Economia

Dubbi sul Recovery fund: l’Italia è in grado di spendere i fondi Ue?

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Mentre è stata spostata al primo gennaio 2021 la data di presentazione del piano italiano del Recovery Fund alla Commissione Europea, sono numerosi i dubbi che circolano sulla capacità di gestire i 209 miliardi di euro stanziati per il nostro Paese.

In passato, l’Italia ha mostrato di non essere in grado di spendere tutti i soldi europei. Si pensi per esempio al periodo tra il 2014 al 2020 quando l’Unione europea ha distribuito 643 miliardi di euro in finanziamenti attraverso i suoi vari programmi.

In questo arco di tempo, l’Italia, il secondo paese ad aver ricevuto più risorse dopo la Polonia, ha ricevuto 73 miliardi: 33 miliardi (44,6%), destinati al Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr); 21 miliardi (27,8%) per il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale; 17 miliardi (23,1%), destinato al Fondo sociale europeo; 2 miliardi, (3,1%) per il programma operativo per l’occupazione giovanile e infine quasi un miliardo (1,3%) per il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.

Del totale è stato ha speso solo il 38,5% contro media europea è dell’85%. Peggio di noi solo Spagna (33% spesi).

Recovery fund: disponibili solo metà dei fondi per nuovi progetti

Ad allungare un’ombra sul Recovery fund c’è poi la capacità di mettere a punto progetti di qualità, che diano un’effettiva spinta in avanti al Paese. Ma non solo. Resta poi da capire la questione del debito, che quest’anno il ministero dell’Economia lo vede in aumento fino quasi al 160% del prodotto lordo, dal 135%.
Ma che nei prossimi anni, secondo i piani, dovrebbe scendere, anche se a una condizione che non viene esplicitata.

Come spiega un articolo sul Corriere della Sera, i fondi del Recovery fund serviranno

“principalmente per sostituire con debito verso l’Unione europea il debito verso il mercato che lo Stato italiano avrebbe comunque contratto per finanziare vecchi progetti che esistevano già. In sostanza la spinta addizionale alla ripresa garantita dal Recovery Fund, in base ai piani attuali, vale circa la metà dei 209 miliardi assegnati al Paese nel negoziato di Bruxelles. Il resto è sostituzione di debito con altro debito, a condizioni meno onerose, per pagare gli stessi piani di prima”.

Le perplessità di Bankitalia

Perplessità sono state sollevate anche dal Capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, Fabrizio Balassone, nel corso di una audizione parlamentare.
Secondo Bankitalia è necessario uno sforzo straordinario nell’attività di programmazione e una capacità di realizzazione che non sempre il Paese ha mostrato di possedere. L’impatto sull’economia del Recovery fund  (stimato da via Nazionale dall’1,5 al 3% entro il 2025) dipenderà anche dal miglioramento del contesto in cui si svolge l’attività imprenditoriale.
Sarebbe rischioso, chiarisco gli esperti, assumere che la disponibilità di maggiori risorse possa automaticamente tradursi in una crescita economica sostenuta e duratura senza un impegno continuo per il miglioramento della qualità dell’azione pubblica.
“Il rilancio della crescita sarà possibile solo se le risorse saranno impiegate in maniera produttiva. In caso contrario i problemi del Paese non sarebbero alleviati dal maggiore indebitamento, ma sarebbero accresciuti” sottolineano da Bankitalia.