NEW YORK (WSI) – Cinque anni fa, il 15 settembre 2008, falliva Lehman Brothers. Non è stata soltanto la più grande bancarotta della storia, ma ha segnato uno spartiacque che ne ha cambiato il corso (in peggio): rischiando di far crollare il sistema finanziario mondiale, ha sconvolto la vita della gente comune.
La tremenda distruzione di valore, ha impoverito le famiglie, soprattutto quelle più indebitate, ha spazzato via milioni di posti di lavoro, soprattutto per i giovani, ha aumentato le disuguaglianze sociali, contribuendo da questa parte dell’Atlantico a mettere in ginocchio l’euro e l’ideale europeo.
Dove sono e che cosa fanno, cinque anni dopo, i protagonisti di quel crac che ha provocato tanto sconquasso? Pochi processi, multe irrisorie: il grande scandalo per molti di loro è diventato una pensione dorata, grazie a buonuscite milionarie.
Dick Fuld, 67 anni, ex presidente e Ceo di Lehman Brothers, soprannominato da Wall Street «il gorilla», per i suoi metodi spicci, ha incassato 34 milioni di dollari nel 2007, l’anno prima del fallimento della banca che ha guidato per 14 anni, e 22 milioni nel 2006, bonus che hanno fatto salire a 457 milioni il tesoro accumulato dal 2000. Oltre a tre case di lusso: una magione a Greenwich, Connecticut; un ranch a Sun Valley, Idaho e una villa a Jupiter Island, in Florida. Qualche mesi fa Fuld è tornato a fare notizia, perché ha fatto causa al marito della figlia. L’ex banchiere ha accusato il genero, che lavora a Bank of America Merrill Lynch (BofA), di non voler restituire un prestito che gli aveva concesso per comprare e ristrutturare un appartamento nell’Upper East Side di Manhattan, pagato 9,75 milioni in contanti nel 2007.
Ken Lewis, 66 anni, ex Ceo di Bank of America, è andato in pensione a fine 2009. BofA era in trattativa per comprare Lehman, ma poi Lewis decise di tirarsi indietro, preferendo acquistare Merrill Lynch. A febbraio l’ex banchiere ha venduto la sua casa di Charlotte per 3,1 milioni di dollari (aveva chiesto un prezzo di 4,5 milioni).
Bob Diamond, 62 anni, ex Ceo di Barclays, emerso indenne dalla tempesta dei subprime, è stato costretto a dimettersi il 3 luglio 2012 in seguito alle manipolazioni dell’indice Libor. Quel fatidico lunedì mattina del 15 settembre 2008 Diamond rinunciò all’acquisizione di Lehman, dopo una notte di trattativa, sostenendo che la banca britannica non avrebbe potuto garantire le sue obbligazioni senza il voto dei suoi azionisti, che non sarebbe potuto avvenire prima di martedì. Troppo tardi.
John Thain, 58 anni, l’ultimo presidente e Ceo di Merrill Lynch prima della sua fusione con Bank of America, siglata proprio il 15 settembre 2008, ha lasciato il gruppo pochi mesi dopo, nel gennaio 2009, costretto da Lewis. Da sempre uno dei manager più pagati a Wall Street, dopo aver incassato 83,1 milioni di dollari nel 2007, si è visto rifiutare dal board un extra bonus di 10 milioni nell’autunno 2008, chiesto per «aver salvato Merrill» con la vendita a BofA.
Hank Paulson, 67 anni, ex banchiere di Goldman Sachs e all’epoca dei fatti ministro del Tesoro di George W. Bush, oggi è presidente del Paulson Institute all’Università di Chicago. Nel famigerato weekend Paulson riunì nella sede della Fed di New York i grandi banchieri di Wall Street per annunciare che Lehman non era troppo grande per fallire e che non ci sarebbero stati fondi pubblici per un bailout , perciò toccava a loro trovare una soluzione.
Tim Geithner, 52 anni, allora alla guida della Federal Reserve di New York, e poi segretario del Tesoro di Barack Obama durante il suo primo mandato, ha lasciato la vita pubblica nel gennaio 2013. Ben Bernanke, 59 anni, si prepara a lasciare la guida della Federal Reserve, che ha guidato dal 2005. Il suo mandato scade a fine gennaio 2014.
Tra i protagonisti di allora anche Peer Steinbrück, oggi sfidante di Angela Merkel alla cancelleria per i socialdemocratici alle elezioni del 22 settembre. Nel 2008 era il ministro delle Finanze tedesco nel governo di coalizione guidato da Merkel, e in quanto tale responsabile ultimo della banca Kfw, controllata all’80% dallo Stato federale e per il restante 20% dai Länder. Il 16 settembre, quando Lehman annunciò la bancarotta, mentre gl investitori di tutto il mondo correvano a ritirare i fondi dalla banca fallita, Kfw girò 300 milioni di euro a Lehman, guadagnandosi l’appellativo di «banca più stupida della Germania» dal quotidiano Bild, che diffuse la notizia.
