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Eni: esplorazioni a tempo di record per rispondere a tsunami petrolio

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Crollo dei consumi di gas in Europa; calo della domanda di petrolio e del margine di raffinazione; caduta del prezzo del greggio. Per rispondere alle nuove sfide del mercato Eni ha messo in atto un processo di trasformazione dell’azienda. Che ha portato il gruppo del cane a sei zampe a diventare una società oil&gas integrata. Non solo. Il colosso energetico ha saputo ristrutturare il mid-downstream per recuperare redditività e soprattutto ha rafforzato il business upstream, puntando sull’esplorazione per renderlo competitivo anche in uno scenario di prezzi bassi.

Un cambiamento strutturale, dunque, frutto di un processo di trasformazione del modello di business, che ha consentito all’azienda di ridurre la neutralità di cassa (il livello in cui il flusso operativo permette di ripagare gli investimenti) da 127 dollari al barile nel 2013 ai 46 di oggi.

Nel dettaglio, il modello upstream di Eni è basato sulla forza della sua esplorazione, che offre una grande base di risorse a costi bassi, assicurando flessibilità nel breve termine e alimentando la crescita nel lungo. La strategia esplorativa è guidata dagli obbiettivi di rapidità del “time to market” e dell’ottimizzazione dei costi nel convertire le scoperte in produzioni.

Questo approccio garantisce uno sviluppo più rapido, che si sovrappone alle fasi esplorative, accelerando l’intero processo. Dal 2008, Eni ha scoperto 13 miliardi di barili di risorse, 2,5 volte il volume della produzione equity dello stesso periodo. Tutte le scoperte effettuate nel campo petrolifero sono convenzionali e diffuse in circa 10 bacini diversi.

Circa ogni 3 anni l’azienda ha scoperto un giacimento “giant” o “supergiant” e il costo medio unitario di esplorazione è pari a 1,2 dollari al barile, pari al 20% del costo medio del settore. In questo senso il “dual exploration model” è un elemento strutturale della strategia Eni che consente di generare cassa in anticipo, valorizzando l’esplorazione e arrivando prima degli altri ad estrarre il first oil. Grazie a questa formula negli ultimi 4 anni l’azienda ha incassato 9 miliardi di dollari, un valore decisamente superiore rispetto ai costi di esplorazione sostenuti. Allo stesso tempo grazie a queste cessioni Eni ha ridotto gli investimenti e l’esposizione finanziaria.

I sette progetti “da record” di Eni

La nuova strategia del gruppo ha trovato applicazione in sette progetti di esplorazione portati avanti negli ultimi anni: si tratta di West ed East Hub in Angola, di Nooros e Zohr in Egitto, di Marine XII in Congo, di Jangkrik in Indonesia e di OCTP in Ghana.

Tutti i progetti sono stati realizzati con importanti risparmi anche in termini di costi e minimizzando la esposizione iniziale grazie al ridotto time to market. Si tratta di progetti con tipologie diverse, in acque profonde (Zohr, OCTP e West ed East Hub, Jangkrik) o più vicino alla costa (Nooros e Marine XII) che consentono lo sviluppo di volumi di idrocarburi in posto stimati in oltre 15 miliardi di barili equivalenti.

I sette sviluppi confermano il valore del nuovo approccio Eni alla realizzazione progetti focalizzato ad accelerare il time to market e basato su:

  • a) Massima integrazione tra esplorazione e sviluppo a partire dalle prime fasi della campagna esplorativa. Si tratta del cosiddetto “design to cost” in cui durante l’esplorazione vengono svolte in simultanea attività di analisi propedeutiche allo sviluppo.
  • b) Lo sviluppo in fasi che consente di realizzare inizialmente facilities di produzione semplificate, o usare impianti esistenti per anticipare il cash flow e raccogliere informazioni utili per la definizione del piano di sviluppo finale.
  • c) La sinergia con gli asset esistenti. La strategia di fare esplorazione in prossimità di campi in produzione, strategia denominata “near field exploration” o di prossima entrata in produzione, denominata come “esplorazione incrementale” consente ad Eni di massimizzare le sinergie con gli impianti esistenti e futuri.
  • d) La riconversione di asset non utilizzati come avvenuto con la piattaforma del Golfo del Messico ricollocata in Congo nel campo di Marine XII.

Eni, inoltre, lavorando nell’ottica di una trasformazione in atto verso un’economia sostenibile, ha creato una strategia di transizione energetica integrata, che si basa su un piano di azione volto a ridurre le emissioni di CO2 e migliorare al contempo l’efficienza delle attività.