Economia

Obbligazionario, per M&G occhi puntati sugli emergenti

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I mesi successivi al coronacrash sono stati egemonizzati dall’azione congiunta di politica monetaria e fiscale in risposta alla crisi. “Con milioni di posti di lavoro persi in pochi mesi, non c’è dubbio che è proprio questo stimolo adesso a trainare i mercati, il cui andamento dipende quindi da fattori tecnici e non fondamentali”, ha affermato il Cio del team obbligazionario di M&G Investments, Jim Leaviss. “Credo che nella seconda metà dell’anno l’attenzione possa spostarsi altrettanto rapidamente, questa volta sull’altra faccia della medaglia: come reagiranno i mercati all’inevitabile fine del ponte monetario e fiscale?”.

In questo contesto, Leaviss ha potuto scorgere alcune fra le migliori opportunità nel debito dei Paesi emergenti (EM). “Prima di tutto, offre rendimenti reali più alti di quelli ottenibili dai titoli dei mercati sviluppati. Inoltre, le valute emergenti hanno partecipato meno alla ripresa, pertanto alcune obbligazioni in valuta locale sono decisamente a buon mercato”, ha sostenuto l’esperto, “per esempio, mi aspetto che l’Asia sovraperformi altre regioni emergenti, dato che i tassi reali elevati aumentano in generale l’attrattiva delle valute per gli investitori. In più, molti di questi Paesi sono esportatori netti, fattore che dovrebbe migliorare anche i conti con l’estero”.

Per quanto riguarda l’obbligazionario dei Paesi avanzati, Leaviss crede che buona parte delle opportunità siano svanite in seguito agli acquisti delle banche centrali: “Malgrado gli alti volumi di emissione, gli spread high yield hanno fatto molta strada da quando la Fed ha iniziato ad acquistare ETF e obbligazioni high yield, declassati dopo il 22 marzo.
Resta un certo grado di valore nell’investment grade, un segmento in cui gli emittenti sono grandi datori di lavoro, per cui è politicamente facile (e senza dubbio utile dal punto di vista sociale) supportarli”.

Le prospettive di lungo periodo

Pochi hanno dubbi sul fatto che l’eredità della crisi-Covid potranno durare anni. In particolare è il tema del debito pubblico creato per far fronte all’emergenza ad appassionare gli economisti. “Il pericolo adesso è nel ritiro della marea di liquidità”, ha affermato Leaviss, “Come usciremo da tutto questo indebitamento? Con la crescita? Sembra poco plausibile che la crescita tendenziale si riveli superiore all’indomani di questa crisi di quanto fosse prima.
Con l’inflazione? Le banche centrali non sono riuscite a raggiungere gli obiettivi di inflazione che si erano prefissate neanche nei periodi positivi, quindi che probabilità hanno di ridurre il debito con l’inflazione adesso? Con il default? Non c’è bisogno di un default se si è in condizioni di stampare la propria moneta, ma potremmo vedere casi di cancellazione del debito (per esempio, dei prestiti agli studenti), patrimoniali, confische di beni e persino l’annullamento dei titoli di Stato detenuti dalle banche centrali nell’ambito dei Qe”.
Per il momento è troppo presto per provare a rispondere a ciascuna di queste domande, anche se queste, con ogni probabilità, continueranno ad accompagnare il dibattito per i prossimi anni.