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Investimenti: gli italiani sono i meno preparati, ma si fidano poco degli esperti

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Gli italiani si fidano poco degli intermediari finanziari e spesso sovrastimano le proprie competenze in materia di investimenti; nel confronto con gli altri Paesi del G20, infatti, è proprio l’Italia quello meno competente in termini di educazione finanziaria. Queste, in sintesi, le evidenze più dure che sono emerse dall’ultimo Global Attractiveness Index 2020, un rapporto elaborato da Aviva Assicurazioni e dalla European House – Ambrosetti.

Nel dettaglio, il Bel Paese ha raccolto un punteggio medio di 3,5 punti su 9 nell’analisi sull’educazione finanziaria dei cittadini, con un 28% degli intervistati che è finito con il sopravvalutare le proprie competenze. A ciò si aggiunge un netto 63% che afferma di provare sfiducia verso gli intermediari finanziari, come le banche e le società d’investimento. Non c’è da sorprendersi, pertanto, che l’80% del campione italiano decida di investire in autonomia, o con l’ausilio di amici, colleghi e parenti. Sono, poi 18,5 milioni le famiglie italiane che, secondo i dati di Banca d’Italia rielaborati da The European House – Ambrosetti, hanno deciso di rinunciare in partenza e di non utilizzare strumenti finanziari.

Interessante notare la scarsa sensibilità degli italiani al tema degli investimenti “responsabili” (SRI): la stragrande maggioranza degli intervistati (87%) ha affermato che non prenderebbe in considerazione questa categoria di prodotti.

“Una maggiore alfabetizzazione finanziaria e la crescita dell’utilizzo degli strumenti a disposizione dei cittadini sono elementi fondamentali per accrescere l’attrattività di un Sistema Paese”, ha commentato l’ad di Aviva in Italia, Ignacio Izquierdo Saugar , “ma per migliorare questi aspetti è fondamentale uno sforzo congiunto da parte delle istituzioni e di tutti i player che operano nei settori finanziario e assicurativo. La nostra industria ha precise responsabilità per supportare il rilancio del nostro Paese e deve agire concretamente per sbloccare la ricchezza che potrebbe finanziare direttamente la ripartenza economica”.