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Fincen Files, inchiesta su riciclaggio imbarazza le grandi banche internazionali

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Dopo i Panama Papers, il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) scoperchia un nuovo caso sul lato oscuro della finanza internazionale. I Fincen Files, questo il nome della nuova inchiesta, accendono un faro sul riciclaggio di denaro sporco indirizzato verso società offshore.

Un fiume di denaro da oltre 2mila miliardi di dollari che passa attraverso operazioni sospette veicolate da alcuni fra i maggiori istituti bancari. Tecnicamente si tratta di Sar, Suspicious activity report, ovvero di operazioni denunciate alle autorità perché, per l’appunto, ritenute a rischio riciclaggio.

Secondo quanto anticipato dall’Espresso, partner italiano dell’inchiesta che sarà pubblicata a puntate nel corso delle prossime settimane, Deutsche Bank detiene il primato delle operazioni sospettate di riciclaggio in termini di controvalore: 1.300 miliardi di dollari. Le operazioni sono concentrate principalmente nel decennio che si conclude con il licenziamento del ceo Josef Ackermann nel 2012.
Fra gli altri grossi nomi, seguono Jp Morgan (514 miliardi di operazioni sospette, Standard Chartered (166 miliardi) e Bank of New York Mellon (64 miliardi).

L’impatto di Borsa sulle azioni delle banche coinvolte nel caso è stato assai forte. Oggi, 21 settembre, Deutsche Bank cede oltre il 7%, Jp Morgan il 3,3%, Standard Chartered (il 5,12%) BNY Mellon il 2,4%.

Nel dettaglio l’inchiesta si basa “su documenti riservati del Tesoro americano”, riferiti a un periodo compreso fra il 2000 e il 2017, ottenuti da BuzzFeed News e condivisi con il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi.

Le singole storie dell’inchiesta, che aspettano di essere raccontate nel dettaglio, coinvolgerebbero trasferimenti di denaro ad opera di narcotrafficanti, terroristi, mafiosi, evasori fiscali.
A beneficiare di questi trasferimenti sospetti sarebbero stati anche uomini chiave dell’entourage di Donald Trump come l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn e l’ex responsabile della campagna elettorale presidenziale del 2016, Paul Manafort (condannato per frode fiscale).

La replica di Deutsche Bank

Deutsche Bank, la banca più colpita dalle rivelazioni dell’inchiesta ha replicato affermando che “l’ICIJ ha riferito su una serie di questioni storiche… ben note ai nostri regolatori. Le problematiche sono già state indagate e hanno portato a delibere regolamentari in cui la cooperazione e la bonifica della banca sono state pubblicamente riconosciute. Ove necessario e appropriato, è stata applicata la gestione delle conseguenze”.

E ancora: “Nella misura in cui le informazioni a cui fa riferimento l’ICIJ derivano da SAR, va notato che si tratta di informazioni che vengono individuate proattivamente e presentate dalle banche ai governi ai sensi della legge. Le SAR sono allarmi di potenziali problemi, non fatti provati”.

Le “banche che lanciano l’allarme sui bonifici più anomali, ma non li fermano”, ha concluso l’Espresso nell’articolo di presentazione dell’inchiesta, “o si svegliano con anni di ritardo, quando scoppia uno scandalo e i tesori sono ormai spariti. E colossi bancari costretti a risarcire centinaia di milioni, o miliardi, dopo aver ammesso di riciclato per anni soldi sporchi di mafiosi, terroristi, evasori e criminali di ogni tipo”.