Economia

Escalation Dazi Cina-Usa: ecco vincitori e vinti

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Domenica scorsa la presidenza Trump ha nuovamente agitato la minaccia di nuovi dazi sulle importazioni dalla Cina, nel tentativo di imprimere una svolta ai negoziati sul commercio – presumibilmente giunti a un nuovo punto morto. Nel mirino ci sarebbero importazioni per un controvalore di 200 miliardi di dollari, alle quali verrebbe applicato un nuovo dazio al 25% (ovvero 15 punti in più rispetto alla tariffa doganale attualmente vigente).

Finora ogni innalzamento delle barriere commerciali americane ha incontrato un’analoga contromossa da parte della Cina. Il risultato, se si mettono a confronto gli scambi complessivi realizzati fra i due Paesi nel primo trimestre, è stata una contrazione in termini di valore pari a 25 miliardi di dollari – lo 0,5% del volume degli scambi globali. Per il momento ad averne sofferto di più è stata la Cina, che avrebbe lasciato sul campo della battaglia commerciale lo 0,3-0,6% del Pil contro lo 0,1-0,2% degli Usa, riferisce l’agenzia Reuters. Alcuni paesi esportatori, inoltre, hanno tratto beneficio dai dazi inflitti alla Cina – e dalla conseguente trade diversion. Mentre le importazioni statunitensi di mobili cinesi sono diminuite del 13,5% nel primo trimestre, l’arredamento del Vietnam ha visto crescere le sue esportazioni negli Usa del 37,2%, con un destino analogo per quanto riguarda le esportazioni da Taiwan (+19,3%). Se i frigoriferi importati dalla Cina sono diminuiti del 24,1%, quelli provenienti dalla Corea del Sud e il Messico sono balzati del 32%.

Anche se finora è stato il Pil cinese ha subire il colpo maggiore, alcune imprese americane potrebbero incontrare problemi rilevanti se il confronto sul commercio volgesse per il peggio. Secondo, Mark Haefele cio di Ubs Wealth Management i dazi reciproci potrebbero comportare una riduzione dei profitti aziendali americani del 5%, il cui impatto potrebbe colpire la capitalizzazione di mercato del 10-15%. Anche in questo caso, però, le controparti cinesi avrebbero ancor più da temere, con un crollo potenziale del valore azionario del 15-20, secondo Haefele.