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Grecia vicina a patto con il diavolo, Tsipras capitola

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ATENE (WSI) – La terza volta potrebbe essere quella buona, ma non sarà così facile nemmeno in questa occasione. Il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem dice che l’ultima offerta del governo greco è “completa”, ma è presto per parlare di un accordo che, comunque, in base all’ultimatum, dovrà essere raggiunto entro la giornata di domenica, 12 luglio.

Nonostante le aperture da parte delle autorità europee, la Grecia non è ancora certa di ottenere un pacchetto di aiuti, il terzo dallo scoppio della crisi del debito nel 2010, che permetterebbe ad Atene di rimanere insolvente.

Le proposte del governo guidato da Alexis Tsipras ricalcano quelle fatte il 26 giugno dalle autorità europee, prima del referendum. Ossia le stesse proposte a cui il popolo greco ha detto no con il 61% dei voti. Per forza che il presidente francese Francois Hollande le reputa “serie e credibili”. Intanto il principale partito di opposizione, Nuova Democratia, ha reso noto di sostenere Tsipras, affinché venga raggiunta una intesa che consenta alla Grecia di rimanere nell’Eurozona.

Intanto economisti e analisti già preparano lo scenario di un ennesimo fallimento delle trattative, o addirittura di uno stesso eventuale accordo.

“Se un accordo per permettere alla Grecia di rimanere in Eurozona dovesse fallire, sarebbero necessari fino a 33 miliardi di euro, sotto forma di finanziamenti transitori, per sostenere l’economia greca”, scrive Open Europe. Di questa somma, fino a 1,84 miliardi verrebbe versata dal Regno Unito. L’ammontare complessivo permetterebbe alla Grecia di coprire spese come “i pagamenti di alcuni debiti, parte dei finanziamenti del debito e la costituzione di riserve necessarie per gestire la nascita di una nuova moneta. Gli aiuti non sarebbero insufficienti, invece, per coprire i costi di ricapitalizzazione delle banche, che potrebbero essere gestiti attraverso un processo di nazionalizzazione”.

Sicuramente, sottolinea l’analista Raoul Ruparel di Open Europe, “ci sarebbero costi maggiori sia per l’Eurozona che per la Grecia, in termini di declino economico, contagio e default greco riguardo alle esposizioni dirette”.

Alexis Tsipras invita il suo partito ad appoggiare le sue proposte, che paradossalmente e ironicamente, si concretizzano in misure di austerity ancora più dolorose di quelle che i promotori del no hanno rifiutato con il voto di domenica scorsa. Si tratta di aumenti delle tasse e di tagli alle spese per 13 miliardi di euro.

A livello europeo, il piano di Tsipras gode del sostegno della Francia, mentre il ministro delle finanze della Slovacchia ha diversi dubbi sulla validità delle proposte e, ovviamente, in Germania lo scetticismo regna sovrano.

Le misure – leggi il documento pdf completo in inglese – non prevedono lcun abbattimento del debito pubblico ellenico, giudicato ormai all’unanimità tutti insolvibile. Ma il mercato festeggia non appena da Washington o Bruxelles si fa cenno a una ristrutturazione del debito.

Le riforme sono state presentate ai creditori e nelle prossime ore otteranno l’autorizzazione definitiva, ovvero non appena il Parlamento le approverà sancendo il definitivo patto con il diavolo. Atene ha promesso di innalzare le tasse, anche l’Iva, e rivedere le baby pensioni.

Tsipras è sicuro di incassare l’approvazione del parlamento e ricevere il pieno mandato per trattare con i creditori internazionali (Bce, Fmi e Commissione Ue). Il problema è che le riforme vanno incontro alla maggior parte delle richieste di austerity avanzate dall’ex troika. Il governo ellenico chiede prestiti per tre anni, in un memorandum in cui dice di affidarsi alle risorse del fondo salva stati ESM. In cambio l’esecutivo offrirà una manovra biennale da 12 miliardi di euro.

Dopo due bailout da 240 miliardi di euro, ora si parla di 50 miliardi circa di aiuti per poter sostentare sul breve termine. Il pacchetto di Tsipras prevede rinnovo del sistema pensionistico, misure di liberalizzazione e stretta fiscale.

Nello specifico verrebbero apportati 300 milioni di tagli alle spese per la difesa entro il 2016, verrebbero varate poi una serie di privatizzazioni (comprese quelle del porto di Pireo e degli aeroporti regionali), l’aumento dell’Iva, l’abbattimento degli sgravi fiscali per le attività commerciali nelle isole e una dimunizione progressiva dei sussidi alle pensioni basse entro il 2019. L’età pensionabile, poi, sarà alzata a 67 anni entro il 2022.

E non è finita qui. I trattati prevedono che il debito sia sostenibile, punto sul quale Fmi, Usa e ora anche Consiglio Europeo hanno espresso molti dubbi, chiedendone un alleggerimento.

Ormai tutte le parti in causa chiedono una ristrutturazione e questo paradossalmente sarà un altro aspetto complicato degli accordi che dovrebbero venire stretti nei prossimi giorni. Soprattutto sono gli Usa a chiedere un taglio del debito. In occasione di un discorso proferito alla ‘America’s Fiscal Future’ ospitata dal Nasdaq a New York, il segretario al Tesoro Usa, Kach Lew afferma che ad Atene serve una ristrutturazione del debito, che però “non richieda una svalutazione del valore nominale dei bond”.

È in gioco la sopravvivenza della Grecia e probabilmente dell’intera area euro. Per trasformarle in legge il piano servirà poi un nuovo voto parlamentare la prossima settimana. Ma prima il summit europeo di domenica dovrà accettare le proposte, definite dai leader europei la base per far ripartire i negoziati, interrotti bruscamente un paio di settimane fa dal premier Tsipras, che ha indetto un referendum sulle misure di austerity chieste dai creditori in cambio dei finanziamenti.

Dopo che gli ultimi colloqui sono collassati, le banche greche sono chiuse dal 29 giugno, giorno in cui sono stati imposti controlli di capitale e limiti alle somme che i cittadini possono prelevare.

Il 30 giugno Atene non è riuscita a rimborsare un prestito da 1,6 miliardi che doveva all’Fmi. Ora la prossima data da monitorare è il 20 luglio quando dovrà riscattare una serie di bond venduti alla Bce. È un pagamento che non è in grado di fare con le risorse attualmente a disposizione.

Senza un aiuto esterno scatterebbe il default parziale e il crac del sistema finanziario. Per questo i prossimi due – tre giorni saranno molto concitati. Per la Grecia è sul serio l’ultima chance.

(DaC-Lna)