Economia

Fed non toccherà i tassi, 2019 sarà all’insegna del wait-and-see

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Fari del mercato puntati sulla Federal Reserve, che oggi chiuderà la due giorni di riunioni, annunciando le sue decisioni in materia di politica monetaria. Il mercato dà per scontato la conferma dell’attuale livello dei tassi sui Fed Funds nella forchetta tra 2,25-2,50%.

Ma, alla luce del fatto che da ora in poi qualsiasi riunione sarà seguita da una conferenza stampa, l’interesse degli operatori per l’appuntamento è particolarmente elevato. Dopo la stretta varata a dicembre, la Fed ha fatto sapere che, causa le numerose tensioni, i rialzi messi in campo (quattro nel 2018 che hanno portato il totale a nove), sono destinati a rallentare.

Per l’anno in corso, la Fed dovrebbe dunque cambiare strategia rispetto al passato. Secondo John Bellows, Portfolio Manager e Research Analyst di Western Asset, affiliata Legg Mason:

“L’approccio potrebbe essere riassunto come una strategia attendista – “wait-and-see” – con la quale i funzionari si basano soprattutto sui dati effettivamente registrati, e in particolare sui dati reali relativi all’inflazione”.

Una conferma del cambio di rotta è stato delineato dal governatore della Fed, Jerome Powell, nel suo ultimo discorso di Jackson Hole. Discorso in cui Powell, ha minimizzato l’importanza delle stime empiriche del tasso neutrale, e ha evidenziato piuttosto l’importanza della dipendenza dai dati reali.

“Se il discorso di Jackson Hole ha delineato una possibile via da seguire, il problema è che la transizione verso questa nuova strategia è stata finora molto titubante. In diversi casi Powell e altri membri della Fed hanno confuso le acque, ritornando apparentemente indietro, o semplicemente non essendo chiari sul loro impegno verso questo nuovo approccio” ha spiegato Bellows che, guardando al 2019, ha detto: “Ci aspettiamo che l’approccio di Jackson Hole prenda gradualmente piede, ponendo fine alle vecchie strategie, e che la Fed giunga pienamente ad una strategia attendista nel corso del 2019”.

Questo per diverse ragioni, secondo l’esperto. In primo luogo, un rallentamento della crescita USA contribuirà a convincere la Fed sul fatto che la politica monetaria non è più accomodante. In secondo luogo, l’inflazione continua a non raggiungere l’obiettivo del 2% voluto dalla Fed, mettendo in discussione la validità stessa dei suoi modelli. In terzo luogo, nell’attuale contesto, l’obiettivo generale della Fed sarà quello di proteggere ed estendere la ripresa economica.  Una recessione nel prossimo anno o due sarebbe particolarmente impegnativa per la Fed, che dovrebbe fare i conti con lo scarso margine di manovra per la riduzione dei tassi d’interesse, un bilancio già di dimensioni notevoli e l’incertezza sul sostegno della politica fiscale.

In quarto e ultimo luogo, la reazione al rialzo di dicembre potrebbe essere uno stimolo all’adozione di una nuova strategia in tempi brevi. Commentatori e analisti di ogni fazione hanno evidenziato la debolezza delle motivazioni per ulteriori rialzi, soprattutto se si considera il basso rischio di inflazione. La volatilità dei mercati ha messo in luce l’incertezza sul futuro e – come ha detto lo stesso Powell – quando le prospettive sono incerte, è meglio procedere con cautela.