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Governo: Enrico Letta premier, è lui l’incaricato

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ROMA (WSI) – Ancora qualche ora e l’Italia avrà un governo, a 56 giorni di distanza dal voto: questa mattina infatti il presidente Napolitano ha affidato l’incarico a Enrico Letta. Il politico pisano di solida formazione europeista e’ stato convocato alle 12.30 al Colle e ha accettato con riserva. Diventa cosi’ il primo Presidente del Consiglio del PD della storia. Come vice si fa il nome di Angelino Alfano, segretario PdL.

A riprova dell’inciucio in atto tra partiti che fino a qualche mese fa si facevano la guerra in campagna elettorale, tempo fa Letta ha confessato di pensare che il PdL e’ meglio di Beppe Grillo e ha sempre aperto a un governo in continuità con Monti. Il portavoce del Movimento 5 Stelle ha denunciato una “spartizione delle poltrone” della Seconda Repubblica.

Letta guidera’ un esecutivo “di servizio al paese”, come l’ha definito lo stesso premier incaricato. Avra’ un’alta intensita’ politica, in questo senso di rottura con il governo tecnico a guida Monti. I nuovi ministri, tuttavia, potranno contare su un analogo sostegno parlamentare a quello su cui poteva contare il professore della Bocconi. L’esecutivo sara’ molto snello e i capoi dei dicasteri (piu’ sotto vedi i nomi che circolano) saranno massimo 12.

Letta sostiene di essere rimasto sorpreso dalla telefonata di Napolitano: “La mia sorpresa e’ stata pari al senso di profonda responsabilita’ che questo incarico mi fa sentire sulle spalle”. Citata subito come priorita’ quella di dare una risposta all’emergenza lavoro, per aiutare “quella parte del paese che soffre e ha bisogno, le imprese che chiudono”, in un senso crescente di poverta’.

Altro obiettivo: quello delle riforme istituzionali e costituzionali, andando verso un cambiamento del sistema del bicameralismo perfetto. Letta vuole una politica che sia nuovamente credibile. Per questo lancia subito un appello a tutte le forze politiche per riformare la legge elettorale e ridurre i costi della politica. Un primo segnale positivo in questo senso, Letta lo ha dato recandosi al Colle alla guida della sua utilitaria.
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In Europa forte impegno perche’ cambi la barra delle politiche dell’Unione Europea, troppo attente a “politiche di austerita’ che non sono piu’ sufficienti”. Questo governo non nascera’ a tutti i costi, ma “solo se ci saranno le condizioni”.

A 46 anni Letta e’ il secondo premier piu’ giovane dopo Giovanni Goria, che ne aveva appena 39. Record a parte, il partito di centro sinistra non ha molto da festeggiare, tuttavia, essendo piu’ preoccupato per le divisioni interne al movimento e per la posizione di estrema fragilita’ del suo gruppo in Parlamento. Il primo partito d’Italia, uscito balcanizzato dall’elezione del capo dello Stato, avrebbe certamente voluto che lo storico momento si fosse materializzato in tutta un’altra maniera.

Il suo primo incarico importante e’ stato alla Commissione per l’Euro nel 1994-1997. Sul tema ha scritto un libro intitolato: “Euro sì. Morire per Maastricht”, in cui descrive che vale la pena di morire per l’Euro e Maastricht come nel 1939 valeva la pena di “morire per la Polonia” e che …non c’e’ un Paese che abbia, come l’Italia, tanto da guadagnare nella costruzione di … una moneta unica….” e…”abbiamo moltissimi imprenditori piccoli e medi che … quando davanti ai loro occhi si spalanchera’ il grandissimo mercato europeo, sara’ come invitarli a una vendemmia in campagna. E’ impossibile che non abbiano successo…il mercato della …moneta unica sara’ una buona scuola”.

