di Marco Bindelli Vice presidente Bcc di Civitanova Marche e Montecosaro.

Credito cooperativo, BCC pronte a far valere i loro diritti

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Mentre i rappresentanti di Federcasse erano in audizione alla Camera per ribadire la loro ostinata volontà di costituire una holding unica obbligatoria per tutti, nove direttori di BCC inviavano a tutte le altre consorelle italiane e al presidente della VI Commissione Finanze che si sta occupando del DL di riforma delle banche di Credito Cooperativo, una lettera aperta con la quale si chiede di abbassare il limite di 1 mld di Euro della capogruppo per consentire la costituzione di più gruppi bancari cooperativi, ossia una lettera in cui si chiede l’esatto contrario di quanto proposto per oltre un anno da Federcasse e ribadito nuovamente in audizione.

Ovviamente, in audizione i vertici del Credito Cooperativo, i quali oramai rappresentano prevalentemente loro stessi, hanno anche chiesto l’eliminazione della way out e, nella denegata ipotesi che questo non avvenisse, che venga fissata alla data di conversione del DL la verifica della consistenza dimensionale del patrimonio delle BCC che intendono uscire, senza concedere cioè il termine dei 18 mesi.

Come a dire: ora che tutte le BCC hanno letto il DL ed hanno (finalmente) capito in cosa consiste la riforma proposta da Federcasse, se proprio dovete lasciare una via d’uscita, non concedete 18 mesi di tempo alle BCC per organizzarsi in fusioni ed aggregazioni perché c’è il rischio che “fuggano” tutte. Eppure il DL prevede 18 mesi di tempo ed il ministro Padoan, in conferenza stampa post approvazione del Decreto Legge, era stato estremamente chiaro: “tutte le BCC avranno 18 mesi di tempo per aggregarsi e raggiungere i 200 milioni di euro di patrimonio netto”.

Per non utilizzare la solita battuta di Warren Buffett, si potrebbe dire che finalmente tutti i nodi vengono al pettine! Tutto verte sui patrimoni delle BCC virtuose, ossia di quelle banche che hanno sempre amministrato correttamente in base al principio della sana e prudente gestione (si tratta della maggior parte delle BCC di piccole e medie dimensioni che registrano un CET1 nettamente superiore a quello medio del sistema del credito cooperativo e che risulta pari al 15,6%) .

Oramai tutti i segreti ed i sotterfugi di un anno intero stanno emergendo e coloro i quali sostengono che le BCC che non intendono aderire al gruppo unico dovrebbero devolvere le riserve indivisibili ai fondi mutualistici o addirittura alla holding unica delle consorelle, poi gridano allo scandalo se le stesse BCC potrebbero attribuirle (le riserve) ai propri soci pagando un’imposta straordinaria (particolarmente elevata) del 20%.

In altri termini, i fautori della cooperazione sostengono che è corretto devolvere gratuitamente i patrimoni di una banca cooperativa in una società per azioni che funge da capogruppo o in una BCC che ha mal gestito e che opera in un’altra regione, ma non è corretto attribuire parte di tali patrimoni ai propri soci (pagando un’imposta del 20%) o conferirli in una società per azione che non svolga la funzione di capogruppo.

Gli stessi sostengono pure che è normale avere una BCC con un attivo di circa 12 miliardi di euro che faccia parte del gruppo unico della holding società per azioni insieme a tante BCC che non rrivano nemmeno a 150 milioni di Euro di attivo, dimenticando di osservare anche che, se la predetta BCC con 12 miliardi di euro di attivo, anziché essere una cooperativa a mutualità prevalente, fosse stata una banca popolare, ossia una cooperativa a mutualità non prevalente, sarebbe stata costretta a trasformarsi in società per azioni per effetto delle nuove norme in vigore a seguito della riforma delle banche popolari.

Nel frattempo, per non rimanere indietro a Federcasse, la quale, per mezzo del suo presidente Azzi, ha minacciato la mobilitazione qualora non venisse rimossa la way out, la banca definita “ribelle”, ossia la Banca di Credito Cooperativo di Civitanova Marche e Montecosaro, conscia della propria inferiorità dal punto di vista della penetrazione politica, ha inviato la seguente comunicazione ai 42 componenti della VI Commissione Finanze:

Invio a tutti i componenti della VI commissione alcune brevi note che spero siano utili per la discussione e l’approvazione del DL 14 febbraio 2016 n. 18.

