Economia

Euro: “se Germania non cambia Italia fuori”

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ROMA (WSI) – In assenza di crescita, il rapporto tra debito e Pil è salito del 15% in 15 mesi. “È tutta colpa degli effetti dell’austerità e del multiplicatore fiscale”, osserva al Telegraph l’analista Antonio Guglielmi di Mediobanca. “Stiamo facendo gli stessi errori della Grecia”.

“La recessione si è semplicemente smorzata” e i tassi di cambio stanno penalizzando l’Italia. La Germania deve cambiare le sue politiche in Europa, altrimenti Roma finirà per dover abbandonare l’area euro.

Il Governo Letta prevede un rialzo del Pil dell’1% l’anno prossimo, prima di crescere progressivamente dell’1,7% nel 2015 e dell’1,8 e 1,9% i due anni successivi. Sono previsioni ottimiste, tanto è vero che Citigroup vede un aumento vicino allo zero da qui al 2017.

“Siamo cresciuti a mala pena dell’1% l’anno durante i migliori anni del boom economico. Come riusciremo a registrare queste cifre in tempi molto più duri?”, si chiede Guglielmi.

Il professore della Luiss di Roma Giuseppe Ragusa sostiene che l’esecutivo spera che la ripresa mondiale aiuterà l’Italia a tornare a correre. “Non stanno facendo nulla. Le politiche sono completamente passive ma non funzioneranno, perché siamo bloccati nella trappola del debito e a differenza della Spagna abbiamo continuato a perdere competività nei confronti della Germania”.

Secondo i calcoli di Ragusa, il debito balzerà del 5% del Pil ogni anno anche se la crescita dovesse tornare ai livelli pre crisi di circa il +0,6%. Ciò spingerebbe il rapporto tra debito e crescita al 150%, oltre il punto di non ritorno per un Paese che non può contare su una moneta propria da poter svalutare.

Le politiche si salvataggio della Bce hanno spinto il Tesoro ha prendere in prestito titoli a breve termine (Draghi può infatti garantire solo per il debito non superiori ai tre anni). Questo fattore ha ridotto la media delle scadenze da 7,6 anni a 6,4 anni, aumentando i rischi.

“Ho paura che tutti questi elementi finiranno per essere messi sotto esame prima della fine del primo trimestre dell’anno prossimo”. I tassi di cambio in tutto questo non aiutano l’economia reale. Persino gli Stati Uniti hanno alzato la voce, criticando le politiche tedesche che creano squilibri nell’Eurozona ed esportano deflazione in tutto il mondo.

Da giugno l’euro ha guadagnato circa l’8% da inizio anno contro il dollaro, rafforzandosi anche nei confronti dello yuan cinese. Sorprendente come andamento per una regione, l’area euro, che ha tassi di disoccupazione record e che farà fatica a tenere il passo delle altre principali economie mondiali l’anno prossimo.
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Per Mediobanca, visto il tipo di prodotti fabbricati, l’Italia subisce l’impatto del tasso di cambio più della Germania (67% contro 40%). I dati a disposizione mostrano quanto la crescita della produttività e la competività abbiano subito conseguenze negative ogni volta che la moneta è salita di valore e quanto invece la situazione sia migliorata ogni volta in cui c’è stata una svalutazione.

L’Italia è entrata in una “spirale negativa della produttività” da quando ha legato la sua valuta alla Germania nel 1996, negli anni di preparazione all’entrata nell’Eurozona. Le autorità europee hanno spostato tutto il peso degli aggiustamenti post crisi sui Paesi del Sud d’Europa, rifiutandosi di vedere i rischi della spirale negativa di una recessione negli Stati Club Med.

Questi stati non possono stabilizzare i livelli debito con una crescita nulla. “Il Nord deve venire incontro al Sud”. Altrimenti il blocco a 17 è destinato a spaccarsi in due.