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Monti: con Berlusconi spread a 1.200. Poi chiede scusa

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Roma – “Se il precedente governo fosse ancora in carica, ora lo spread sarebbe a 1200”. La frase di Mario Monti, pronunciata in un’intervista al Wall Street Journal, fa esplodere l’ira del Pdl che si ‘vendica’ mandando sotto il governo su un ordine del giorno alla Camera, e costringe il capo del governo a telefonare a Silvio Berlusconi per dirsi “dispiaciuto”.

Una bufera che scoppia proprio alla vigilia dell’incontro fra il capo del governo e il segretario pidiellino, Angelino Alfano. L’intervista è stata fatta “il mese scorso”, poco dopo il Vertice europeo di fine giugno. Come precisa lo stesso quotidiano finanziario, facendo capire che il colloquio è avvenuto intorno a metà luglio. Ma ha l’effetto della stilettata rifilata al Cavaliere è comunque quello di una bomba in un Parlamento impegnato a votare la spending review.

Durante il colloquio, Monti ribadisce concetti già espressi in altre occasioni e sensibili all’orecchio degli investitori statunitensi: la speranza di riuscire a “cambiare mentalità agli italiani”, la necessità di mettere un limite alla concertazione con i sindacati; la convinzione di non dover “essere amato” dai cittadini, ma di avere l’obbligo di rendere l’Italia “più rispettabile e credibile”; l’esigenza di dialogare con i partiti per evitare brutte sorprese in Parlamento esattamente come fa Barack Obama. Ma quando si parla del differenziale fra titoli italiani e tedeschi, il professore aggiunge una frase mai pronunciata prima.

“Gli spread sono ancora alti perché il nostro debito è oggettivamente molto alto e i mercati hanno iniziato a realizzare drammaticamente che il governo dell’eurozona è debole” e temono “l’affossamento dell’euro”, premette diplomaticamente Monti al quotidiano finanziario. Poi la considerazione finale: “Penso che se il precedente governo fosse ancora in carica, lo spread italiano sarebbe ora a 1200, o qualcosa di simile”. Una bordata verso l’esecutivo Berlusconi che palazzo Chigi, preoccupato per le conseguenze, cerca subito di ridimensionare: nessuna volontà polemica, ma solo una “stima” sul differenziale che deriva da una “proiezione” se non ci fosse stata “discontinuità” con il passato.

Paradosso vuole che le sue parole vengano diffuse mezz’ora dopo il via libera della Camera alla fiducia sulla spending review. Un voto in cui erano già emersi i tanti malumori nel Pdl visto che tra assenti, astenuti e voti esplicitamente contrari, circa il 40% del partito del Cavaliere non sostiene il provvedimento del governo. La stoccata all’ex premier è la goccia che fa traboccare il vaso.

Il Pdl dà fuoco alle polveri: Fabrizio Cicchitto apre le danze ed è il più duro: il capogruppo alla Camera parla di “provocazione tanto inutile quanto stupida”. Seguono Gasparri, Quagliariello, Crosetto, Brunetta. I toni divergono, ma la condanna è unanime. Gli ex An se la prendono con i ‘filo-montiani’: “Lui provoca e noi continuiamo a votarlo”, si chiede polemicamente Massimo Corsaro. Altri lanciano il sospetto che Monti voglia provocare volontariamente il Pdl per farsi “staccare la spina” in vista di una nuova manovra (Osvaldo Napoli). Dalle parole si passa in breve ai fatti: i deputati mandano sotto il governo su un ordine del giorno della spending review. “Lo abbiamo fatto apposta”, spiega candidamente il pidiellino Laffranco.

Ma non si va oltre l’avvertimento: qualche ora dopo, infatti, il testo sulla revisione della spesa passa a Montecitorio. Monti però capisce che bisogna chiudere al più presto la faccenda. Alza il telefono e chiama Berlusconi: si dice “dispiaciuto che una banale e astratta estrapolazione di tendenza di valori dello spread sia stata colta come una considerazione di carattere politico”. Cosa che, aggiunge, “non rientrava per nulla nelle sue intenzioni”. Difficile però che la polemica non abbia qualche strascico e il tema domina lo stato maggiore del Pdl convocato in serata da Berlusconi a palazzo Grazioli.


