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Il miglior posto al mondo dove lavorare? È Google

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NEW YORK (WSI) – Uno dei suoi programmi più noti è il «20% time project», tempo libero puro per lavorare allo sviluppo di idee proprie. Ma c’è anche il TGIF (Thanks God it’s Friday – Grazie a Dio è Venerdì), momento in cui Larry Page e Sergey Brin rispondono alle domande dei dipendenti senza esclusione di colpi (a seguire birra). Non c’è da sorprendersi dunque se quest’anno, a scalare la classifica dei migliori posti di lavoro nel mondo, ci sia proprio Google. E non tanto per la birra e il «20% project» che ha fatto nascere Gmail («mai abolito» fanno sapere dall’azienda), quanto per l’appeal del motore di ricerca e la soddisfazione dei googler, i lavoratori del colosso di Mountain View.

Google è infatti stata incoronata da Great place to work la «best multinational workplace». È la prima volta da quando la società americana ha avviato l’indagine a livello globale. Al secondo posto Sas Institute e al terzo gradino Netapp, tutte aziende del settore information technology. «È un comparto tendenzialmente giovane — spiega Alessandro Zollo, amministratore delegato di Great Place to Work Italia — che ha un approccio alle risorse umane un po’ diverso da quello tradizionale, tende a liberare creatività e ingegno». E non si tratta del calcio balilla o degli uffici open space “alternativi” dov’è possibile portarsi dietro pure il cane, come succede per i lavoratori di Mountain View. «È il differente approccio — fanno sapere dalla società che stila la graduatoria — sempre teso a conquistare la fiducia e la soddisfazione dei dipendenti con strategie di welfare e di conciliazione dei tempi vita-lavoro». Come dimostrano i programmi valutati da GPTW: dai premi per l’eccellenza di Marriott alla settimana in famiglia di Autodesk concessa, fuori dal monte ferie, durante il periodo delle feste natalizie per consentire ai dipendenti di trascorrere ulteriore tempo con le famiglie.

E così, mentre al Pil si vanno affiancando sempre più calcoli di benessere che scattano fotografie dei Paesi più virtuosi del mondo, allo stesso modo il fattore F (come felicità) continua ad essere seriamente preso in considerazione da molte multinazionali. Superfluo citare gli innumerevoli studi secondo cui i dipendenti felici hanno una produttività addirittura del 31% superiore alla media. «Molte cercano di adottare strategie tese all’ascolto e alla fiducia indipendentemente da questo — aggiunge Zollo — fa parte della loro cultura, ci credono». E non hanno paura di essere sottoposte al giudizio dei lavoratori: circa 6200, quest’anno, le società che hanno partecipato alla ricerca e tre milioni i dipendenti coinvolti. Il podio che ne viene fuori è tutto a stelle e strisce: dalle californiane Google, Sas e NetApp si passa a Microsoft che dal quinto posto del 2012 avanza di un gradino incassando quest’anno la medaglia di legno. L’azienda di Bill Gates ha del resto ben altre questioni da affrontare in questo momento e dopo l’acquisizione di Nokia è alla ricerca di un sostituto di Steve Ballmer per la poltrona di amministratore delegato.

E l’Italia? Come per l’indagine europea, il nostro paese resta completamente fuori dalla classifica Great place to work: nessuna delle imprese made in Italy ha raggiunto il range dei 25 migliori luoghi di lavoro. E diminuiscono pure le sedi italiane delle multinazionali presenti in graduatoria (erano dodici nel 2011, oggi sono otto).

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Corriere della Sera – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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