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Italia rischia sindrome greca, Germania tornera’ al marco

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Roma – Le nuove misure del governo Monti per aprire le professioni ai mercati e alla concorrenza sono da considerare solo pseudo liberalizzazioni, perche’ non colpiscono blocchi importanti come banche ed energia. Anche la seconda fase degli interventi risanatori per raddrizzare le finanze pubbliche e’ iniqua come la prima: se con la prima manovra si poteva fare di piu’ tassando i grandi patrimoni, anche per dare un segnale di rottura forte con i governi precedenti, con la fase numero due non si e’ osato abbastanza per fare quelle riforme strutturali di cui l’Italia ha disperato bisogno.

Come se non bastasse, secondo quanto espresso dall’economista Christian Marazzi in un’intervista concessa a Wall Street Italia, le misure recessive avranno effetti negativi sul breve: “Cosi’ rischiamo di cadere nella sindrome greca e Eurolandia di spaccarsi in due”.

Intanto, mentre Roma attraversera’ un paio di mesi cruciali per il suo destino, con 25 miliardi di debito da rifinanziare da qui a febbraio e circa 400 miliardi per tutto il 2012, in Europa si sta innescando un ciclo vizioso: i soccorsi avvengono tramite alimentazione artificiale di una bolla del credito. La Banca Centrale Europea compra titoli di stato dei paesi indebitati sul secondario, mentre le autorita’ decidono di aumentare le risorse del Fondo Monetario Internazionale per rassicurare i mercati.

E’ un metodo – quello secondo il quale gli stessi paesi in difficolta’ partecipano all’ampliamento dei fondi di aiuto che le autorita’ sono pronte a elargire nel caso del bisogno – che ricorda da vicino quello gia’ sperimentato con i paesi latino-americani, tramite le famose misure di aggiustamento strutturale del Fmi. Le conseguenze devastanti per le popolazioni indebitate le conosciamo. Stavolta bisognerebbe fare di tutto per evitarle.

Qui di seguito l’intervista integrale al docente della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana.

WSI: Cosa questo governo puo’ fare credibilmente con questa fase due della manovra dopo quella di emergenza” e di sacrifici “obbligati” che molti reputano iniqua e che costringera’ a nuove misure recessive? L’Italia fara’ la fine della Grecia?

Christian Marazzi: Dopo le misure di austerità, il secondo pacchetto di misure di liberalizzazioni del governo Monti si ripropone di “rilanciare” l’economia attraverso il rafforzamento della concorrenza, ma a ben guardare queste misure, certamente necessarie per colpire posizioni di monopolio, non colpiscono i poteri forti (banche e energia), mentre vanno ad intaccare settori politicamente e socialmente molto suscettibili. Il potere d’acquisto dei consumatori migliorerà di qualche euro, ma dubito che i posti di lavoro che si creeranno nel settore dei servizi saranno di qualità. Come per il primo pacchetto, ci troviamo di fronte ad una asimmetria dei sacrifici.

Prevedibilmente, i movimenti di resistenza contro le liberalizzazioni “disturberanno” non poco l’attuazione di queste misure, contribuendo a creare un clima politico certamente non favorevole all’attuazione delle prossime, quelle volte a de-regolamentare il mercato del lavoro. Non credo che con queste liberalizzazioni l’economia italiana potrà svoltare evitando la recessione pronosticata dal Fondo monetario internazionale, che ha previsto un calo del 2,2% del Pil nel 2012. Benché necessarie, le riforme strutturali danno i loro frutti solo nel lungo periodo, mentre in un periodo di forte contrazione economica, arrischiano di avere effetti negativi sulla crescita, aggravando la recessione. Per questi motivi, l’Italia rischia seriamente di cadere nella sindrome greca.

WSI: Se l’Italia non dovesse riuscire a rifinanziare il suo enorme debito (oltre 25 miliardi di titoli di stato in scadenza da qui a febbraio e 400 miliardi per tutto il 2012), c’e’ qualcosa di buono nell’ipotesi default/ristrutturazione o non se ne parla nemmeno?

CM: Il rifinanziamento del debito italiano è cruciale, e la BCE si è mossa in queste ultime settimane per evitarne il fallimento, svolgendo il ruolo di “prestatore di ultima istanza”, ma indirettamente, attraverso l’erogazione di liquidità direttamente alle banche. Il problema per la BCE sta nel poter acquistare i titoli di Stato in quantità considerevoli, dato che la Germania, su questo punto, è particolarmente ostile. Quindi, le difficoltà per quanto riguarda il rifinanziamento sono del tutto possibili. In caso di rifinanziamento insufficiente, l’Italia sarà costretta a rivolgersi al Fmi, il che comporterà la fine dell’accesso ai mercati dei capitali. A questo punto, la spaccatura dell’eurozona sarà inevitabile. E’ lo scenario più probabile: creazione di una Europa a due velocità, con la Germania che ritorna al marco, e i paesi deboli che con un euro svalutato, ma con maggiori facilità nel finanziamento del debito pubblico.