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Roma – Governo battuto alla Camera su un ordine del giorno, a prima firma di Alfredo Mantovano, durante l’esame della spending review. Fonti del Pdl sottolineano che si è trattato di un preciso messaggio che il partito ha voluto mandare al presidente del Consiglio, Mario Monti, dopo le sue frasi sullo spread a 1.200 se Berlusconi fosse rimasto al governo. Con l’ordine del giorno, su cui l’esecutivo si era espresso contro, si chiedeva di utilizzare le risorse di 661,59 milioni di euro a disposizione del Fondo unico giustizia, inserendo “nella prossima legge di stabilità una norma che permetta di disporne subito per far fronte alle emergenze dei settori della giustizia e della sicurezza”.

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“Se il governo precedente fosse ancora in carica lo spread dell’Italia sarebbe a 1.200 o qualcosa del genere”. Lo dice il presidente del Consiglio, Mario Monti, in un’intervista al “Wall street journal”.

“Lo spread è ancora alto perchè il nostro debito è obiettivamente molto alto – spiega il premier -, e i mercati hanno cominciato a rendersi conto in modo drammatico che la governance dell’eurozona è debole. La Francia ha fatto molte meno riforme di quelle che abbiamo fatto noi, ma nonostante questo il loro spread è più basso. Il motivo è che si ritiene che la Germania non mollerà mai la Francia”.

In merito alle polemiche che sono seguite alle dichiarazioni di Monti, fonti di Palazzo Chigi precisano che non c’è alcuna intenzione polemica nei confronti del precedente esecutivo e che la stima di uno spread a 1200 punti base viene da una proiezione degli effetti della speculazione sul nostro Paese se non si fossero dati segni di discontinuità con il passato.

È noto che lo spread in sei mesi era passato dai 150 punti base di maggio ai 550 di novembre. Anche per questa ragione – sostengono ancora fonti di palazzo Chigi – si è fatto ricorso ad un esecutivo di natura tecnica, che potesse raccogliere consensi parlamentari tali da poter mettere mano a riforme fondamentali per il paeseoltre che per far approvare misure anche impopolari ma non più procrastinabili.

Sotto attacco in Germania per l’intervista rilasciata due giorni fa a Der Spiegel, il premier comunque ha incassato oggi il prestigioso sostegno del quotidiano statunitense, che ha dedicato un articolo su due intere pagine al presidente del Consiglio con il titolo “The Italian Job: Premier Talks Tough to Save Euro”: “Il compito dell’Italia: il premier parla duro nel tentativo di salvare l’euro”.

Il “professore” rappresenta – secondo il quotidiano finanziario americano – “un’anomalia in Europa: un leader non eletto chiamato a realizzare impopolari cambiamenti nei cui confronti i politici del Paese erano riluttanti. Monti fa affidamento sulla tolleranza dei principali partiti politici italiani e non ha un suo potere di base, ad eccezione della sua credibilità personale”.

“La sua natura disciplinata è più tedesca che italiana”, prosegue il Wsj, mentre il suo senso dell’umorismo “è decisamente più britannico”. Da questa estate il presidente del Consiglio italiano si trova però “in un circolo vizioso”, sottolinea il panegirico del quotidiano, a firma Alessandra Galloni e Marcus Walker, visto “che più propone misure impopolari, più i partiti politici minacciano di ritirare l’appoggio al suo governo”. Per il Wall Street Journal, “lo spettro dell’instabilità politica ha scosso i mercati e ha spinto ulteriormente verso l’alto i costi dell’indebitamento dell’Italia. A Monti serviva più aiuto dall’Europa per portare l’Italia fuori dal mirino dei mercati, ma nessuno è stato disponibile. La Germania ha invece chiesto riforme interne più dure…”.

Quando i leader del G20 si sono incontrati a Los Cabos, in Messico, Monti ha annunciato un piano per alleviare la pressione sul mercato obbligazionario. Voleva l’intervento di un fondo di salvataggio dell’Europa e l’acquisto di obbligazioni italiane e spagnole, sulla base che entrambe le economie stessero sistemando i propri conti. Un piano che secondo persone presenti alle discussioni fino a tarda ora in Messico con i leader europei, ha ottenuto anche il sostegno di Barack Obama

Il presidente del Consiglio rivendica inoltre l’utilità del dialogo con i partiti, perché evitare che il Parlamento bocci le misure del governo è un dovere nel nome dell’interesse nazionale.

