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Investire sul mattone: rivenderlo o metterlo in affitto? Ecco quanto rende

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La ripresa del mercato immobiliare in alcune città sta portando gli investitori ad acquistare, ristrutturare e poi rivendere. Allo stesso tempo la forte attrattività turistica del nostro Paese sta facendo sì che in tanti si indirizzino verso gli affitti brevi.

Quanto si ricava acquistando un  immobile nell’ottica di metterlo a reddito è la domanda che si è posta l’Ufficio studi del Gruppo Tecnocasa che ha fatto una simulazione relativa ad un bilocale di 250mila euro sito in una zona semicentrale di Milano da ristrutturare.

L’acquisto nel dettaglio si finanzia con un mutuo di 100 mila € in 10 anni (rata di 855 € al mese). Per ristrutturare si impiega un capitale di 50 mila € e  si beneficerà delle detrazioni fiscali al 50%. Le spese per l’acquisto (incluse anche quelle per l’accensione del mutuo) sono state ipotizzate intorno al 10% del valore dell’abitazione. Una volta ristrutturata la casa, il cui valore post lavori sale a 312.500 euro, si può decidere di venderla oppure di affittarla giornalmente.

Quanto rende vendere l’immobile

In caso di vendita, l’acquirente spende in tutto 325.000 € ed ogni anno per 10 anni recupererà 2500 € delle spese sostenute per ristrutturare l’immobile. Vendendo immediatamente l’immobile si avrà una minusvalenza di 12.500 € per cui il bilancio dell’operazione sarebbe negativo. A questo però bisogna aggiungere le spese di ristrutturazione recuperate ogni anno ed il risultato dell’operazione darà un bilancio positivo di 12.500 €.
Nell’esempio il valore di vendita è inferiore rispetto ai costi sostenuti per cui si ottiene una minusvalenza. Nel caso in cui invece il prezzo di acquisto sia decisamente più basso rispetto alla media di mercato (ad esempio comprando all’asta o comprando più immobili), si venda ad un prezzo più elevato e si risparmi sulla ristrutturazione, allora l’operazione sarà vantaggiosa.

Quanto rende affittare l’immobile

Nel caso di affitti giornalieri nell’ipotesi presa in esame dall’Ufficio studi si è ipotizzato che il tasso di occupazione dell’appartamento (percentuale dei giorni in cui le case gestite risultano affittate) sia il 70%. E’ stato ipotizzato un prezzo giornaliero di 120 € e che l’immobile sia dato in gestione ad un’agenzia che trattiene il 40% dell’introito totale.
Si pagherà la cedolare secca al 21% e le tasse e spese per la proprietà. Ogni anno poi si recupera la quota annuale delle spese di ristrutturazione e si considereranno gli interessi sul mutuo. Si otterrà un rendimento netto intorno al 3,5%. In questo caso inoltre ipotizzando di mantenere la proprietà dell’immobile si ha la possibilità di rivalutazione o meno della casa a seconda del trend del mercato.

 

In definitiva secondo l’analisi innanzitutto occorre considerare le due componenti dell’investimento immobiliare: il rendimento annuo lordo (ovvero quanto rende affittare l’abitazione) e la rivalutazione dell’immobile (l’incremento di valore nel tempo)

 Per questo motivo occorre puntare su zone dove è presente una buona domanda di immobili in affitto (per la presenza di aziende, università o flussi turistici) ma anche in grado di garantire una certa rivalutazione del capitale (…) Consigliamo di puntare su tagli come bilocali e trilocali perché sono quelli maggiormente ricercati sia in affitto sia in acquisto e, di conseguenza, si collocano più facilmente sul mercato sia in caso di affitto sia in caso di vendita (nell’eventualità di dismettere l’investimento). In questo momento si possono spuntare ancora prezzi interessanti sul mercato anche se, in diverse metropoli, i prezzi hanno ripreso la crescita.