Economia

Guerra in Ucraina: è allarme per la carenza di grano

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La carenza di grano sta mettendo a rischio i beni alimentari tutto per colpa della guerra in Ucraina mossa dalla Russia. E’ David Beasley, il numero uno del PAM, il Programma Alimentare Mondiale dell’Onu che lancia l’allarme.

Carenza grano, a rischio la produzione in Ucraina

La metà del grano che noi compriamo arriva dall’Ucraina, e ci permette di nutrire 125 milioni di persone. E quindi è un problema molto grave se non riusciamo a riportare i contadini nei campi, non alcuni contadini, tutti. In modo che possano seminare, spargere i fertilizzanti e mietere. Ed è ugualmente importante riaprire i porti del Mar Nero.

Il cibo diventa così una vera e propria arma di guerra visto che, bloccare l’agricoltura ucraina significa ridurre alla fame una grande parte del mondo.
Libano, Egitto e Nord Africa fanno i conti con gli aumenti del prezzo del pane.

E l’Italia? Anche nel nostro paese è boom dei prezzi. Secondo Assoutenti, Ferrara è la città dove il prezzo del pane raggiunge il livello più elevato. In base alle ultime rilevazioni del Mise, qui un chilo di pane fresco realizzato con farina di grano costa fino a 9,8 euro (quotazione massima), mentre il prezzo medio si attesta a 5,31 euro al kg. Al secondo posto si piazza Forlì, dove il prezzo massimo del pane fresco è di 9 euro al kg (4,37 euro il prezzo medio). Carissima anche Venezia, dove un chilo di pane fresco è venduto in media a 5,52 euro (8,5 euro la quotazione massima).

Per rispondere alle difficoltà di approvvigionamento dall’estero determinate dalla guerra, Coldiretti avanza la sua proposta: coltivare da quest’anno 75 milioni di quintali in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione.

Così il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in occasione del tavolo sull’emergenza grano convocato al Ministero delle Politiche Agricole dal Sottosegretario all’agricoltura Gian Marco Centinaio sulla carenza di materie prime che ha costretto ai primi razionamenti negli allevamenti ma anche nei supermercati.

Proponiamo all’industria alimentare e mangimistica – ha affermato Prandini – di lavorare da subito a contratti di filiera con impegni pluriennali per la coltivazione di grano e mais e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti nel rispetto della nuova normativa sulle pratiche sleali, per consentire di recuperare livelli produttivi già raggiunti nel passato.