Nei primi tre mesi del 2007, le importazioni del Giappone dall’Italia sono aumentate del 6,3 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo il valore di 1.898 milioni di dollari Usa, mentre le esportazioni verso il nostro Paese sono cresciute del 5 per cento totalizzando 1.721 milioni. Con lo stesso riferimento gennaiomeno marzo, le importazioni del Giappone dal mondo sono aumentate del 4,4 per cento (assestandosi a 144.792 milioni di dollari) e le esportazioni del 10,4 per cento (assestandosi a 166.752 milioni), determinando un sensibile accrescimento (più 78,4 per cento) dell’avanzo commerciale. Secondo la provenienza geografica, le importazioni sono cresciute sensibilmente dalla Cina (7,6 per cento), dall’Australia (10,6 per cento), dalla Thailandia (11 per cento) e dalla Russia (83,4 per cento) che ha cominciato a fornire petrolio. Nella media è risultato invece l’aumento degli Stati Uniti (4,2 per cento). Riguardo alle forniture dei Paesi appartenenti all’Unione europea (più 5 per cento), la Germania ha perso il 2,5 per cento, mentre la Francia ha guadagnato l’8,9 per cento. Le esportazioni del Giappone sono aumentate più della media verso la Cina (17,2 per cento), la Germania (15,1 per cento) e l’Australia (12,6 per cento). La debolezza dello yen sembra favorire il flusso delle esportazioni dirette verso l’Unione europea. L’unica perdita fra i Paesi considerati è stata registrata da Taiwan (meno 3,8 per cento). Osservando le forniture dall’Italia, i migliori aumenti sono stati quelli delle seguenti categorie merceologiche: gli apparecchi meccanici (più 8,7 per cento); gli autoveicoli e parti (più 15 per cento); i prodotti farmaceutici (più 9,8 per cento); le macchine elettriche (più 11,4 per cento, rappresentate per il 40 per cento dai circuiti integrati); i pesci e frutti di mare (più 61,9 per cento, soprattutto filetti surgelati di tonno); le materie plastiche (più 22 per cento); i profumi (più 28,6 per cento). Seppur moderatamente, crescono anche i vari settori agroalimentari, mentre arrivano segnali discordanti dal comparto della moda. I settori che hanno accusato le perdite maggiori sono i prodotti chimici organici (meno 13,8 per cento), gli strumenti d’ottica e di misura (meno 10,4 per cento), i mobili (meno 7,2 per cento) e la gioielleria (meno 4,3 per cento).
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