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Italia, un esercito di 2 milioni di persone espulse dal mercato del lavoro. E 1 su 4 e’ in poverta’

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Roma – Sono un esercito di quasi 2 milioni di persone e in costante aumento. Sono gli scoraggiati, persone che hanno smesso di cercare un’occupazione e ormai rappresentano, per dimensioni, una realta’ vicina a quella dei disoccupati che l’anno scorso sono aumentati di 158 mila unita a 2,1 milioni, il livello piu’ elevato dal 2002.

Se sui ”numeri” della disoccupazione, l’Italia sta leggermente meglio delle media europea, il fenomeno degli scoraggiati consegna alla penisola un triste primato con una incidenza piu’ che doppia rispetto alla media europea sulla base di dati 2008.

Ritenere di non riuscire a trovare un impiego e attendere gli esiti di passate azioni di ricerca sono state le principali ragioni che hanno indotto a non cercare lavoro, nel 2010, in Italia, questi motivi hanno interessato circa 2 milioni di persone. E’ quanto emerge dal ”Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2010” diffuso oggi dall’Istat.

Un dato per cui l’Italia guadagna quasi il primato europeo: fa peggio di noi solo Malta con un tasso di inattivita’ tra i 15 e i 64 anni del 39,8% contro il 37,8% italiano (29% media Ue). Gli uomini hanno segnalato un incremento dei fenomeni di scoraggiamento superiore a quello delle donne. La crescita della componente maschile e’ concentrata nel Centro, quella femminile al Nord. L’aumento delle persone scoraggiate ha innalzato la relativa incidenza fino a circa il 10% del totale, con una punta di poco inferiore al 16% nel Mezzogiorno.

Il permanere di condizioni poco favorevoli per le nuove opportunita’ di impiego ha inoltre determinato il prolungamento della fase di ricerca del lavoro e il conseguente aumento dell’incidenza della disoccupazione di lungo periodo: dal 44,4 per cento del 2009 al 48,4 per cento del 2010. Il fenomeno e’ peraltro diffuso nella gran parte dei paesi Ue. Con ritmi piu’ contenuti rispetto a quelli del 2009, l’inattivita’ ha registrato un nuovo incremento (+0,9 per cento, pari a 136 mila unita’), dovuto in sette casi su dieci alle donne straniere arrivate nel nostro Paese per ricongiungimenti familiari.

In ogni caso, rispetto all’insieme dei paesi dell’Unione Europea, sul totale delle non forze di lavoro (15-64 anni) degli inattivi scoraggiati, l’Italia registra un’incidenza piu’ che doppia. Nel 2009 l’Italia ha una quota percentuale di inattivi del 9,3, contro il 4,2 della media europea. La quota degli scoraggiati dell’Italia e’ piu’ che doppia rispetto a quella della Spagna (4,6) e sei volte superiore a quella della Francia (1,5).

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Roma – Le famiglie italiane sono ancora in ginocchio per la crisi economica che ha colpito il paese. Nel 2010 e’ tornato a crescere il loro reddito disponibile (+1 per cento), dopo la flessione del 3,1 per cento registrata nel 2009, ma, considerando la variazione dei prezzi, il potere d’acquisto ha subito una ulteriore riduzione dello 0,5 per cento (-3,1 per cento nel 2009).

In calo anche la propensione al risparmio delle famiglie, che si e’ attestata al 9,1 per cento, il valore piu’ basso dal 1990, 1,4 punti percentuali in meno rispetto all’anno precedente. E’ quanto emerge dal ”Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2010” diffuso oggi dall’Istat, sulla situazione delle famiglie del Belpaese.

Se sono aumentati dell’1% i redditi da lavoro dipendente (erano diminuiti dell’1,3 per cento nel 2009), i redditi netti da capitale sono scesi del 5,8 per cento, dopo la caduta del 35,4 per cento del 2009 e il reddito da lavoro autonomo e dalla gestione delle piccole imprese e’ risultato in calo dello 0,7 per cento (-0,2 per cento nel 2009).

Le prestazioni sociali in denaro delle Amministrazioni pubbliche sono cresciute del 2,3 per cento, quelle assistenziali in denaro sono invece scese del 5,8 per cento rispetto al 2009, anno di erogazione del bonus straordinario di 1,5 miliardi di euro destinato al finanziamento delle famiglie a basso reddito. E ancora: in aumento dal 2000, con l’eccezione del 2009, le imposte correnti a carico delle famiglie. Nel 2010 la crescita e’ stata pari al 2,2 per cento, a sintesi dell’aumento del gettito Irpef (4,2 per cento) e della contrazione delle imposte sui redditi da capitale (-40,3 per cento).

La regolarizzazione o il rimpatrio di attivita’ finanziarie e patrimoniali detenute all’estero e’ proseguita per 600 milioni di euro, che si sono aggiunti ai 5 miliardi del 2009. In tutto questo, la deprivazione materiale delle famiglie e’ rimasta sostanzialmente stabile rispetto al 2009 (15,7 per cento sul totale delle famiglie) ed e’ grave per quasi la meta’ delle famiglie interessate; e’ piu’ diffusa tra le famiglie con cinque o piu’ componenti (25,3 per cento), con tre o piu’ figli (25,6 per cento) e tra quelle che vivono in affitto (33,3 per cento).

