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LO SCANDALO CIRIO E’ COME UNA PICCOLA ENRON

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La pentola era stata costruita, ma all’ultimo momento è mancato il coperchio. Il sistema bancario voleva rimborsare (autotassandosi pro quota) i «pelati Cirio», cioè gli sfortunati proprietari di obbligazioni-spazzatura emesse da Sergio Cragnotti, comprate dalle banche e poi scaricate sul mercato al dettaglio, mentre il governo avrebbe dovuto metterci una pezza, introducendo la deducibilità fiscale delle perdite di bilancio legate a questa operazione. Alla pentola è mancato però il coperchio, cioè la copertura finanziaria per il minor gettito.

E soprattutto è mancato il cuoco: perché a Giulio Tremonti piace la prima parte del piano, ma non la seconda. Ma prepara qualcos’altro, e di molto pepato, per cuocere a dovere il Cirio-gate. Un piatto forte, la riforma della vigilanza sul risparmio, un modo oggettivo per ridimensionare – svuotare, dicono gli ideologi più convinti – la Banca d’Italia sul suo terreno di maggior potere, cogliendo al balzo la palla dello scandalo finanziario.

Il ministro dell’Economia è abbottonatissimo e sta alla consegna del silenzio ricevuta da Silvio Berlusconi, quella di svelenire i toni: «Tra Antonio Fazio e Tremonti non c’è nessuna crisi». Perché il premier, che condivide in sostanza la linea anti Fazio del superministro, deve però vedersela con la vasta fronda interna alla maggioranza, che trova in Alleanza nazionale, negli ex democristiani tranne Bruno Tabacci e perfino in qualche esponente della sua Forza Italia (Luigi Grillo) dei pretoriani di Via Nazionale. La quale ha anche dalla sua le divisioni corazzate di Cesare Geronzi con Capitalia e le brigate delle altre principali banche del Paese.

Ma che cosa vuol fare Tremonti? E che cosa può fare? Dagli ambienti della Casa delle libertà filtra ben poco, ma Economy è in grado di anticipare le linee guida di quello che non sarà un blitz (l’ipotesi decreto è caduta), ma un disegno di legge ancora da dettagliare che, agganciandosi al lavoro della commissione Mazzella per il riordino di tutte le Authority, affonderà il colpo in materia di risparmio.

Innanzitutto Tremonti conta di convincere i resistenti che per l’Italia la Cirio è un piccolo caso Enron, che ha minato – come ha detto Lamberto Cardia, neopresidente della Consob – la fiducia dei risparmiatori nel sistema e la credibilità dei nostri intermediari finanziari: indispensabile, perciò, porvi rimedio là dove lo scandalo è maturato, cioè nell’ambito dell’attività delle banche e di chi vigila su di esse. In America a 100 giorni dall’esplosione del caso Enron c’era già una legge-terapia. In Italia siamo a 200 giorni e non c’è nemmeno una diagnosi.

Sul «quando» curare il mal di Cirio, la decisione è presa: entro l’anno un’Authority del risparmio, secondo l’abortito programmino della Cabina di regia di luglio, doveva addirittura entrare nella Finanziaria. Sul «come», invece, le scelte sono ancora aperte. È possibile che nasca una nuova Authority, ma anche che si potenzi la Consob (per quanto Cardia non sia stato accolto da Tremonti con grandi fanfare). Questi, comunque, saranno i concetti che la nuova legge rifletterà.

Stop ai casi Cirio. Sarà chiuso quel buco normativo che ha reso possibile il caso Cirio, cioè il collocamento presso gli sportelli bancari italiani di obbligazioni emesse senza prospetto informativo, piazzate in origine in Lussemburgo a grandi clienti istituzionali – le banche, appunto – e poi rivendute al parco buoi. Oggi, per smerciarle basta un documento lussemburghese di poche righe che sembra un modulo di autocertificazione. E, quando i bond tornano in Italia, lo fanno eludendo le leggi. Ci vorrà un prospetto vero, approvato dalle nostre autorità. L’obiettivo non scritto è quello di sottrarre a Bankitalia ogni tipo di controllo sulle obbligazioni, dando tutti i poteri alla Consob.

Prospetto per le banche. Va imposto finalmente il prospetto di collocamento anche alle obbligazioni emesse dalle banche, che ne furono esentate nel Testo unico sulla finanza (la famosa legge Draghi).

Anomalia antitrust. Va separata la vigilanza patrimoniale sulle banche da quella sulla concorrenza, secondo l’auspicio dello stesso presidente dell’Antitrust Giuseppe Tesauro, per il quale «la funzione di antitrust svolta da Bankitalia nel settore è un’anomalia, che conduce a una sorta di conflitto».

Bancari col patentino. Un altro punto critico da risolvere è l’assoluta discrezionalità delle banche nell’impiegare il personale di sportello nella sollecitazione del pubblico risparmio. Mentre le reti di promotori finanziari possono usare solo personale con un patentino che la Consob rilascia dopo un esame, in banca chiunque può vendere quel che vuole come vuole: magari cedendo a quelle richieste di titoli ad alto rendimento, che il presidente di Unicredito Carlo Salvatori in un’audizione su Cirio aveva definito «spasmodiche », da parte di clienti ingordi.

Un aiuto insperato Tremonti potrebbe riceverlo da Strasburgo, dove il Parlamento europeo sta esaminando una proposta di direttiva avanzata dall’organismo che riunisce e rappresenta le Consob di tutto mondo (all’epoca presieduto dal commissario italiano Salvatore Bragantini) che impone alle banche l’adozione del prospetto di collocamento per le loro emissioni obbligazionarie.

Ma è sempre dal Nord Europa, stavolta da Francoforte, che potrebbe arrivare a Fazio una liana cui aggrapparsi, per conservare un ruolo forte: il nuovo presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, starebbe infatti a sua volta studiando una riforma che dia a ciascuna banca nazionale una specializzazione (vigilanza, studi, organizzazione internazionale e così via) da esercitare sull’intero territorio comunitario.

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