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Moody’s: le banche italiane più a rischio

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ROMA (WSI) – Wall Street Italia lo aveva anticipato qualche giorno fa, nell’articolo Banche italiane tremano, Draghi parla di “fallimento”, con riferimento alla dichiarazione proferita dal numero uno della Bce, nel presentare gli stress test che saranno condotti sulle banche europee.

La Bce lancerà infatti a novembre l’asset quality review, la revisione della qualità degli asset per monitorare la solidità delle banche; l’esame dell’Eurotower durerà 12 mesi.

Draghi è stato chiaro, affermando che alcune banche avranno bisogno di fallire. “Se devono fallire, dovranno fallire. Non c’è alcun dubbio su questo”, ha detto. E Goldman Sachs ha illustrato il suo outlook su come gli stress test andranno a finire: non c’è dubbio, le vittime ci saranno.

Ora l’agenzia di rating Moody’s lancia l’allarme proprio sulle banche italiane. In Italia saranno sotto esame i 15 principali istituti di credito. Si tratta di Banca Carige, Mps, Creval, Bper, Bpm, Popolare Sondrio, Popolare Vicenza, Banco Popolare, Credem, Iccrea, Intesa SanPaolo, Mediobanca, Unicredit, Ubi Banca, Veneto Banca.

Nelle previsioni del “Credit outlook” di Moody’s, si parla di “impatto negativo” per le banche italiane che presentano indici di capitale deboli.

“Il documento segnala per la prima volta quali sono gli istituti più a rischio, citando Banca Carige (rating B2 sotto revisione per downgrade), Bpm (B1 negative, E+/b2 stable) e Credito Valtellinese (Ba3 negative, E+/b1 stable) per il basso livello di capitale; Mps (B3, negativo) e Banco Popolare (Ba3, negativo) per la debolezza della qualità degli asset. E precisa che Banca Carige, Banca Popolare e Mps prevedono di raccogliere capitali sul mercato e attraverso la cessione di attività”.

Per gli analisti, le banche che presentano indici di capitale vicini o sotto la soglia dell’8% del Common Equity Tier fissato dalla Bce, incontreranno difficoltà nell’ovviare alle carenze di liquidità attingendo a risorse private. Di conseguenza “aumentano le probabilità di fallimento o intervento pubblico” per salvare gli istituti, con “perdite per i detentori dei bond junior”, dal momento che allo stato attuale delle cose “non esiste alcuna evidenza di una misura per bloccare eventuali deficit di capitale”.