Le quotazioni del vice presidente del PD, che ha partecipato a diverse riunioni del controverso Club di Bilderberg, sono cresciute in maniera esponenziale nelle ultime ore, fino alla conferma dell’appuntamento al Quirinale. Per gli amanti delle teorie cospirazioniste, e’ anche membro del comitato esecutivo dell’Aspen Institute Italia, un’organizzazione americana finanziata anche dalla Rockefeller Brothers Fund, che si pone come obiettivo quello di incoraggiare le leadership illuminate, “le idee e i valori senza tempo”.

Lo spread tra Btp e Bund a 10 anni e’ sceso anche a 265 punti base, con il tasso decennale che vale il 3,9%, ai minimi di due anni e mezzo, a dimostrazione della crescita della fiducia dei mercati nel nostro paese dopo le ultime scelte politiche che hanno portato alla conferma di Giorgio Napolitano, che ha strigliato i partiti esortandoli a trovare un accordo per la formazione di un esecutivo di larghe intese.

Difficile che possa entrare nel governo Giuliano Amato, soprannomianto “Dottor Sottile” dal giornalista Eugenio Scalfari, ma che molti ricorderanno per il prelievo forzoso imposto nel 1992 nell’ambito di una manovra di risanamento dei conti senza precedenti.

Dove i due nomi di Amato e Letta non sono intercambiabili, essi indicavano fin da quando sono usciti due governi con profili diversi e probabilmente due maggioranze parlamentari diverse, visto il “niet” della Lega Nord al “Dottor Sottile”. Ieri durante le consultazione del presidente Napolitano, sono emerse le posizioni note dei partiti.

Dal Pdl é giunta la richiesta di un governo “forte e duraturo” con un accordo politico tra i partiti che lo sostengono e un sì ad Amato; sulla stessa onda Scelta Civica, mentre Sel e Lega si sono chiamati fuori, annunciando di voler stare all’opposizione.

Una cosa che preoccupa Pd e Pdl che temono di ripetere lo schema del governo Monti, con le due rispettive estreme che cavalcano l’opposizione sociale. In tal senso non è chiaro se il “no” della Lega a Amato sia una scusa per tenersi fuori dal governo o é il motivo reale di tale scelta. Complicata la posizione del Pd, la cui Direzione ha approvato a stragrande maggioranza il sì ad appoggiare il governo del Presidente, con propri uomini nella compagine governativa.

Ma le quasi due ore di permanenza al Quirinale della delegazione, guidata da Enrico Letta e non dal dimissionario Pier Luigi Bersani, indica che il partito con più voti in Parlamento ha seri problemi. Il primo di essi è che i gruppi parlamentari non rispecchiano la Direzione del partito, come si è visto la scorsa settimana, e c’é quindi un margine di incertezza su eventuali defaillance al momento di votare la fiducia o anche nei mesi successivi.

La richiesta fatta a Napolitano è che il profilo del governo non dia l’immagine dell'”inciucio” di basso profilo, e abbia un certo tasso di discontinuità. Il nome di Matteo Renzi, avanzato dai “giovani turchi” e non dai “renziani”, rispondeva a questa necessità.

Quanto al toto ministri sara’ Letta a fare l’elenco dei suoi alfieri, ma il presidente Napolitano sicuramente spingera’ per personalità consolidate che all’estero diano una immagine di affidabilità, magari a scapito dell’innovazione. Letta e’ stato il ministro piu’ giovane della storia della Repubblica: nel 1999, a 32 anni, fu per due anni ministro dell’Industria nel secondo governo D’Alema. Poi a 31 anni fu Giorgia Meloni a strappargli il record di mano, che a sua volta Letta aveva scippato a Giulio Andreotti.