“So che parlare con i partiti, come io faccio anche se non troppo spesso, viene considerato da molti – ha sottolineato – come una ‘contaminazione’. Ma credo che abbiamo imparato la nostra lezione. Guardi, invitare i vertici dei partiti politici a cene di lavoro è qualcosa che il presidente Obama, per esempio, fa continuamente. E ci sono persone che pensano che i partiti italiani siano messi così male che non ci boccerebbero in Parlamento. Ma io non ne sono così convinto perché il risultato di un voto parlamentare, in certe circostanze, può essere imprevedibile. E dunque se le misure venissero bocciate, cosa accadrebbe il giorno dopo? Sarebbe responsabile da parte mia consentire ciò? Sarebbe come mettere il mio orgoglio personale, nel non parlare con i partiti, davanti agli interessi nazionali”.

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ROMA – “Se il precedente governo fosse ancora in carica, ora lo spread italiano sarebbe a 1200 o qualcosa di simile”: lo ha detto il premier Mario Monti in un’intervista rilasciata il mese scorso al Wall Street Journal e pubblicata oggi sul sito on line.

Fonti di Palazzo Chigi, interpellate in merito all’intervista del premier Monti al Wsj, precisano che non c’è alcuna intenzione polemica nei confronti del passato esecutivo e che la stima di uno spread a 1200 viene da una proiezione degli effetti della speculazione sul nostro paese se non si fossero dati segni di discontinuità con il passato. E’ infatti noto – spiegano – che lo spread in sei mesi era salito dai 150 punti base di maggio ai 550 di novembre. Le stesse fonti ricordano che anche per tale motivo si ricorse al governo tecnico, che potesse raccogliere consensi parlamentari tali da poter mettere mano a riforme fondamentali per il paese oltre che per far approvare misure anche impopolari ma non più procrastinabili.

MONTI A WSJ, SPERO DI CAMBIARE MENTALITA’ITALIANI – “Spero che il mio governo possa aiutare a cambiare la mentalità degli italiani, non sostituendola con quella tedesca, ma ci sono degli aspetti – come la solidarietà spinta a livello di collusione – che sono alla base di comportamenti come l’evasione fiscale”: così Mario Monti al Wall Street Journal on line.

“Le riforme fatte finora dal governo non bastano a rimettere l’Italia in forma, occorre che mettano bene radici nei comportamenti degli italiani in modo da sopravvivere anche a governi vecchio stile”, ha detto Mario Monti nell’intervista.

“Ho sempre ritenuto che la concertazione sia stata una pratica utilizzata in modo troppo esteso in passato”: lo ha detto Mario Monti alla versione on line del Wall Street Journal che gli chiedeva un commento sul frequente ricorso dei governi italiani al negoziato con Confindustria e sindacati. “La concertazione è come il dentifricio: se non lo chiudi, finisce tutto fuori”, ha aggiunto.

CICCHITTO, DA MONTI PROVOCAZIONE INGIUSTIFICABILE – “Capiamo che può risultare sgradito il fatto che il saliscendi degli spread sta avvenendo anche durante il suo governo e che ciò può averlo innervosito,ma questo non giustifica una provocazione tanto inutile quanto stupida che rinviamo al mittente” Fabrizio Cicchitto reagisce così l’intervista di Monti al WSJ. “Abbiamo l’impressione – dice il capogruppo del Pdl alla Camera – che il Presidente Monti dovrebbe avere una maggiore sobrietà nelle sue interviste a giornali esteri, ieri a Der Spiegel e oggi al WSJ. Capiamo che gli può risultare sgradito il fatto che il saliscendi degli spread sta avvenendo anche durante il suo governo e che ciò può averlo innervosito, ma questo non giustifica una provocazione tanto inutile quanto stupida che rinviamo al mittente,comprese le giustificazioni di Palazzo Chigi. Crediamo che il momento sia cosi serio da non consentire questi inaccettabili e gratuiti esercizi polemici fatti nei confronti di chi sta appoggiando lealmente il suo governo”.

GASPARRI, MONTI SIA PIU’RISPETTOSO, POTREMMO STANCARCI – ” Mentre il Parlamento vota fiducie a raffica sarebbe bene che il comportamento di Monti fosse più equilibrato e rispettoso. Ci si potrebbe anche stufare prima o poi”. Lo dice il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri commentando l’intervista di Monti al WSJ.