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Sul crack della Lehman Brothers WSI ha ricevuto e pubblica il seguente comunicato di Adusbef e Federconsumatori:
A cinque anni dal crack della Lehman Brothers (14 settembre 2008, la banca degli scatoloni nell’immaginario collettivo) nel dissesto tra i più gravi della storia economica mondiale e che colpì anche molti risparmiatori italiani ai quali erano stati venduti circa 6 miliardi di obbligazioni dei 35,4 miliardi di euro emessi dalla compagnia olandese “Lehman Brothers Treasury”, i risarcimenti a rate (che arriveranno a coprire circa 22 centesimi su ogni euro investito) languono, le banche continuano a piazzare titoli tossici ed a creare denaro dal nulla con derivati OTC (fuori dai mercati regolamentati) per 630.000 miliardi di dollari, i banchieri a piede libero a fare vite da nababbi, le autorità vigilanti (Consob-Bankitalia), a dormire sonni tranquilli. E’ quanto hanno affermato Elio Lannutti e Rosario Trefiletti,presidenti Adusbef e Federconsumatori.
Le banche italiane, che reclamizzavano la bontà delle obbligazioni Lehman sul sito dell’Abi “Patti Chiari” con massima affidabilità- come risulta dalle relazioni ai giudici nelle cause intentate e vinte dall’Adusbef e Federconsumatori- tramite indicatori finanziari non noti, né facilmente accessibili ai consumatori, sapevano del rischio default della banca americana già ad aprile 2008 ben sei mesi prima, ciononostante, hanno continuato a vendere le obbligazioni Lehman spacciandole per ‘sicure’”. I Cds (Credit Default Swap) sui prodotti Lehman, in sostanza, una specie di assicurazioni contro il rischio fallimento dell’emittente, all’inizio di marzo 2008 si impennarono (a dimostrazione del rischio fallimento) fino a raggiungere la punta massima di 430 punti base; punta raggiunta anche in altri periodi fino a salire vertiginosamente per poi condurre al noto crack. I titoli oggetto del processo civile sono stati sottoscritti nell’aprile 2008.
La dicitura che compariva sugli ordini di borsa delle banche che aderivano al Consorzio Patti Chiari (“il titolo fa parte dell’elenco di obbligazioni a basso rischio-rendimento emesso alla data dell’ordine e redatto nell’ambito del progetto “PattiChiari”. ”
Come si leggono nelle sentenze di condanna di alcune banche, prima della dichiarazione di insolvenza del Gruppo Lehman si sarebbe manifestato un aumento del livello di rischio del titolo culminato, a pochi giorni dal default, in una significativa riduzione del prezzo di tali obbligazioni che avrebbe dovuto far scattare l’obbligo informativo contenuto nell’ordine di acquisto, la Banca avendo disatteso tale obbligo è responsabile della perdita patrimoniale dell’investitore.
Per “Patti Chiari”, il consorzio dell’Abi, che è stato chiamato a rispondere in giudizio in tutte le cause intentate dall’Adusbef per danni ai risparmiatori investitori, mentre non erano affidabili titoli di Stato italiani, come i BTP, erano affidabilissimi i titoli Lemhan, che come confermato da perize CTU già almeno 8 mesi prima del crack,le banche erano al corrente del rischio del fallimento della banca americana Lehman Brothers e, ciò nonostante, continuavano a vendere obbligazioni dandole per sicure, tanto é vero che erano ricomprese nel paniere ‘basso rischio – basso rendimento’ del consorzio interbancario istituito dall’Abi.
Mentre il rating applicato dalle tre sorelle alla banca dei fratelli Lehman, fino al 18 luglio 2008 era di notevole affidabilità: “A2” per Moody’s, “A” per Standard & Poor’s, “A+” per Fitch, le tre sorelle del rating corresponsabili del crack per non averlo segnalato in tempo e che solo a crack avvenuto in data 15 settembre 2008, avevano declassato a negativo i loro voti.
Adusbef e Federconsumatori, anche a fronte dei dissesti ancora mascherati , a causa dei derivati tossici presenti nei bilanci di alcune banche, tornano a chiedere chiarezza, trasparenza e rigorosi controlli preventivi, per evitare che siano ancora una volta risparmiatori, utenti e lavoratori a pagare i costi della finanza di crata, che oltre ad aver mangiato ed intossicato l’economia reale, ha distrutto milioni di posti di lavoro per cupidigia ed avidità di guadagno esclusivo dei signori banchieri.