Economia

Economia, ombre sulla ripresa. Sei rischi per il post-Covid

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A cura di Nikolaj Schmidt, Chief International Economist, T. Rowe Price

L’allentamento del lockdown ha generato una ripartenza dell’attività economica globale nelle ultime settimane. Tuttavia, molte aziende potrebbero non sopravvivere per via delle ingenti perdite subite, e milioni di persone hanno perso il lavoro.
La ripartenza evolverà in una ripresa economica duratura o andrà incontro a una fine precoce? A nostro avviso vi sono sei rischi chiave che rappresentano sfide impegnative per la ripresa. Eccoli nel dettaglio.

1) Una seconda ondata di Covid-19
Quasi tutti i Paesi al mondo sono ben lontani dai livelli di contagio che garantirebbero limmunità di gregge, mentre potrebbe volerci un certo tempo perché sia disponibile un vaccino.
La domanda cruciale è quindi se il distanziamento sociale applicato con buon senso permetterà di riaprire le economie senza far aumentare i tassi di contagio. L’esperienza di Corea del Sud, Singapore e alcuni segnali dall’Europa fanno ben sperare da questo punto di vista.

2) Tensioni USA-Cina
Le elezioni presidenziali USA incombono e la Cina è sempre più raffigurata come il cattivo della storia sia da parte dei repubblicani che dei democratici. Il fatto che il gigante asiatico appaia in testa nella corsa tecnologica rappresenta per gli Stati Uniti una sfida persino più ardua di quella posta in passato dall’Unione Sovietica.

L’incertezza nelle relazioni tra le due potenze, la pressione a spostare le supply chain e le restrizioni alle esportazioni di tecnologia sono venti contrari per la crescita e rischi per la ripresa. È ancora possibile che Trump si ritiri dall’accordo Phase 1 per galvanizzare i propri elettori. Nel complesso, pensiamo che l’accordo sopravviverà, ma la nostra certezza sta diminuendo. Altri rischi potenziali riguardano le vicende delicate di Hong Kong e Taiwan.

3) Indebitamento delle società USA
Le società non finanziarie statunitensi si sono indebitate in modo significativo negli ultimi anni: il debito di queste aziende è passato dal 66% del Pil nel 2012 al 75% nel 2019 secondo la Fed. Questo fa sorgere la domanda se sia in arrivo uno tsunami di default societari, che provocherebbero perdite significative nei bilanci degli intermediari finanziari.

Tuttavia, siamo meno preoccupati rispetto alle aspettative del consensus, per tre ragioni. Innanzitutto, il debito è stato emesso con tassi di interesse molto bassi, quindi i costi di servizio sono contenuti.
In secondo luogo, il governo ha fornito un forte sostegno alle società. Infine, i bilanci degli intermediari sono molto più solidi rispetto all’ultima crisi. I nostri modelli interni prevedono un tasso di default per il credito high yield USA del 7-9%. Ovviamente, se l’economia fosse colpita da uno shock come un secondo lockdown, salterebbero tutte le previsioni, dato che nessuna società può sopravvivere senza ricavi.

4) Consolidamento fiscale nei mercati sviluppati
I governi in tutto il mondo sono intervenuti con decisione a sostegno delle proprie economie durante la crisi. Tra i mercati sviluppati, la maggior parte dei Paesi dispone delle infrastrutture istituzionali per monetizzare i deficit attraverso il quantitative easing, quindi l’accumulo di debito non ci preoccupa più di tanto in quest’area.

Un aspetto più critico è se la crescita economica sarà in grado di resistere ai venti contrari che si scateneranno quando i Paesi saranno costretti ad entrare in un regime di consolidamento fiscale, adottando politiche per ridurre i deficit e l’accumulo di debito. Crediamo che il consolidamento seguirà un percorso simile a quello dell’ultima crisi, quando le misure temporanee erano state estese il più possibile e poi sollevate solo gradualmente. Tuttavia, se le autorità si trovassero sotto pressione e dovessero ridurre i deficit più rapidamente, potrebbero agire in maniera inaspettata.

5) Crisi fiscale nelle economie emergenti
La traiettoria fiscale dei mercati emergenti invece è decisamente più preoccupante. La combinazione di deficit troppo ampi e impossibilità di fare affidamento sulla monetizzazione per via delle infrastrutture istituzionali più deboli fa aumentare la probabilità che le misure fiscali generino fughe dalla valuta e, nei casi più gravi, impossibilità di rifinanziare il proprio debito. Tra i Paesi emergenti a rischio di crisi finanziaria vi sono Sudafrica, Brasile, Turchia e Colombia.
Ad ogni modo, i mercati emergenti – esclusa la Cina – rappresentano solo il 21% del Pil globale, quindi una crisi fiscale in quest’area, per quanto dannosa, avrebbe probabilmente un impatto gestibile.

6) Un’altra crisi dell’Eurozona
I Paesi dell’Europa meridionale hanno attraversato un decennio di crescita scarsa, che ha lasciato i cittadini frustrati e arrabbiati. La promessa che la moneta unica avrebbe portato prosperità per tutti non si è realizzata, rafforzando le correnti populiste. I danni economici della crisi attuale non faranno che rafforzare queste tendenze.

Il Recovery Fund da €750 miliardi proposto da Francia e Germania è un tentativo di fornire abbastanza solidità fiscale da arginare l’onda populista, ma resta da vedere se il piano avrà successo. Bisogna guardare ai dettagli: in particolare, temiamo che ci si possa incagliare nel dibattito sulle garanzie da fornire in cambio di prestiti e aiuti.
I passi in avanti verso la solidarietà fiscale europea sono incoraggianti, difficilmente questa sarà la fine del populismo. Crediamo che i Paesi europei più in difficoltà, dopo dieci anni di crescita minima, vadano incontro a un altro decennio di opportunità scarse – uno scenario certamente non ideale dal punto di vista della stabilità politica.

I policymaker dovranno affrontare sfide ardue

Quando si esaurirà il rimbalzo iniziale dell’attività economica legato alla fine del lockdown, emergeranno con più chiarezza le reali condizioni dell’economia, così come le tempistiche per la ripresa. Anche se nessuno dei singoli fattori elencati farà deragliare il recupero economico, la somma e l’interazione di questi rischi produrrà ostacoli e sfide per i governi.
Il modo in cui autorità e politici risponderanno a queste sfide sarà uno dei temi fondamentali dei prossimi anni.