Letta e’ il nipote di Gianni, storico collaboratore di Silvio Berlusconi. Si e’ occupato a lungo soprattutto di Europa e di economia. La sua carriera politica e’ iniziata nel Partito Popolare Italiano, di cui e’ stato vicesegretario dal 1997 al 1998. Il suo mentore e’ stato Andreatta, padre politico di Prodi. Non e’ conosciuto per le sue capacita’ comunicative e per il suo carisma, bensi’ per la sua compotenza, capacita’ tattica e flessibilita’.

Dopo le dimissioni in blocco di tutta la Segreteria del PD il 20 aprile scorso, in seguito alle vicende successive al mancato accordo sui nomi di Franco Marini e Romano Prodi al Quirinale, Letta e’ diventato il reggente del Partito, almeno fino al prossimo congresso.

Il nome di Giuliano Amato, tra i partiti, risultava il più gettonato alla vigilia, specie nel caso fosse stato affiancato da altre personalità politiche di esperienza nei dicasteri chiave, e cioé Esteri, Tesoro, Difesa. Ma il Pd, pur lasciando mano libera al Capo dello Stato, ha sottolineato all’inquilino del Quirinale l’indigeribilità di Amato per molti dei propri deputati.

Per questo Napolitano deve aver allora pensato a Enrico Letta. Ed anche per questo motivo si è preso qualche ora in più di riflessione. Per le altre caselle si parla di Fabrizio Saccomanni al Tesoro, di Mario Monti agli Esteri e di Emma Bonino, che andrebbe giu’ anche al M5S, alle politiche comunitarie.

Agli Esteri così come alla Difesa, potrebbe essere chiamato Massimo D’Alema, o forse Walter Veltroni, mentre è plausibile la conferma di Anna Maria Cancellieri all’Interno. La sua collega Paola Severino vuole invece lasciare la Giustizia e a via Arenula potrebbe approdare Niccolò Zanon.

Infine c’é il tema dei vice premier con Mario Mauro, di Scelta Civica, e Angelino Alfano, segretario del PdL, in pole position, ma con qualche mal di pancia del Pd a vedere il proprio numero due a fianco di quello del partito di Berlusconi.

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Enrico Letta tornerà probabilmente domenica al Colle per sciogliere la riserva. E’ quanto si apprende da fonti vicine al presidente incaricato. La fiducia del Parlamento è prevista per lunedì. Quanto ai numeri del governo ci si muove sul solco di Monti, quindi intorno ai 18 ministri.

Enrico Letta ha avuto molti incontri e colloqui, anche telefonici, in vista dell’appuntamento con Napolitano, che quasi sicuramente sara’ non prima di domenica.

Una parte del lavoro svolto oggi ha riguardato la parte organizzativa, soprattutto con lo staff. Insomma, si fa sapere da fonti a lui vicine, Letta intende condurre in porto la nascita del governo senza brusche accelerazioni, ma in tempi comunque brevissimi dato che fin da domani mattina, 25 aprile, comincera’ le sue consultazioni a Montecitorio.

Se tutto andra’ per il meglio, il presidente incaricato intende sciogliere la riserva nel week end, probabilmente proprio domenica, per poi affrontare lunedi’ il giudizio delle Camere. Difficile, peraltro, assicurare la presenza di tutti i parlamentari prima di lunedi’.

Ben conoscendo le necessita’ e il funzionamento della macchina del governo, fanno osservare poi i suoi piu’ stretti collaboratori, Letta non e’ intenzionato a ridurre eccessivamente il numero dei ministri. In queste ore si e’ parlato di 12 dicasteri, ma l’orientamento del presidente incaricato e’ di mantenere piu’ o meno i criteri numerici e operativi del governo Monti: intorno ai 18 ministri.

Nulla viene lasciato trapelare pero’ sull’equilibrio tra ‘tecnici’ e ‘politici’ del nuovo esecutivo, nonostante le pressioni che giungono soprattutto dal Pdl per una connotazione molto politica del governo.

