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Italia, Fmi alza stime Pil. Ma “settore bancario” è tra i problemi

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ROMA (WSI) – Anche il Fondo monetario internazionale ha fiducia nella ripresa economica dell’Italia. Tanto da aver rialzato le stime sul Pil a un ritmo anche più robusto di quanto abbia fatto per le previsioni sull’economia mondiale.

Stando a quanto reso noto nell’ultima edizione del World Economic Outlook, l’Fmi prevede ora una crescita del prodotto interno lordo +0,5% nel 2015 e +1,1% nel 2016; si tratta di una revisione al rialzo che è stata rispettivamente +0,1% e +0,3% rispetto alle stime rese note a gennaio.

L’istituzione di Washington prevede anche un miglioramento nel mercato del lavoro. Si stima un tasso di disoccupazione, per il 2015, in calo al 12,6%, poi al 12,3% nel 2016. Surplus partire correnti atteso al 2,6% del Pil nel 2015 e 2,5% nel 2016. Inflazione debole: crescita dei prezzi al consumo a zero quest’anno e allo 0,8% nel 2016.

Tuttavia i problemi rimangono: “Tra i problemi che l’Italia sta ancora vivendo c’è il settore bancario e la capacità delle banche di fornire credito”. Lo ha detto Olivier Blanchard, responsabile del dipartimento della ricerca dell’Fmi, nel corso della conferenza stampa con cui sono state commentate le stime contenute nel World Economic Outlook. Una capacità, quella delle banche italiane, che secondo Blanchard “probabilmente è peggiore dei paesi citati” nella domanda, ovvero Spagna, Germania, Francia.

Riguardo alla crescita dell’economia globale, le previsioni sono state lasciate invariate al 3,5% nel 2015 e alzate +0,1% per il 2016, al +3,8%. Revisioni al rialzo maggiori anche per l’Eurozona, per cui si prevede una crescita +1,5% nel 2015 (upgrade di 0,3 punti) e +1,6% nel 2016 (+0,2 punti). Aumentate le previsioni anche di Germania, Francia e Spagna.

Il Fondo monetario internazionale reitera il sostegno al programma di Quantitative Easing che è stato lanciato dalla Bce, ma sottolinea che le manovre di politica monetaria espansiva dovrebbero essere accompagnate da “misure che puntino a rafforzare i bilanci delle banche, che aiuterebbero a migliorare i meccanismi di trasmissione della politica monetaria nei mercati del credito”. La priorità in tal senso deve essere data a regole più severe sul problema dei crediti inesigibili e sulle procedure fallimentari.

La probabilità che il rischio di deflazione – inteso in senso tecnico come calo dei prezzi di quattro trimestri – si verifichi interessa l’Eurozona nel periodo compreso tra il terzo trimestre del 2015 e il secondo trimestre del 2016, ma ora “è scesa sotto il 30%”.

Tagliate invece le stime sul Pil Usa, sia di quest’anno che del 2016. L’outlook fa riferimento ora a una crescita del 3,1% del Pil per entrambi gli anni; lo scorso gennaio, le previsioni erano state più alte, rispettivamente +0,5% e +0,2%. “E’ attesa la continuazione di una solida ripresa negli Usa, dove la crescita in media è stata del 4% circa negli ultimi tre trimestri del 2014”, si legge nel World Economic Outlook, secondo cui “ci sono ancora le condizioni per una robusta performance nel 2015”.

Lasciate invariate le stime sulla crescita della Cina di quest’anno e dell’anno prossimo. Si parla di una crescita che “rallenta”, ma che allo stesso tempo “è più sostenibile”. Le stime sono di un incremento del prodotto interno lordo +6,8%, come reso noto a gennaio (ma in flessione dello 0,3% rispetto a quanto era stato reso noto a ottobre). Le previsioni sono più basse di quelle ufficiali, con Pechino che prevede una crescita del 7%. Per il 2016 si attende Pil +6,3%.

“Precedenti eccessi nel mercato immobiliare e del credito così come negli investimenti continuano a sgonfiarsi – si legge nel World Economic Usa – “il processo di riforme strutturali e i bassi prezzi delle materie prime dovrebbero sostenere le attività legate ai consumatori, fungendo da parziale cuscinetto al rallentamento”. Tuttavia, un rischio principale risiede nell’incapacità di concretizzare l’agenda delle riforme, volte a contenere “i rischi finanziari, a riequilibrare l’economia e a scoprire nuove fonti di crescita”.

Sull’Ucraina, la contrazione del Pil sarà nel 2015 -5,5%, meglio del -6,8% del 2014 (da allora i calcoli del Fondo escludono la penisola di Crimea, annessa alla Russia nel marzo 2014, e Sevastopol, la parte sudoccidentale della penisola stessa). Il paese avrebbe dunque toccato il fondo, tanto che per il 2016 si prevede una crescita del Pil +2%.

Male la Russia, per cui è confermata la recessione nel corso di quest’anno, causa il tonfo dei prezzi del greggio e le sanzioni imposte dall’Occidente (oltre, ovviamente, agli effetti del conflitto contro l’Ucraina). Si stima un calo del Pil -3,8% dopo +0,6% nel 2014 e +1,3% nel 2013. Previsione tagliate da stime gennaio, che parlavano di una contrazione quest’anno -0,8%. Nel 2016 attesa contrazione -1,1%.

Tornando all’economia globale, il World Economic Outlook sottolinea che i rischi alla crescita sono “più equilibrati” di sei mesi fa, ma sono ancora al ribasso. Più precisamente, i rischi economici come la recessione e la deflazione in Eurozona “sono leggermente calati”, mentre quelli finanziari e geopolitici sono saliti. Tra questi vengono citati un ulteriore balzo del dollaro, che avrebbe ripercussioni negative sui mercati emergenti; modifiche nei prezzi degli asset, soprattutto nel mercato obbligazionario; tensioni geopolitiche legate al Medio Oriente, all’Ucraina e Africa occidentale; stagnazione e inflazione bassa nelle economie avanzate, che in generale potrebbero ostacolare la ripresa. Un altro rischio è il petrolioo, ed esattamente una ripresa più veloce del previsto.

“I prezzi potrebbero salire più velocemente delle attese” per vari motivi “non riconducibili a una ripresa più sostenuta della domanda globale, che sosterrebbe la crescita mondiale”. Il documento del Fondo fa riferimento anche allo “stress finanziario nell’Eurozona che può scattare dall’incertezza associata alla Grecia o derivare dalla turbolenza politica nell’Area euro, che può far riemergere e rafforzare il legame tra banche, bond sovrani ed economia reale”.