
I prezzi degli attivi dei mercati finanziari in Usa sono sopravvalutati di oltre il 40% rispetto ai fondamentali dell’economia e quindi all’andamento del Pil, ma questo non significa che non abbiano ancora spazio per rafforzarsi.
Il grafico riportato in fondo alla pagina e stilato da Global Macro Monitor mostra la media degli asset finanziari e quelli reali, assumendo che rispecchino i fondamentali economici e politici a lungo termine. Se si pensa che i valori di mercato debbano un giorno riallinearsi ai fondamentali, allora c’è da essere decisamente pessimisti.
La ricchezza netta dei nuclei familiari Usa, misurata sottraendo le passività alla somma degli asset finanziari e reali, ha appena toccato i massimi di sempre a 102 mila miliardi. Un valore che è completamente distaccato dalla realtà economica (Pil nominale).
Ormai non è più l’economia a guidare i prezzi degli asset dei mercati americani, bensì sono questi a trainare l’economia e sono diventati il meccanismo di trasmissione primario delle politiche monetarie.
Tuttavia, le preoccupazioni per una recessione all’orizzonte sono prematuri e per questo, secondo il chief economist di Berenberg Capital Markets, dovrebbero salire ancora sul breve termine.
Nonostante il campanello di allarme mandato dalla curva dei rendimenti, che si è per lo più appiattita, Berenberg calcola che le probabilità di una recessione siano “molto basse” grazie allo slancio tuttora generalizzato della crescita economica attuale.
Anche se molti analisti hanno lanciato l’allarme sul raggiungimento della fase finale del ciclo rialzista decennale dei mercati azionari, Mickey Levy, chief economist per l’area Americhe e Asia de gruppo, ritiene che ci troviamo piuttosto in una fase che rispetto ai periodi precedenti ricorda da vicino quelle di metà ciclo.
“Anche se si pensa che gli utili societari abbiano raggiunto il picco nel primo trimestre del 2018, una cosa che va ancora dimostrata, la storia ci dice che la Borsa ha ancora spazio per crescere“, scrive Levy in una nota ai clienti inviata in settimana.
L’economista cita i dati storici, che secondo lui dimostrano come in ogni espansione economica da metà Anni 70 a oggi, l’indice S&P 500 si è rafforzato per un “periodo significativo” di tempo dopo che i profitti aziendali hanno toccato l’apice.