di Antonella Manganelli (Payden & Rygel Italia)

Obbligazioni, cosa aspettarsi nei prossimi mesi?

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Sono stati giorni di grande volatilità per le obbligazioni governative di tutto il mondo e i titoli europei non hanno fatto eccezione, in particolare quelli emessi dai Paesi dell’Europa periferica, con conseguenze visibili sullo spread.

Riguardo a quest’ultimo, è importante dividere qualsiasi considerazione tra breve e medio-lungo termine. Nell’immediato, ci si aspetta ancora instabilità, tuttavia, segnali come la riunione di emergenza della Bce in giugno, i dettagli forniti sugli acquisti sul mercato secondario, nonché la creazione di una task force per lavorare a una soluzione sembrerebbero suggerire che la Bce finirà per tirare fuori il famoso “coniglio dal cappello del prestigiatore”. Pensiamo pertanto che esista una sorta di tetto oltre il quale la Bce non sia disposta a lasciare andare lo spread e che i recenti movimenti di mercato abbiano dato indicazione di quale possa essere questo livello di resistenza.

Lo scudo anti-spread della Bce

Sul fronte delle politiche di contrasto allo spread che la Bce potrebbe adottare, una delle opzioni più concrete riguarda una maggiore flessibilità nel reinvestire i flussi di cassa derivanti dalle scadenze dei titoli che hanno fatto parte dei programmi di acquisto sul mercato secondario. Chiaramente questo sistema potrebbe essere sufficiente solo per supportare i Paesi periferici più piccoli, come Cipro o la Grecia. Per le economie più grandi come l’Italia, diverse sono le opzioni di cui si discute, tra cui pooling fiscale ed Eurobond. Sono stati compiuti importanti passi in questo senso, ma queste soluzioni comporteranno un coinvolgimento che andrebbe oltre la Bce, ad includere l’Ue e altri organismi. Nel frattempo, un’indicazione l’ha fornita Isabel Schnabel, parlando di un sistema che limiti la speculazione sugli spread, entrando in funzione qualora gli spread stessi iniziassero a discostarsi in misura importante dai fondamentali.

Investire in un’epoca di volatilità delle obbligazioni

Stiamo assistendo a un livello di volatilità e dispersione che non era presente sui mercati obbligazionari almeno dagli anni Ottanta. Questo per sua natura presenta dei rischi, ma anche delle opportunità. Nelle nostre conversazioni con gli investitori, sempre più spesso si parla di un tasso privo di rischio più attraente e si discute della necessità di cercare valore in comparti più rischiosi. Di fatto, il riprezzamento è stato tale da portare i rendimenti a scadenza dei governativi vicini a un punto in cui possano essere un cuscino interessante in caso di un più tradizionale scenario di fuga dal rischio di recessione. Uno dei fattori da monitorare in tal senso potrebbe essere sicuramente il picco dell’inflazione, ovvero il fatto che i prezzi inizino a crescere meno velocemente.

Fino a quando l’inflazione non mostrerà segni significativi di rallentamento e le banche centrali rimarranno aggressive, può essere prudente restare cauti su titoli di Stato e attività rischiose. A livello territoriale, ad oggi ci posizioniamo in maniera abbastanza conservativa, con un mercato che sta prezzando una recessione come sempre più probabile. La dispersione tra titoli aumenta e resta cruciale restare selettivi, con un approccio “bottom up”, mentre sono rare e difficili le occasioni di trade più direzionali o “top down”. A livello geografico, tendiamo a preferire gli Stati Uniti all’Europa, e, nonostante lo storno importante vissuto dai mercati emergenti, è ragionevole sospettare che in un momento di addizionale avversione al rischio questo sia un comparto che potrebbe soffrire ulteriormente. In termini di comparto, nell’universo di obbligazioni non governative manteniamo un sovrappeso ai titoli corporate e ad alcuni selezionati settori dei cartolarizzati, dove la qualità è elevata e il rischio di liquidità contenuto.

Per quanto riguarda le obbligazioni corporate, questo mondo parte da bilanci societari solidi e il consumatore è ancora in buone condizioni. Rispetto ai titoli ad alta qualità, o investment grade, vista la grande sensibilità di questi titoli al tasso, meglio il comparto ad alto rendimento, ovvero i titoli high yield, dove i rendimenti correnti sembrano offrire adeguata compensazione rispetto al rischio di credito e liquidità. Per quanto sia ragionevole aspettarsi un incremento dei fallimenti societari, ad oggi questi restano ai minimi, alla luce di una gestione dei bilanci molto conservativa da parte delle società negli ultimi anni. Ciò detto, resta prudente privilegiare le parti più elevate della curva creditizia. Difficile poi esprimere delle grandi preferenze di settore; abbiamo a lungo avuto un sovrappeso sugli energetici, ma lo stiamo in questi giorni rivedendo, visto che la performance di questi titoli è già stata molto solida. A prescindere dal settore, c’è da rimanere davvero cauti sulle società con maggiore pressione sui margini e da fare più attenzione che mai alla selezione dei singoli titoli.