Economia

Fmi loda la Cina: “avanti con le riforme, bene progressi nel libero scambio”

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Nel mirino degli Stati Uniti per le sue politiche commerciali, la Cina incassa invece la benedizione del Fondo Monetario Internazionale. In un documento diffuso alla fine delle consultazioni svolte con Pechino in merito all’analisi annuale dell’economia cinese, l’istituto di Washington “dà il benvenuto al forte impegno delle autorità nei confronti del libero commercio e del multilateralismo”.

Il Fondo ha spiegato che

“le tensioni commerciali dovrebbero essere risolte in modi che sostengono e rafforzino il sistema commerciale internazionale e l’economia globale”.

Nel frattempo il Fondo di Christine Lagarde brinda ai progressi fatti da Pechino sul fronte delle riforme, che “hanno ridotto i rischi del settore finanziario” con passi avanti nella “riduzione dell’eccesso di capacita’” e negli sforzi per ridurre l’inquinamento.

“La crescita del credito è rallentata di molto ma resta forte”, ha spiegato l’Fmi. “L’avanzo delle partite correnti è sceso dello 0,4% all’1,4% del Pil nel 2017 ed è visto calare allo 0,9% nel 2018 per via del “deterioramento dei termini del commercio”.

Il Fondo chiede alla Cina di permettere al mercato di avere un ruolo maggiore e di ridurre quello pervasivo dello stato in molti settori. Il Pil, salito del 2,9% nel 2017 grazie a un rimbalzo ciclico e del commercio, è visto crescere del 6,6% nel 2018 per via di una stretta regolatoria nella finanza e di un calo della domanda esterna. I rischi non mancano, inclusa la disputa con il presidente Usa Trump. E se la Cina frena, tutto il mondo ne risentirà.

La prima economia al mondo lo scorso 6 luglio ha introdotto nuovi dazi per 34 miliardi di dollari contro la Cina, già colpita con tariffe doganali su acciaio e alluminio e che ha risposto con equivalenti ritorsioni.

Intanto, gli analisti di Goldman Sachs, in una nota, fanno notare che  il fatto che la Ue e gli Usa mercoledí scorso abbiano abbiano raggiunto una tregua commerciale, peggiorerà la disputa sull’asse Washington-Pechino.

E ci sono anche analisti che sono cauti sulle prospettive negoziali tra Washington e Bruxelles visto che possono sempre deteriorarsi come successo con quelle tra Usa e Cina.