WSI: Dove si puo’ e deve fare di piu’ per alimentare la crescita (liberalizzazioni, patrimoniale)? Ma sopratutto perche’ questo governo non poteva essere piu’ “equo” subito, dando un messaggio di rottura piu’ forte con il governo precedente? Cosi’ sono colpiti sopratutto lavoratori dipendenti e ceti medio bassi.

CM: L’equità non è un obbligo, specie per un governo composto da uomini che nel loro DNA hanno una visione classica del funzionamento del libero mercato. Un visione secondo cui basta la riduzione dei costi (del lavoro) per rilanciare la competitività, quindi le esportazioni, quindi la crescita. Certamente si poteva fare di più per dare un segno di discontinuità col governo precedente, ad esempio agendo sugli alti redditi con misure che andassero a colpire i grandi patrimoni, che in Italia sono particolarmente elevati. Un po’ più di simmetria dei sacrifici avrebbe aiutato a rafforzare la coesione sociale, cruciale in fasi delicate come queste. L’unica misura per dare slancio alla crescita è senz’altro la svalutazione che, ovviamente, è impossibile per un paese stretto nella camicia di forza dell’euro. D’altra parte, con un bilancio come quello italiano, non vedo come si posa rilanciare l’economia con misure di tipo keynesiano. Siamo in un classico cul-de-sac.

WSI: Cosi’ come siamo strutturati e dopo che l’euro e’ tornato a rafforzarsi (una moneta unica sulla parita’ rispetto al dollaro potrebbe aiutare l’Italia, dove piu’ della meta’ del commercio si fa con Svizzera, Russia e Usa), come facciamo a tornare a crescere, in un contesto europeo cosi’ negativo, e attirare investimenti?

CM: Una parità rispetto al dollaro certamente potrebbe aiutare la crescita, ma non sono affatto sicuro che gli Stati Uniti lo permetterebbero. Il problema è che è già in corso una fuga dall’euro, e una svalutazione non farebbe altro che aggravarla. Da questo punto di vista, oltre al fatto che l’economia americana sembra avviata ad una ripresa, è la posizione ancora centrale del dollaro che può decidere sulle sorti dell’euro. Non dimentichiamo che i buoni del tesoro statunitensi, anche a tassi negativi, rappresentano l’unica sicurezza per gli investitori in affanno.

WSI: Euro: cosa accade ora? Quali scenari si aprono in Europa ora che la crisi del debito sovrano ha invaso anche l’area core dell’Eurozona? Area euro a due velocita’ o esplusione diretta dei paesi vulnerabili del “sud”?

CM: Sono convinto che Eurolandia si spaccherà, con una zona monetaria forte ruotante attorno al marco tedesco, e una zona monetaria debole costituita dai periferici e semi-periferici. Non lo vedo come uno scenario catastrofico, benché certamente “sconvolgente” sotto il profilo storico e politico. Questa Europa, così come si è venuta configurando negli ultimi dieci anni, non può più reggere. D’altra parte, la rigidità della Germania, la sua cocciutaggine sulle politiche d’austerità, sulle sanzioni automatiche, insomma sul fiscal compact, si spiega solo come una strategia per spingere i paesi deboli a chiederle di uscire dall’euro. Una cosa che i tedeschi desiderano, ma non vogliono essere considerati i responsabili della spaccatura dell’Europa.

WSI: Qual e’ il ruolo che il Fondo Monetario Internazionale dovrebbe avere? Non e’ paradossale che si aumentino le risorse anche con il contributo di quegli stessi paesi che potrebbero venire salvati come Italia e Spagna?

CM: Sì che è paradossale! L’aumento servirà a elargire crediti ai paesi deboli, ma il prezzo sarà alto, non da ultimo perché un ricorso al Fmi comporta la non accessibilità, almeno temporanea, ai mercati dei capitali. Un vero e proprio circolo vizioso, che ben conosciamo dai tempi in cui il Fmi era chiamato a salvare i paesi latino-americani con le famose misure di aggiustamento strutturale, con le conseguenze devastanti sulle popolazioni indebitate.

Economista, docente alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) e, in passato, a Padova, New York e Ginevra, grazie al suo sguardo indipendente e al suo occhio molto critico, l’intellettuale Christian Marazzi e’ considerato uno degli analisti piu’ lucidi della crisi economico-finanziaria in corso.