmente il beneficio di inventario è d’obbligo e appare difficile credere che i movimenti del mercato valutario dipendano nel breve termine dalla bilancia dei pagamenti, ma è bene ragionare anche su questo versante. Se si considera poi che la dinamica del differenziale tra i tassi di interesse di breve gioca a favore del dollaro americano, l’idea che il cambio possa ancora deprezzarsi è tutt’altro che azzardata. Ma naturalmente sono i punti tecnici che in definitiva determinano le nostre scelte operative ed è quelli che dobbiamo riferirci. Andiamo a vederli.

QUADRO TECNICO

EurUsd: il daily, la vera fotografia del mercato, non ci fornisce chiari segnali e anzi appare ancora piuttosto confuso sebbene i (finora) falsi tentativi di rottura sotto 1,35 uniti al minimo di breve termine e alla possibile ciclicità al rialzo dello stocastico, sembrano fornirci maggiori elementi rialzisti. Nel breve, venendo al 4 ore, riusciamo ad avere qualche spunto in più considerando la confluenza grafica con la media mobile esponenziale a 21 periodi in area 1,3540 che ancora costituisce un buon punto di resistenza che ancora deve lasciarci privilegiare degli short verso i punti di minimo. Idem sul grafico orario, utilizzando evidentemente la media mobile a 100 periodi. Sopra 1,3545 è verosimile ricercare dei long per 1,3565 con stop in pari e valutazione di allunghi verso 1,3585, non favoriti però da volumi e volatilità.

UsdJpy: il daily ci ha mostrato ieri la formazione di un minimo di breve termine, in un contesto però scarsamente direzionale e che dunque potrebbe svilire il rialzo a 101,65. L’area, a cui aggiungiamo il livello di 101,75, offre dunque un buon rapporto rischio/rendimento per degli short con primi obiettivi a 101,45 e 101,25, da cui rivalutare nuovi posizioni long confermate nel caso dalla buona regolarità ciclica dei time frame a 8 e 4 ore. Difficile per ora pensare ad importanti allunghi rialzisti oltre l’area di resistenza sopra citata.

EurJpy: minimo di breve termine sul daily che suggerisce spunti rialzisti, di cui è lecito attendere indicazioni anche dall’oscillatore stocastico fuori dall’ipervenduto. Il triangolo di congestione ieri ben visibile su time frame intraday è andato risolvendosi al rialzo, con quello che ora è il nuovo supporto statico a 137,25 che, su grafico orario, può rappresentare punto di confluenza grafica e quindi favorire ingressi long per primo e vicini obiettivi a 137,55 e successive estensioni verso 137,70. Ritorni sotto 137,20 potrebbero invece permetterci di vendere ancora con l’idea di rivisitare il 136,95 per stop in pari ed i minimi a 136,75 per andare a target.

GbpUsd: il daily del cambio continua ad evidenziare l’importanza di area 1,7060/75, nel momento in cui è forte la confluenza grafica con la media mobile esponenziale a 21 periodi. I volumi sul cambio, così come la volatilità, restano tra i più elevati sul mercato valutario in questo preciso momento storico. Prematuro però parlare di distribuzione del mercato secondo i precisi schemi della Volume Spread Analysis, ma opportuno monitorare il l’area di supporto appena evidenziata in quanto il sell off generato dalla sua violazione potrebbe portare a buoni salti in direzione 1,70. E questa settimana risulterà particolarmente decisiva per la sterlina vista l’ampiezza di release a oggi fino a venerdì. Il grafico a 4 ore segnala ancora discrete confluenze grafiche attorno a 1,71 come punto di vendita verso dunque 1,7060, con buon stop&reverse per ripresa di 1,7115 o più conservativo dopo questo livello in direzione 1,7145.

AudUsd: ancora interlocutorio l’australiano, come continua a dimostrare il grafico daily. Anche i grafici ad 8 e 4 ore mostrano pattern di prezzo rialzisti controversi e non possiamo che ragionare sull’area di resistenza a 0,94 e quella di supporto a 0,9360 privilegiando eventuali limit entry su questi punti, preoccupandoci dunque di ottimizzare il rapporto rischio/rendimento.

Ger30 (Dax): l’insistenza delle vendite di cui avevamo parlato la settimana scorsa, osservando al dinamica di prezzo, ha trovato buone conferme anche ieri con discese degne di nota e nuovi minimi in direzione 9.600 punti. I discreti recuperi potrebbero dunque proseguire in apertura verso area 9.700 punti, prima di eventuali ripartenze in senso ribassista comunque da valutare e da non ritenere per certe. Il movimento, considerando le confluenze grafiche, potrebbe dunque estendere fino a 9.750 punti prima dei ritracciamenti. Restano i punti di minimo il riferimento a supporto.

XauUsd (Oro): non eccessivamente tecnico il grafico dell’oro sui time frame di maggior rilievo. Discreta la fiammata al ribasso di ieri che ora si trova di fronte al supporto di 1.306 che si può lavorare in pullback sul breakout per obiettivi a 1.302 e soprattutto 1.298 e 1.292. Conferme di tenuta di 1.306 ci consentono invece ingressi long per ripresa di area 1.311/13. 1.318 il livello successivo.

Oro: i giorni peggiori sono alle spalle

Ne è sicura Bank of America/Merrill Lynch. Perdite del 2,1% della scorsa settimana dovute per lo più alle puntate short degli hedge fund.