Letta ci prova: governo di servizio e non a tutti i costi
Ne’ di scopo, ne’ del presidente, ne’ delle larghe intese. Sara’ “un governo di servizio al Paese” e “non nascera’ a tutti i costi, ma solo se ce ne saranno le condizioni” quello che Enrico Letta, ricevuto l’incarico pieno da Giorgio Napolitano, vuole formare.

E il giovane premier incaricato, che sciogliera’ la riserva dopo le consultazioni ufficiali di domani, ha gia’ chiaro quali massi rischino di bloccare l’ingranaggio di un esecutivo fatto insieme, loro malgrado, dalla destra e dalla sinistra. Perche’, lo ha detto il Capo dello Stato, “la prospettiva di un governo condiviso e’ l’unica alternativa possibile”.

Prima ancora che fosse ufficiale l’incarico a Letta, il Pdl ha piantato i suoi paletti: subito un governo vero, serio, politico, se no meglio il voto, ha esordito al mattino Angelino Alfano (vicepremier in pectore, insieme a Mario Mauro di Scelta Civica).

E nelle prime trattative informali, Silvio Berlusconi ha calato sul tavolo i suoi assi: il ministero della Giustizia al Pdl, no alla conferma della Cancellieri al Viminale, nero su bianco la restituzione dell’Imu sulla prima casa, nessun veto sui nomi scelti dal Cavaliere (Schifani, Brunetta, Gelmini, Cicchitto, Romani).

“Siamo in terra incognita, passo passo si capiscono modalita’ e obiettivi. Ma sono fiducioso. Il primo pomeriggio di lavoro mi conferma tutta la grande difficolta’, ma sono talmente tanti i messaggi e le spinte di incoraggiamento ricevute che ne traggo uno spirito molto rinfrancato”, si trincera a sera dietro un cauto ottimismo Letta che conta di salire al Quirinale entro domenica e di ottenere la fiducia delle Camere lunedi’.

Intanto il Pd deve intanto fare i conti con i suoi mal di pancia, sciogliere nodi che ancora ci sono, decidere sul grado di coinvolgimento nel governo con il “giaguaro”. Il rischio di una nuova frattura a sinistra per l’accordo con Berlusconi c’e’. Per questo Letta riunisce senza ufficialita’ i big del partito, a partire dal segretario dimissionario Pier Luigi Bersani.

“Non e’ uscita una maggioranza, sono passati sessanta giorni, il Paese ha bisogno di un governo”, ricorda a tutti Letta, che al Quirinale e’ arrivato nella massima sobrieta’: giaccone marrone sportivo sopra il gessato grigio, monovolume di famiglia, con tanto di seggiolini per i bimbi.

“Io ce la mettero’ tutta” assicura Letta, classe 1966, appoggiato con forza da Giorgio Napolitano che confida nel successo del suo pupillo. Se Letta fallisse ci sono non solo le elezioni, ma le possibili dimissioni del riconfermato Presidente della Repubblica. Il Pdl non dara’ infatti stavolta appoggio ad un esecutivo che non abbia “il sostegno reale, visibile” dei Democrats (“che non ci sia un nuovo caso Marini”, alza la voce Alfano) e vuole in pista nomi di peso, non seconde file.

Se Quirinale e Palazzo Chigi sono del Pd, Berlusconi (che avrebbe preferito Amato) considera ora logico chiedere posti di peso al governo. E storce il naso sulla presenza di Mario Monti e sulle molte riconferme ipotizzate per i suoi ministri (Cancellieri, Riccardi, Moavero).

La Lega riflette se accendere il semaforo verde. Scelta Civica e’ pronta gia’ da tempo. E il Movimento 5 Stelle affonda, con Beppe Grillo: “A Roma si stanno dividendo le ossa e le poltrone della Seconda Repubblica. Nel frattempo l’economia non aspetta”. Ma ormai il giovane Enrico e’ partito. E avverte tutti: “se si rivotasse ora l’effetto blocco sarebbe uguale a quello attuale e non ce lo possiamo permettere”.