Economia

Eurozona: si allarga forchetta tra Paesi virtuosi e indebitati

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BRUXELLES (WSI) – Gli ultimi dati macro sono l’ennesima dimostrazione che la forchetta tra area core e periferia si sta allargando in Eurozona.

In netto contrasto rispetto a quello francese, l’indice Pmi sul settore privato tedesco ha ottenuto un ottimo risultato in novembre.

La maggiore economia dell’Eurozona ha visto l’attività dell’industria manifatturiera crescere ai massimi di 29 mesi di 52,5 in novembre dai 51,7 di ottobre, mentre le cifre sul settore dei servizi hanno evidenziato un rialzo a quota 54,5 da 52,9, un risultato che vale i massimi di nove mesi.

Di tutt’altra intensità i dati analoghi francesi, che anzi fanno temere agli economisti il ritorno in una fase di recessione. L’indice PMI misurato da Markit è stato più basso del previsto, indicando che il settore privato della seconda maggiore economia del blocco a 18 subirà una contrazione per la prima volta in tre mesi.

L’indice manifatturiero è scivolato ai minimi di sei mesi in area 47,8 da 49,1. Un numero inferiore ai 50 punti equivale a una fase di contrazione. Il mercato scommetteva su un lieve miglioramento a quota 49,5.

Nel frattempo, sempre nel mese di novembre, il settore dei servizi è inaspettatamente sceso ai livelli più bassi di quattro mesi a quota 48,8. In ottobre aveva raggiunto i 50,9 punti. Anche in questo caso gli economisti sono rimasti delusi, dal momento che si aspettavano un incremento moderato in area 51.

Tim Moore, senior economist di Markit, ha detto che i dati tedeschi sono un chiaro segnale del fatto che la crescita dell’economia sta guadagnando slancio nell’ultimo quarto del 2013. D’altronde i nuovi affari stretti nel settore privato sono aumentaati al ritmo più sostenuto da quasi due anni e mezzo.

Le condizioni economiche a cui le società devono far fronte stanno migliorando. Sono dati incorraggianti, secondo Moore, che fanno pensare a “un miglioramento delle spese negli investimenti e della creazione di posti di lavoro”.

Se Berlino può fare affidamento su una bilancia dei pagamenti molto elevata, pari al 7% del Pil (si parla di 1.791 miliardi di euro), da parte loro, la Francia e le economie più fragili del Sud d’Europa arrancano, riponendo qualche speranza nell’indebolimento momentaneo dell’euro, grazie alle dichiarazioni pronunciate da una fonte del board della Bce circa una possibile revisione al ribasso al -0,1% del tasso sui depositi di cash che le banche commerciali parcheggiano presso l’istituto di Francoforte.

I dati del mese in corso suggeriscono che, almeno secondo i calcoli di Markit, l’economia tedesca dovrebbe chiudere l’ultimo trimestre dell’anno con una crescita dello 0,5%.

In novembre l’indice composito tedesco, che unisce il PMI del settore manifatturiero a quello dei servizi, è salito ai massimi di 10 mesi a quota 54,3 dai 53,2 di ottobre.

La buona notizia proveniente dall’Eurozona in ambito macro è che il settore privato ha registrato una crescita per il quinto mese di fila in novembre. Quella cattiva è che la crescita attraversa un periodo di rallentamento e che da due mesi consecutivi si verifica una frenata dell’espansione. Ciò suggerisce che l’attività sta perdendo forza e che l’incremento del prodotto interno lordo dell’area dell’unione monetaria dovrebbe essere di appena lo 0,2% nel quarto trimestre.

I dati mettono pressione sulle autorità europee e sopratutto sulla Banca centrale europea, chiamata a fare di più per impedire una seconda fase di recessione dopo quella durata due anni da cui l’area euro è appena uscita. Dimostrano inoltre che Mario Draghi ci aveva visto giusto quando ha deciso a sorpresa di tagliare i tassi ai nuovi minimi storici dello 0,25% nell’ultima riunione di politica monetaria.

Durante un’audizione presso la Commissione Economica-Lavoro del Parlamento Ue, Olli Rehn ha detto che In Europa “dobbiamo continuare il consolidamento” delle finanze pubbliche. Tuttavia, visto che “negli ultimi due anni gli squilibri si sono dimezzati, ora possiamo rallentare” e “ci possiamo concentrare sulle misure per la crescita, in particolare la fiscalità”.

La possibilità per l’Italia di utilizzare la clausola per gli investimenti nella finanziaria “dipenderà dalla spending review o altre decisioni” che diano spazio di manovra “sotto il 3%” di deficit. Quindi “ora la palla è nel campo dell’Italia ed essenzialmente del suo Parlamento”.