Il made in Italy gode di un’ottima salute. L’aumento dell’export 2006 viaggia a un ritmo quasi triplo rispetto al 2005, ossia più 11 per cento contro il 4 per cento. Sono le previsioni di Assocamerestero, l’Associazione delle camere di commercio italiane all’estero annunciate ieri alla giornata inaugurale della venticinquesima convention mondiale delle Camere di commercio dal presidente vicario, Edoardo Pollastri, e dal direttore, Gaetano Fausto Esposito. La crescita è diretta soprattutto verso i Paesi in forte espansione (Russia, India e Cina), dove l’export italiano, sebbene ancora di scarso peso, aumenta costantemente. Negli ultimi cinque anni Russia e Cina raddoppiano le loro quote. I prodotti italiani si orientano principalmente verso i mercati di prossimità (la quota dei Paesi Ue è del 58,3 per cento), mentre le economie al momento più dinamiche ne assorbono solo una piccola fetta: Brasile, Russia, India e Cina il 5 per cento, i principali Paesi asiatici il 6,3 per cento. Sui mercati extra Ue l’Italia continua a guadagnare posizioni con differenze percentuali rilevanti in alcuni settori (prodotti petroliferi raffinati, siderurgia, calzature, apparecchi medicali e di precisione, strumenti ottici, orologi). Le performance migliori rispetto al primo semestre 2005 vengono dai prodotti petroliferi raffinati (più 24,9 per cento) e dagli autoveicoli (più 21,4 per cento). Nel primo caso l’export aumenta soprattutto verso i Paesi extra-Ue (più 39,4 per cento). Il secondo è legato al buon andamento complessivo dei mezzi di trasporto, il più vitale tra i settori del made in Italy (più 13,5 per cento). Assocamerestero prevede che, a prezzi costanti, i maggiori incrementi per il 2006 arriveranno da farmaceutica (più 8,9 per cento) e mezzi di trasporto e agricoltura (più 6,2 per cento). Benché rappresentino una quota marginale della bilancia commerciale italiana, crescono a ritmi sostenuti (più 13,3 per cento) le esportazioni di apparecchi medicali e di precisione, di strumenti ottici e orologi. Tessile e calzature, classici punti di forza del made in Italy, segnano invece un modesto, ma positivo, più 3 per cento, confermando i dati del 2005. Nei mercati dove un tempo dominano (Germania, Francia, Stati Uniti e Regno Unito) i due settori continuano a perdere quote a vantaggio dei produttori del Sud-Est asiatico e dell’Est europeo. Da considerare, tuttavia, un fenomeno affermatosi nell’ultimo decennio: se l’Italia arretra sul mercato per i prodotti finiti, guadagna posizioni su quelli intermedi, in virtù del trasferimento di fasi produttive in Paesi a basso costo del lavoro. Così, mentre l’export dall’Italia sembra procedere a rilento, cresce notevolmente il fatturato delle affiliate estere.
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