Società

Mark Zuckerberg citato in tribunale da un tizio che reclama di aver diritto al 50% di Facebook

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Paul Ceglia, un web designer di New York, afferma di avere diritto al 50% di Facebook, il social network valutato da Goldman Sachs $52 miliardi. Il caso non e’ nuovo ma adesso Ceglia e’ difeso da uno studio legale corporate di quelli grossi a Wall Street e ha citato davanti a un tribunale federale di New York Mark Zuckerberg, presentando alcune email come prova delle proprie affermazioni. Ceglia ha gia’ subito una condanna per altri reati (truffa aziendale) non correlati, ma questa causa per Zuckerberg e’ una rogna senza fine, visto che reclamare il 50% del “progetto” che poi divenne Facebook nel 2004, potrebbe valere una montagna di soldi.

I messaggi – che secondo la difesa di Facebook potrebbero essere stati fabbricati – si riferiscono a varie email spedite tra il 2003 e il 2004, quando Facebook era soltanto un’idea nella mente di Zuckerberg. Uno dei punti controversi della vicenda e’: perche’ sono stati presentati in tribunale solo adesso, 7 anni dopo quelle vicende? Il fatto comunque che Ceglia abbia scelto di farsi difendere da uno studio legale “prominente” come DLA Piper, un colosso da 3500 avvocati in 70 uffici in Asia, Europa, Medio Oriente e Stati Uniti (e che DLA Piper, che lavora a “incentive fee”, abbia accettato l’incarico) presuppone che la guerra legale sara’ molto dura e che Zuckenberg, il ragazzo prodigio di Facebook, non dormira’ sonni tranquilli.

Ceglia all’epoca aveva bisogno di un programmatore per un proprio progetto, chiamato StreetFax; con un annuncio su Craigslist aveva trovato Mark Zuckerberg, il quale si era offerto non solo di svolgere il lavoro, ma anche di coinvolgere Ceglia nella creazione di un sito cui stava pensando.

Questo sito, ovviamente, era l’annuario di Harvard precursore di Facebook (come ormai tutti sanno dopo aver visto il film “the Social Network) per lo sviluppo del quale il web designer investì 1.000 dollari dietro l’ormai famosa promessa del 50% del prodotto finito più l’1% per ogni giorno di ritardo dopo il 1 gennaio 2004.

È in questo scenario che si inseriscono i messaggi. Il primo, datato 30 luglio 2003, viene inviato da Zuckerberg a Ceglia per chiedere il permesso di utilizzare parte del codice di StreetFax in The Face Book. Più avanti, il 2 settembre dello stesso anno, Zuckerberg scrive di nuovo spiegando che immagina di creare un annuario a pagamento, per accedere al quale ogni studente dovrebbe versare una quota mensile di 29,95 dollari: moltiplicando il tutto per una stima minima di 300 studenti, si arriverebbe a 9.000 dollari al mese, cifra che consentirebbe, “come hai suggerito, di espanderci rapidamente alle altre università”.

Mentre lo sviluppo di The Face Book apparentemente procede, Zuckerberg chiede a Ceglia di inviargli altri 1.000 dollari: serviranno a pagare alcuni compagni di università affinché lavorino sul progetto per battere sul tempo un sito analogo che starebbe nascendo a opera di altri studenti di Harvard.

A questo punto il tono dei messaggi diventa meno cordiale. Il 5 gennaio 2004, non vedendo concretizzarsi il prodotto in cui ha ormai investito 2.000 dollari, Ceglia invia un’email in cui accusa il “socio” di aver sperperato il denaro “in donne, birra o qualunque altra cosa facciate lì ad Harvard”. Non potendo più aspettare, il designer minaccia di contattare la scuola e i genitori di Zuckerberg, a meno che non si compia qualche passo in avanti in tempi molto brevi.

Il giorno dopo, Zuckerberg risponde di aver fatto quello che ha potuto con i pochi soldi ricevuti e che presto avrà qualcosa da mostrare, ma rimarca anche il fatto che “per nessun motivo hai il permesso di contattare i miei genitori, dato che non hanno nulla a che vedere con i miei affari e solo perché sono giovane non significa che abbia paura della loro reazione. Per favore non contattarli, tanto probabilmente ti riderebbero in faccia in ogni caso”.

Si arriva così al 22 luglio 2004 senza che di The Face Book Ceglia abbia ancora visto una traccia; in quel giorno Zuckerberg scrive all’investitore augurandogli buon compleanno e, in buona sostanza, scaricandolo. Spiega infatti di non aver avuto tempo di lavorare sul sito, si offre di restituire il denaro e aggiunge che non potrà sviluppare ulteriormente il progetto poiché dovrà passare il resto dell’estate a lavorare.

Eppure – come peraltro l’esistenza stessa di Facebook, lanciato già il 4 febbraio dello stesso anno, pare proprio testimoniare – Ceglia sostiene che in quello stesso periodo Zuckerberg avesse già contattato altri investitori disposti a fornirgli molto più denaro. In ogni caso, Zuckerberg non avrebbe mai restituito i 2.000 dollari e soprattutto non si sarebbe mai rimangiato il contratto con cui gli assegnava la proprietà della metà di Facebook. Quanto a StreetFax, infine, sarebbe caduto a causa del sabotaggio eseguito sempre da Mark Zuckerbger.