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Indagati Profumo e Ghizzoni. Azienda rovinata da Unicredit

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ROMA (WSI) – Un’inchiesta giudiziaria finora segreta riaccende la miccia dei derivati bancari, quei prodotti finanziari ad altissimo rischio che hanno dissestato i bilanci di migliaia di aziende private ed enti pubblici.

La Procura di Bari ha chiuso una delicata indagine, condotta con tecniche da antimafia, sulle cause del fallimento dell’industria Divania, che prima del crac dava lavoro a 430 operai e vendeva in mezzo mondo i suoi divani fabbricati in Puglia.

L’avviso di conclusione dell’istruttoria, notificato dalla Guardia di Finanza, chiama in causa 16 dirigenti di Unicredit, tra cui spiccano l’amministratore delegato Federico Ghizzoni e il suo predecessore Alessandro Profumo, oggi presidente del Monte dei Paschi.

Per i banchieri l’accusa-base è di bancarotta: Divania era un’azienda sana che, secondo i magistrati, fu mandata in rovina da Unicredit attraverso ben 203 derivati-trappola, «falsamente presentati come contratti a costo zero», che in realtà hanno esposto l’azienda a «rischi illimitati», concretizzatisi in «perdite accertate per oltre 15 milioni di euro», provocando così prima la chiusura della fabbrica e poi il fallimento, decretato nel giugno 2011.

Nell’atto d’accusa il pm Isabella Ginefra scrive di aver ricostruito l’intera catena di produzione dei derivati, dalle sedi centrali alle direzioni regionali. Al livello più alto, sempre secondo l’accusa, era personalmente Profumo a «elaborare, dirigere e coordinare le strategie di commercializzazione dei derivati alle aziende».

Ghizzoni invece è sotto indagine per la scelta finale di negare la restituzione a Divania dei profitti incamerati da Unicredit: a provare che ne era informato, è anche una dettagliatissima raccomandata (con ricevuta di ritorno) inviatagli il 5 aprile 2011 da Francesco Saverio Parisi, il titolare di Divania.

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