Economia

Lavoro e stipendi: l’Italia è l’11esimo paese più complesso d’Europa

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Lavoro e stipendi: l’Italia è l’11esimo paese più complesso d’Europa

L’Italia è l’undicesimo paese più complesso d’Europa per la gestione delle risorse umane e delle retribuzioni anche se si colloca meglio di alcuni paesi tradizionalmente considerati “employer friendly”, come Norvegia e Finlandia.

Così emerge da una ricerca realizzata da TMF Group, multinazionale specializzata nella fornitura di servizi professionali alle imprese che ha esaminato 77 diverse giurisdizioni, classificandole in termini di complessità dei rispettivi ambienti di gestione delle risorse umane e delle retribuzioni.

La classifica si apre con il Belgio, la più complessa delle giurisdizioni esaminate. Le ragioni sono dovute in gran parte alle differenze linguistiche e normative tra le varie regioni del Paese. Mentre secondo la ricerca il nostro paese si colloca a livello globale al 25esimo posto, mentre la Francia è al quinto, ovvero la seconda giurisdizione più complessa d’Europa.

Lavoro, cosa rende complessa la gestione delle risorse umane?

Ma cosa rende complessa la gestione delle risorse umane e delle retribuzioni nel nostro Paese? La nostra disciplina giuslavoristica appare complessa considerando aumenti automatici e obbligatori degli stipendi, congedi di paternità retribuiti e contributi del datore di lavoro per il fondo pensione, influiscono in maniera importante sul posizionamento del Belpaese all’interno della classifica.

Un’ulteriore causa è la durata del preavviso necessario per il licenziamento di un dipendente scarsamente produttivo: in Italia sono necessarie circa 25 settimane, mentre paesi come Regno Unito, Irlanda e Paesi Bassi richiedono un massimo di sole tre o quattro settimane. Saskia Straetmans, responsabile della business unit Human Resources and Payroll del Gruppo TMF per l’Europa Occidentale, afferma:

“Negli ultimi anni, l’Italia ha introdotto alcune riforme occupazionali che mirano a una maggiore flessibilità. Di conseguenza, il Paese è ora percepito come meno conservatore rispetto al passato e leggermente più vicino agli standard degli altri Paesi europei, come dimostrano le nostre classifiche. Naturalmente, rimane ancora della strada da fare. Nel complesso, si può pero’ dire che il percorso intrapreso sia degno di nota”.