Economia

Eurozona: se la Germania non si piega, l’Europa si spezzerà

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ROMA (WSI) – Rivolgendosi al Parlamento tedesco all’inizio del suo terzo mandato come Cancelliera, Angela Merkel ha affermato che “la Germania sarà forte nel lungo termine, solo se tutta l’Europa lo sarà”.

Le prospettive per l’area euro sembrano ancora aride e mediocri, come osserva Bloomberg in un editoriale. La Commissione europea prevede infatti una crescita di appena l’1,1% il prossimo anno e una disoccupazione ancora oltre il 12%. Tuttavia sembra che in Germania e in alcuni altri Paesi stia riprendendo vita un certo sentiment di fiducia, grazie ad alcuni timidi segnali di ripresa.

Nel frattempo, invece, la situazione in Grecia (dove quasi il 30% dei lavoratori sono disoccupati), in Spagna (lo stesso) ed in altre economie deboli e fortemente indebitate non è cambiata per nulla e continua ad essere profondamente negativa.

Il problema è che se questa divergenza tra la convalescenza di alcuni Paesi e la “malattia cronica” di altri dovesse persistere, l’intera Unione potrebbe essere minacciata. Inoltre, il rigore fiscale in Europa meridionale, compensato solo da un limitato stimolo monetario da parte della Banca centrale europea, manterrà la disoccupazione a livelli insopportabilmente alti.

Di fronte a tutto questo, però, sembra che l’obiettivo principale della Germania sia comunque quello di mantenere una posizione ferma e rigida nei confronti dei Paesi meno fortunati. Tutta questa tensione sta già compromettendo l’Ue e, concettualmente, potrebbe addirittura spezzare l’area dell’euro.

A partire dal 2008, il crollo ha dimostrato che una zona a moneta unica ha bisogno di una forte cooperazione in materia di politica fiscale e finanziaria: il consenso su questo punto, infatti, sembra solido.

Nonostante ciò, però, gli elettori tedeschi resistono, riluttanti a fare ulteriori sacrifici per risollevare le sorti della periferia dell’Eurozona. Frau Merkel, intanto, dopo la sua vittoria nel mese di settembre, continua a coniugare richieste di “più Europa” (ossia una più forte supervisione dei governi dell’Europa meridionale), con un’insistenza sul meno Europa (vale a dire, pochi o nessun nuovo fondo per il sostegno finanziario reciproco).

Si dovrebbe mirare a rassicurare i mercati finanziari che la risoluzione, se necessario, sarà tempestiva ed efficace, purtroppo però non sembra sia ciò che fanno le nuove disposizioni, dall’Unione bancaria all’Esm.

I leader dell’UE non stanno nemmeno discutendo della sfida più grande della futura cooperazione fiscale: la necessità di muoversi verso una vera unione fiscale, con prestiti congiunti, un approccio coordinato alla riduzione del debito, e con la capacità di far scattare uno stimolo fiscale collettivo.

Le economie europee in crisi, peraltro, non possono aspettarsi degli aiuti senza delle “stringhe”. Il problema però è che i Paesi si vedono offrire sono solo “stringhe”, ma senza gli aiuti. La cancelliera tedesca deve spiegare ai suoi elettori che i loro interessi nazionali sono strettamente correlati a quelli dell’intero continente.

L’Unione europea potrebbe continuare a prosperare, non destinando i suoi Paesi membri più deboli ad una stagnazione di lungo termine sotto stretta sorveglianza, bensì facendo in modo che tutti i suoi stati avanzino insieme verso la crescita.