Nessuna illusione. L’euro non è la causa dei mali dell’economia italiana. Anche prima dell’introduzione della moneta unica, la flessibilita’ della lira, e quindi la possibilità di svalutare la valuta nazionale, aveva prodotto limitati benefici all’economia.
A dirlo, smentendo così l’ idea molto popolare, il think tank Bruegel che, in un’analisi di tre economisti, evidenzia come nei 20 anni compresi fra 1979 e 1999 (quando fu fissata la parità definitiva fra euro e lira) nonostante le numerose svalutazioni subìte dalla nostra valuta i benefici in termini di crescita economica siano stati minimi mentre l’occupazione è rimasta praticamente inalterata.
L’analisi evidenzia come in questo arco di tempo la svalutazione della lira rispetto al marco tedesco abbia toccato il 53%. Nonostante questo, osservano gli economisti, gli effetti positivi si sono limitati a un certo recupero di competitività nel breve termine. La flessibilità offerta dalla lira non ha dunque messo il nostro Paese al riparo da recessione e stagflazione.
Di qui la conclusione dello studio, secondo cui “i guadagni dell’economia reale collegati ai movimenti dei tassi di cambio sono stati molto limitati in Italia” e “non sembrano aver prodotto benefici al mercato del lavoro”.
E se le svalutazioni hanno “aiutato la bilancia commerciale – concludono gli economisti del think tank di Bruxelles – non sembrano aver fornito vantaggi sostenibili in termini di competitività, che si traduca in una crescita economica duratura, reale e lunga”.