La way out prevista nel DL non è incostituzionale (da oltre 20 anni vengono approvate norme che prevedono l’affrancamento delle riserve in sospensione d’imposta o di quelle formate con utili non tassate), anzi, nonostante si preveda un’aliquota particolarmente elevata (20%), essa riesce a mitigare i veri rischi di incostituzionalitĂ  insiti nel progetto di riforma proposto da Federcasse, progetto che prevede l’obbligo per tutte le BCC di aderire ad una sola holding senza possibilitĂ  di uscita, ossia senza possibilitĂ  di recesso per le BCC che non intendono farsi governare da coloro che sono ai vertici del Credito Cooperativo da oltre 30 anni e che, spesso, hanno mal gestito le loro BCC e sono stati pure sanzionati da Bankitalia. Il vero problema della way out è il limite arbitrario della soglia prevista nel DL.

PerchĂ© 200 milioni di euro di patrimonio netto per poter scegliere di trasformarsi in s.p.a. quando il limite attualmente previsto per costituire una banca s.p.a. Ă© di soli 10 milioni ed operano in Italia diverse banche s.p.a. con patrimonio netto inferiore a 50 milioni?”

Solo se si approva una riforma che prevede la possibilità di costituire più capogruppo in concorrenza tra loro, abbassando notevolmente il limite di 1 miliardo di patrimonio previsto nel DL per la costituzione della holding (ad esempio a 4/500 milioni. di euro), e ammettendo la possibilità di uscire ed entrare da una holding, eliminando cioè il divieto di recesso previsto nel DL per le BCC che aderiscono al gruppo, si potrà approvare una riforma senza vizi di legittimità costituzionale e, soprattutto, nel reale interesse delle BCC e del Paese.

“Tale soluzione è stata ampiamente sostenuta anche da Banca d’Italia (che forse ora ha cambiato idea), per mezzo di Carmelo Barbagallo, anche dinanzi alle commissioni riunite di Camera e Senato il 15 ottobre 2015. Se ci si ostina, invece, nell’obbligo di adesione ad una sola holding è evidente che una way out SERIA dovrĂ  essere prevista, specie per quelle BCC virtuose che non sono d’accordo da anni con i vertici del Credito Cooperativo. Anche perchĂ© se per qualcuno non appare corretto accrescere il valore delle quote dei soci pagando un’imposta straordinaria particolarmente elevata (20%), non si comprende perchĂ©, invece, i soci debbano essere d’accordo nel devolvere GRATUITAMENTE i patrimoni delle proprie BCC, che hanno sempre gestito in modo oculato ed hanno creato quel patrimonio raccogliendo ed impiegando in un determinato territorio, alle altre BCC che hanno mal gestito o alla capogruppo, che sarĂ  governata dai soliti noti.

L’obbligo di aderire ad un’unica capogruppo senza way out significherebbe premiare chi ha mal gestito e penalizzare coloro che hanno amministrato sempre correttamente e nell’esclusivo interesse della propria banca e del proprio territorio. Come ad esempio la nostra BCC, che ha accumulato quasi 70 milioni di patrimonio, vanta un CET1 del 21% circa (ampiamente superiore a quello medio del sistema bancario italiano e a quello registrato dal sistema BCC pari al 15,6%) ed un coverage (indice di copertura dei crediti deteriorati) in linea con quello medio del sistema bancario e nettamente superiore a quello delle BCC.

Con la speranza che le presenti note non vengano ignorate, Vi saluto cordialmente e Vi auguro buon lavoro“.

Marco Bindelli vice presidente e consigliere delegato ai rapporti con il Movimento del Credito Cooperativo della BCC di Civitanova Marche e Montecosaro.

Oltre alla banca “ribelle”, altre BCC stanno facendo sentire la loro voce in tutta Italia, mobilitandosi in ambito locale e nazionale, e, soprattutto, molte altre stanno acquisendo consapevolezza del DL di riforma e si stanno attrezzando per far valere i loro diritti. La speranza è che il Parlamento riesca a comprendere la complessità della riforma, tenendo in considerazione i reali interessi delle BCC e del paese e, soprattutto, che non si faccia abbagliare dalle lucciole.