Economia

Italia bocciata in istruzione, fanalino di coda in Europa per diplomati e laureati

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Italiani bocciata per livello di istruzione, si conferma ancora una volta fanalino di coda in Europa per  percentuale di diplomati e laureati.

È quanto sottolinea il Rapporto dell’Istat sui “Livelli di istruzione e i ritorni occupazionali” da cui emerge che il 62,2% delle persone tra i 25 e i 64 anni nel nostro Paese ha almeno il diploma, a fronte di una media Ue che si attesta al 78,7%.

Una percentuale che sale in alcuni tra i più grandi paesi dell’Unione: 86,6% in Germania, 80,4% in Francia e 81,1% nel Regno Unito. Solo Spagna, Malta e Portogallo hanno valori inferiori all’Italia.

E nonostante il limitato numero di giovani laureati in Italia, le loro prospettive occupazionali sono più deboli rispetto ai valori medi europei: la quota degli occupati tra i 30-34enni laureati non raggiunge l’80% (78,9%) contro un valore medio europeo dell’87,7%.

Spostando lo sguardo al mercato interno, tuttavia, la percentuale di chi, tra i laureati di 25-64 anni, ha un lavoro è di quasi 30 punti (28,6) più elevato di quello registrato tra chi ha conseguito al massimo un titolo secondario inferiore.

Sul fronte geografico, nel Mezzogiorno rimangono decisamente inferiori sia i livelli di istruzione (il 54% possiede almeno un diploma, il 65,7% nel Nord) sia i tassi di occupazione anche delle persone più istruite (71,2% tra i laureati, contro il 86,4% nel Nord).

Senza contare l’incidenza dei giovani di 15-29 anni non occupati e non in formazione, “i neet”: sebbene cala di 1,2 punti rispetto al 2018 e raggiunge il 22,2%, si tratta pur sempre di 2 milioni di giovani ed è la quota più elevata tra i Paesi dell’Unione, di circa 10 punti superiore al valore medio Ue 28 (12,5%) e decisamente distante dai valori degli altri grandi Paesi europei. È pari invece al 35,4% il tasso di occupazione dei 18-24enni che abbandonano precocemente gli studi.

In altre parole, chi consegue la laurea ha molte più opportunità di lavoro rispetto ad un diplomato.

“Non possiamo più trascurare la scuola ed il sistema di istruzione e formazione, a partire dalla fascia 0-6 e vogliamo fermamente che le promesse del governo nel Piano nazionale di riforma siano mantenute, destinando risorse importanti del Recovery Fund all’istruzione ed alla ricerca per invertire quella rotta sbagliata di disinvestimenti che ha portato l’Italia agli ultimi posti in Europa”, ha commentato Angelo Colombini della Cisl.

“I dati Istat sull’istruzione in Italia mostrano quanto il nostro capitale umano sia ancora relativamente debole rispetto al resto d’Europa. Abbiamo forti carenze in particolare sul livello di istruzione dopo il diploma”, avverte il vicepresidente di Confindustria per il capitale umano, Giovanni Brugnoli. “I dati Istat pubblicati oggi sono un campanello di allarme: un Paese con tassi di istruzione cosi’ bassi e’ un Paese che non cresce e non innova”, mette in guardia infine Fabio Pompei, ceo di Deloitte Italia.