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La crisi cinese travolge il lusso: il crollo di Gucci non è un caso isolato

Sono mesi ormai che il settore del lusso è attanagliato dai timori di un rallentamento degli acquisti da parte dei cinesi. La conferma è arrivata solo la scorsa settimana con la diffusione delle stime sui dati di vendita di Gucci, uno dei brand del settore luxury più amato dai consumatori cinesi: i ricavi nei tre mesi al 31 marzo – ha fatto sapere il gruppo Kering, che controlla il brand italiano –  dovrebbero diminuire di quasi il 20% su base comparabile, soprattutto per l’impatto negativo della regione Asia-Pacifico. Le previsioni –  oltre ad alimentare un’ondata di vendite sul le vendite sul titolo del colosso francese (che nell’ultimo anno ha lasciato sul terreno della Borsa di parigi il 37% del suo valore), ha acceso i riflettori sulla possibile entità della frenata del lusso in Cina. a

Che cosa succede al brand Gucci

Che cosa c’è dietro la frenata di Gucci che già, nel 2023, ha visto i ricavi segnare un calo del 6% a 9,9 miliardi di euro?

Prima di tutto, una questione legata al marchio. In crisi dal 2022, Kering sta provando a dare slancio del suo marchio di punta (rappresenta la metà delle vendite del gruppo e due terzi degli utili ndr) rivedendo il design,  che ora è sotto la direzione creativa di Sabato de Sarno. Gli stili eleganti, semplici ma seducenti di De Sarno hanno segnato un allontanamento dai look eccentrici e sgargianti associati a quelli del suo predecessore, Alessandro Michele.

Ci sono poi altri aspetti da considerare, che vanno al di là del brand. La Cina sta attraversando una fase di rallentamento della sua crescita complessiva (+5% le stime sul Pil per il 2024); aumenta la disoccupazione giovanile e i comportamenti delle giovani generazioni diventano sempre meno prevedibili, soprattutto da parte delle case del lusso occidentali.

Cinesi più prudenti nell’acquisto di beni di lusso

La crisi del lusso in Cina, anche se in modo meno evidente rispetto a Gucci, sta colpendo anche altri marchi noti. Se è vero che le principali case di lusso come Rolex, Hermes, Chanel e Louis Vuitton hanno registrato una crescita a due cifre nel 2023, i primi segnali di rallentamento delle vendite sono già emersi ad ottobre.

A confermare lo stato di debolezza che sta attraversando il mercato cinese del lusso, è il comparto degli orologi svizzeri, cartina di tornasole dello stato di salute delle vendite del lusso. La Federazione dell’industria orologiera svizzera ha dichiarato la scorsa settimana che le esportazioni in Cina sono crollate del 25% rispetto all’anno precedente, mentre le spedizioni a Hong Kong sono diminuite del 19%. Insieme, le esportazioni verso queste due destinazioni superano gli Stati Uniti, il più grande mercato singolo per gli orologi svizzeri.

“C’è un rallentamento”, ha confermato a Bloomberg Nick Hayek, amministratore delegato di Swatch Group, i cui marchi includono Omega e Tissot. Nel 2023 la Cina ha rappresentato un terzo delle vendite dell’azienda. “Gli acquirenti in Cina e a Hong Kong visitano i negozi dei marchi di Swatch Group, ma sono più esitanti nel fare un acquisto importante”, afferma il CEO. “Hanno i soldi, ma sono più critici su quando e come spendere”.

Domanda in calo in tutta la regione asiatica

I problemi non si limitano alla Cina. Dopo un recente viaggio di due settimane in Asia, gli analisti di HSBC, guidati da Erwan Rambourg, hanno dichiarato in una nota di venerdì che la situazione della domanda in Cina si sta “rivelando difficile”. Ma la delusione è arrivata anche dalle tendenze poco brillanti di Hong Kong, Macao e Singapore, dove i turisti cinesi, pur arrivando in numero maggiore, non sembrano spendere molto.

Alcuni marchi potrebbero essere costretti a trovare il modo di ridurre la loro dipendenza dalla Cina. Secondo un rapporto di Bain & Co, quest’anno la crescita delle vendite del lusso in Cina dovrebbe rallentare a una cifra media, rispetto al 12% del 2023. Mentre la crescita sarà trainata dagli individui con un alto patrimonio netto, ovvero quelli con un patrimonio investibile superiore a 10 milioni di yuan (2,13 milioni di dollari).

I marchi che non sentono la crisi

C’è da dire che alcuni marchi del lusso hanno contrastato la tendenza al rallentamento. Prada, che possiede il marchio Miu Miu, ha registrato un aumento delle vendite del 32% nella regione Asia-Pacifico, Giappone escluso, nel quarto trimestre. Di recente, Andrea Guerra, amministratore delegato del gruppo, ha dichiarato di essere soddisfatto dell’andamento di gennaio e febbraio. Anche Hermes International ha registrato tassi di crescita a due cifre nel quarto trimestre.

“In tempi di incertezza, i consumatori cinesi tendono a preferire gli articoli di lusso che hanno maggiori probabilità di mantenere il loro valore” ha affermato Bruno Lannes, coautore del rapporto Bain. “Per questo motivo, i marchi che offrono questi prodotti sono andati meglio di quelli che hanno lanciato prodotti stagionali”.