La percentuale di famiglie materialmente deprivate sale al 26,0 per cento nel Mezzogiorno e scende al 9,7 al Nord. Quando la perdita dell’occupazione (2009) ha riguardato un uomo genitore o coniuge/partner, la probabilita’ di trovarsi in condizioni di deprivazione materiale e’ salita al 36,5 per cento dal 28,5 per cento osservato l’anno precedente, prima di perdere il lavoro. La crisi ha costretto le famiglie a risparmiare meno nel 19,1 per cento dei casi, e a intaccare il proprio patrimonio o a indebitarsi (16,2 per cento) per mantenere stabile il tenore di vita.

Ma, nonostante tutto, anche nel 2010 la famiglia ha svolto il ruolo di ammortizzatore sociale nei confronti dei giovani, affiancandosi alla cassa integrazione che ha sostenuto una larga quota di adulti con figli. Per quanto riguarda il reddito disponibile delle famiglie, questo si concentra per il 53% nelle regioni del Nord, per il 26% nel Mezzogiorno e per il restante 21% nel Centro.

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Continuano ad aumentare in Italia i cosiddetti ”Neet” (Not in education, employment or training): i giovani fra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione. Nel 2010 sono poco oltre 2,1 milioni, 134 mila in piu’ rispetto a un anno prima e rappresentano il 22,1 per cento della popolazione nella stessa fascia di eta’ (20,5 nel 2009). E’ quanto emerge dal ”Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2010” diffuso oggi dall’Istat. Nonostante l’incidenza del fenomeno continui a essere piu’ diffusa tra le donne (24,9%), tra i residenti nel Mezzogiorno (30,9%) e tra i giovani con al piu’ la licenza media (23,4%), l’incremento osservato tra il 2009 e il 2010 ha colpito maggiormente i giovani del Nord-est (+20,8%), gli uomini (+9,3%) e quanti hanno un diploma di scuola secondaria superiore (+10,1%). Aumenta, tra i giovani Neet, anche la componente straniera che, nel 2010, raggiunge il 14,7% del totale, con un incremento, rispetto al 2009, di quasi 50 mila unita’ (+17,8%). Sono 310 mila gli stranieri Neet, un terzo della popolazione tra i 15 e i 29 anni. Il 65,5 per cento dei ”Neet” e’ inattivo, anche se solo la meta’ non cerca un impiego e non e’ disponibile a lavorare. I disoccupati rappresentano il 34,5 per cento dei Neet; nel Mezzogiorno circa il 30 per cento e’ disoccupato e il 45 per cento e’ comunque interessato a lavorare. Tra i Neet, vive con almeno un genitore l’87,5 per cento degli uomini e il 55,9 per cento delle donne. Fra queste ultime, circa 450 mila sono partner in una coppia, con o senza figli e rappresentano il 38,3 per cento delle Neet italiane. La condizione di Neet permane nel tempo: oltre la meta’ dei Neet, infatti, resta tale per almeno due anni. D’altro canto, piu’ si rimane fuori dal circuito formativo o lavorativo, tanto piu’ e’ difficile rientrarvi. Il confronto europeo mette in luce come, nel 2009, la quota dei Neet in Italia (20,5%) sia significativamente superiore alla media Ue (14,7%) e prossima solamente a quella spagnola (20,4%). Ma, a differenza degli altri paesi, la condizione di Neet in Italia e’ in buona misura riconducibile all’area dell’inattivita’ piuttosto che a quella della disoccupazione, riflettendo una situazione di preoccupante scoraggiamento: gli inattivi rappresentano il 13,5% dei giovani tra i 15 e i 19 anni, contro il 7,7% della media europea. Sul fronte delle differenze di genere, nel 2010 quasi un quarto delle giovani donne appartiene a questa categoria ed emergono forti diversita’ nell’organizzazione dei tempi della giornata da parte dei Neet rispetto ai loro coetanei. I Neet infatti dedicano piu’ tempo al dormire e alle altre attivita’ fisiologiche del mangiare e lavarsi e fruiscono meno degli altri di cinema, teatri, musei e mostre. E ancora: leggono meno i quotidiani e usano meno il pc e internet. Infine, conclude l’Istat, lo stile di vita dei giovani Neet rischia anche di non essere del tutto salutare, mentre chi lavora o studia fa sport in oltre il 50% dei casi tra gli inattivi neppure 1 su 4 pratica attivita’ sportive.

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L’Italia e’ il fanalino di coda nell’Unione Europa per crescita economica. Nel decennio 2001-2010 l’economia della penisola ha registrato un modesto aumento medio annuo dello 0,2% mentre nel resto dell’area euro il ritmo di espansione e’ stato dell’1,1%. Secondo i dati del rapporto Istat, il trend di crescita dell’economia italiana e’ stato inferiore di circa la meta’ a quello medio europeo nel periodo 2001-2007, e il divario si e’ allargato nel corso della crisi e della ripresa attuale.

L’intensita’ della crisi del 2008-2009 e la velocita’ della ripresa in corso sono state disomogenee tra le economie europee e, al loro interno, tra i settori produttivi. Tra i grandi paesi dell’area euro, l’Italia ha subito la maggior caduta del prodotto insieme alla Germania (rispettivamente 7,0 e 6,6 punti percentuali), mostrando pero’, al contrario di quest’ultima, un recupero molto modesto: a marzo 2011, al netto degli effetti di calendario e della stagionalita’, il Pil in Italia e’ ancora inferiore di 5,1 punti percentuali rispetto al primo trimestre 2008, mentre il recupero e’ stato completo in Germania e, per l’insieme dell’Uem, il divario da colmare e’ di 2,1 punti percentuali.