Economia

Il risparmio gestito sorpassa le obbligazioni nei portafogli degli italiani

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I risultati dell'Indagine sono stati presentati da Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, Salvatore Carrubba, presidente del Centro Einaudi e Giuseppe Russo, direttore del Centro Einaudi e curatore dell'Indagine
I risultati dell’Indagine sono stati presentati da Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, Salvatore Carrubba, presidente del Centro Einaudi e Giuseppe Russo, direttore del Centro Einaudi e curatore dell’Indagine

Migliora la capacità di risparmio delle famiglie italiane, spinte dalla preoccupazione di far fronte a imprevisti. Per la prima volta le obbligazioni non sono più l’investimento preferito

Meno obbligazioni e più risparmio gestito. È forse questo il dato che più si nota nell’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani presentata a Torino da Intesa Sanpaolo e dal Centro Einaudi.

Solo il 19% del campione intervistato ha dichiarato di detenere in portafoglio obbligazioni e, in questi portafogli, rappresentano solo il 24 per cento dell’attivo. Una disaffezione legata alla crisi e alle politiche adottate dalle Banche centrali, con i rendimenti ridotti ai minimi termini. Nel 2007 erano 29 su 100 gli italiani che detenevano in portafoglio obbligazioni.

Dai bond gli investitori intervistati sono usciti in due direzioni: la liquidità (favorita dal tasso di inflazione inferiore all’1 per cento) e il risparmio gestito. Secondo i dati raccolti dall’indagine, il 21,4% degli intervistati ha dichiarato il possesso di almeno una forma di risparmio gestito negli ultimi cinque anni. I sottoscrittori di fondi comuni sono risultati il 10,9 per cento (7,2 per cento nel 2015), quelli di ETF il 7,3 per cento (2,3 per cento nel 2015), quelli di polizze unit linked il 2,8 per cento (2 per cento nel 2015).

Migliora la capacità di risparmio

Il sorpasso del risparmio gestito sulle obbligazioni avviene in un contesto in miglioramento. Sia per quanto riguarda la ripresa economica, con il 64% (dal 61%) precedente di intervistati che dichiarano di avere un reddito sufficiente o più che sufficiente per il tenore di vita. Sia per quanto riguarda la capacità di risparmio: il 47% del campione si dichiara in grado di risparmiare contro il 43,3% del 2017.

I segni della ripresa sono più diffusi tra le categorie del campione e interessano tutti i sottogruppi. Ben il 92 per cento degli intervistati dichiara di provvedere autonomamente, senza ricorrere ad aiuti di terzi, al bilancio della famiglia; si dimezza dal 40 al 20 per cento la quota di capifamiglia, non indipendenti finanziariamente, che afferma che il suo stato è causato dalla crisi.

Si risparmia per timore di imprevisti

Se nel complesso la ricerca mostra un miglioramento nel sentiment delle famiglie italiane, i timori sul futuro rimangono sullo sfondo. Il 43% degli intervistati dichiara infatti di investire per poter fare fronte a eventuali imprevisti. Il futuro dei figli è il motivo principale di investimento per il 21,1% degli intervistati. Seguono la vecchiaia (19,7%) e la casa (14%). Gli effetti della crisi sono evidenti con i dati precedenti all’ultimo decennio quando il 42% risparmiava per l’incertezza, il 26% per la casa, il 21% per la vecchiaia.

Italiani sempre avversi al rischio

Italiani cuor di leone? Non proprio. Nove risparmiatori su dieci mettono al primo posto la sicurezza degli investimenti al primo posto, seguita dal rendimento di breve periodo, dalla liquidità e ultimo obiettivo, il rendimento nel lungo periodo.

Un’avversione al rischio che però non si traduce in un adeguato livello di coperture assicurative. I rischi vengono infatti sottostimati dagli italiani. Gli intervistati appaiono in grado di stimare correttamente pressoché solo i rischi da furti e rapine in casa; risultano invece sottostimati tutti gli altri rischi, da quello degli incidenti automobilistici gravi a quello degli infortuni, all’invalidità nella terza e quarta età.

In particolare la salute risulta poco assicurata. assicurata. Il 15,5 per cento del campione si è rivolto ai servizi sanitari privati nei dodici mesi precedenti l’intervista, ma solo il 2,8 per cento l’ha fatto grazie a un’assicurazione o a una copertura mutualistica, mentre ben il 12,7 per cento ha pagato di tasca propria (out of pocket). Inoltre, l’8,6 per cento ha rinunciato a curarsi nei mesi precedenti l’Indagine; il 46 per cento di questi ultimi ha addotto una motivazione economica alla rinuncia. Secondo l’Indagine, la diffusione delle polizze sanitarie riguarda il 9,7 per cento degli intervistati.

Anche il tema della previdenza integrativa non riscuote il successo che ci si aspetterebbe, stante l’insufficienza acclarata delle pensioni pubbliche. Solo un under 45 su 5 ha sottoscritto forme di previdenza integrativa.