MARONI, MONTI DETTO CIO’ CHE PENSA, ORA VADA A CASA – “Monti disprezza il Parlamento e scatena critiche a non finire. Io non lo critico, almeno è stato onesto: lui la pensa davvero così”. Lo scrive il segretario della Lega Nord, Roberto Maroni, sul suo profilo Facebook. “Per lui – prosegue Maroni parlando del presidente del Consiglio – la democrazia è un impiccio, per me e per i supertartassati contribuenti padani l’impiccio vero è lui”. Dunque, conclude il leader leghista ribadendo il motto del partito, “Monti a casa, prima il nord”.

MONTI, EQUIVOCI SU MIA INTERVISTA A ‘DER SPIEGEL’,CHIESTO PASSI AVANTI A UE – In merito ad alcune reazioni suscitate dalla sua intervista al settimanale Der Spiegel, “che sembra aver generato alcuni equivoci”, il Presidente Mario Monti si affida ad una precisazione scritta. “Sono convinto – sottolinea il premier – che la legittimazione democratica parlamentare sia fondamentale nel processo d’integrazione europea. Proprio a questo fine nel trattato di Lisbona è stato opportunamente rafforzato sia il ruolo dei Parlamenti nazionali, sia quello del Parlamento europeo. Non ho inteso in alcun modo – assicura – auspicare una limitazione del controllo parlamentare sui governi che, anzi, penso vada rafforzato tanto sul piano nazionale che su quello europeo. L’autonomia del parlamento nei confronti dell’esecutivo non è affatto in questione, nell’ovvio rispetto, peraltro, di quanto previsto dagli ordinamenti costituzionali di ciascuno Stato europeo. Ho unicamente voluto sottolineare la necessità al fine di compiere passi avanti nell’integrazione europea che si mantenga un costante e sistematico dialogo fra governo e parlamento”. “Nel corso dei negoziati tra governi a livello di Unione europea – spiega infatti Monti – può rivelarsi necessaria una certa flessibilità per giungere ad un accordo, da esercitarsi sempre nel solco di scelte condivise con il proprio parlamento. In questa ottica, ritengo che ogni governo abbia il dovere di spiegarsi e interagire in modo dinamico, trasparente ed efficace con il Parlamento, in maniera da individuare soluzioni, ove opportuno anche innovative e coraggiose, verso un comune obiettivo europeo”.

Critiche bipartisan, in Germania, all’intervista del premier Mario Monti pubblicata da Der Spiegel. Ai politici tedeschi di tutto l’arco costituzionale non sono piaciute, in particolare, le considerazioni sull’autonomia dai parlamenti nazionali che i governi devono essere in grado di esercitare nelle trattative a Bruxelles.
Molto duri gli attacchi dai falchi della coalizione di maggioranza, i liberali dell’Fdp e i bavaresi della Csu, mentre appare più conciliante la posizione della Cdu della cancelliera Angela Merkel. Addirittura di “attacco alla democrazia” parla il segretario generale della Csu, Alexander Dobrindt: “Il signor Monti ha evidentemente bisogno di una chiara presa di posizione. Noi tedeschi non siamo pronti a cancellare la nostra democrazia per finanziare i debiti italiani”, ha detto. Per il capogruppo liberale Rainer Bruederle bisogna “fare attenzione” che nel necessario processo di riforme “l’Europa rimanga sufficientemente legittimata dal punto di vista democratico”. Sul portafoglio dei tedeschi punta invece l’euroscettico liberale Frank Schaeffler, secondo cui “Monti vuole risolvere i suoi problemi facendoli pagare ai contribuenti tedeschi”. Più morbido il parlamentare della Cdu Michael Grosse-Broemer, per cui se pure resta decisiva la capacità d’agire dei governi, “ciò non giustifica in nessun modo il tentativo di limitare il necessario controllo parlamentare”. Sul fronte dell’opposizione, nette le parole della socialdemocratica Spd che, sempre a proposito dell’autonomia dei governi dai parlamenti nazionali invocata dal premier italiano, per bocca del vicecapogruppo al Bundestag, Joachim Poss, ha considerato come “l’accettazione dell’euro e del suo salvataggio viene rafforzato dai parlamenti nazionali e non indebolito”. Evidentemente, ha proseguito Poss intervistato dal Rheinische Post, “gli anni di Berlusconi hanno indebolito l’immagine del ruolo del parlamento”.