Economia

Dove sono le miniere in Italia e perché sono strategiche

Il governo sta attualmente lavorando per agevolare la riapertura di diverse miniere in Italia. Questa notizia è stata comunicata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, durante un evento a Roma che ha visto la presentazione del nuovo think tank dell’università Luiss incentrato sui temi europei.

Urso ha affermato:

“Tre decenni fa eravamo una nazione con un’importante attività mineraria, poi abbiamo chiuso tutte le miniere. Ora è giunto il momento di riaprirle e, magari, anche di aprirne di nuove. Credo che entro la fine dell’anno avremo chiarezza su tutta la situazione riguardante l’estrazione e la lavorazione delle materie prime critiche in Europa, comprese le normative europee, italiane e il potenziale del nostro territorio. A quel punto, le imprese saranno in grado di presentare i loro progetti”. Il ministro ha inoltre specificato le tempistiche: “È probabile che entro la fine di quest’anno si concluda il percorso legislativo europeo sulle materie prime critiche, con l’approvazione di questo regolamento presentato dalla Commissione nel contesto del trilogo (Consiglio, Parlamento e Commissione). Nel frattempo, stiamo procedendo con una riforma legislativa interna per consentire a coloro che desiderano operare in Italia di farlo in un contesto di certezza. Verranno stabiliti limiti temporali per le autorizzazioni all’estrazione, fissati a due anni, e per la raffinazione, fissati a un anno. Attualmente, in Europa ci vogliono quindici anni per ottenere l’autorizzazione per l’estrazione da una miniera, mentre negli Stati Uniti sono necessari sette anni, in Canada due anni e in Cina tre mesi. A tal scopo, stiamo già aggiornando le mappe minerarie del Paese in collaborazione con il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin”.

In merito a queste mappe minerarie è naturalmente cresciuto l’interesse dei cittadini, forse nemmeno così consapevoli dell’esistenza di miniere in Italia. La stragrande maggioranza delle miniere in Italia sono andate in declino nel corso del ‘900 e sono infatti attualmente inattive o abbandonate, con circa un migliaio di miniere che riguardano l’estrazione di minerali metalliferi. Tuttavia, il problema è che questi giacimenti, rimasti inattivi per anni, devono essere rivalutati per determinare se abbia senso o meno riavviare l’attività estrattiva e quanto potrebbe essere realmente redditizia. Inoltre, la maggior parte di queste miniere si trova in aree protette. Per questo motivo, il Governo italiano sta chiedendo all’Unione Europea di prevedere deroghe nell’ambito del regolamento, in casi in cui l’interesse nazionale è in gioco.

Dove sono le miniere in Italia

Per capire dove sono custodite le ingenti quantità di materiali strategici nel sottosuolo italiano viene in aiuto un rapporto dell’Ispra.

Toscana e Lazio ricche di litio

L’Italia ospita uno dei giacimenti di litio più interessanti d’Europa, individuato dalla multinazionale australiana Altamin nella provincia di Viterbo e in Toscana. Tracce promettenti di questo “oro bianco” sono state rilevate nelle acque provenienti dagli impianti geotermici. Uno studio condotto dal Cnr ha identificato che anche nella zona lungo la catena appenninica, da Alessandria fino a Pescara, sono presenti manifestazioni termali.

Il litio è uno dei componenti fondamentali nella produzione di batterie per auto elettriche. Il suo valore è salito alle stelle, oggi vale oltre 45.000 dollari a tonnellata. La domanda è destinata quintuplicare entro il 2030, secondo una stima della presidente Ue Ursula von der Leyen. Oggi la produzione è concentrata tra Australia, Cile e Cina.

In Liguria uno dei più grandi giacimenti di titanio al mondo

Il titanio è incluso nell’elenco dei 34 materiali considerati strategici per il futuro, e attualmente la sua produzione è dominata da Russia, Cina e India. Tuttavia, l’Italia ospita uno dei più grandi giacimenti di titanio del pianeta, situato a Piampaludo, nell’entroterra della provincia di Savona. Si stima che questa montagna contenga almeno 9 milioni di tonnellate di minerale. Tuttavia, l’area potenziale per l’estrazione mineraria si trova all’interno del Parco regionale del Beigua, un’area protetta ad alto valore di biodiversità. L’estrazione avrebbe un impatto ambientale significativo. Nel 2021, erano stati autorizzati test di ricerca dalla regione Liguria, ma successivamente il Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) ha bloccato tali sondaggi.

In Piemonte una delle più alte concentrazioni di cobalto al mondo

Dal 18° secolo si conosce la presenza di minerali di cobalto nella regione delle valli di Lanzo, situata in provincia di Torino. In passato, il cobalto veniva utilizzato come colorante blu nell’industria ceramica, ma in seguito è caduto in disuso. Tuttavia, il cobalto ha riacquistato importanza come componente fondamentale nelle batterie di numerosi dispositivi digitali. Di conseguenza, l’industria del settore sta nuovamente interessandosi delle Alpi piemontesi, in particolare dell’area di Punta Corna, in collaborazione con l’azienda australiana Altamin. Le prime prospezioni indicano la presenza di una concentrazione di cobalto tra le più elevate al mondo in questa zona. Tuttavia, sorge la domanda se gli scavi per l’estrazione siano compatibili con la protezione dell’ambiente naturale, con l’economia della zona montuosa e con l’ecosistema circostante.

Ma cosa sono queste terre rare o materiali strategici di cui si sente tanto parlare?

Cosa sono le terre rare e perché le miniere sono così importanti

L’Unione Europea ha identificato 34 materie prime critiche, di cui 16 sono considerate anche strategiche per la transizione ecologica e digitale, nonché per settori come l’aerospazio, la difesa e la produzione di batterie, ad esempio per veicoli elettrici, pannelli solari e turbine eoliche. Si trovano all’interno di vari minerali sparsi in tutto il mondo, ma la loro “rarità” deriva dall’essere difficili da estrarre: non si trovano mai in alte concentrazioni e sono generalmente mescolati tra loro o con elementi radioattivi. Tra questi lo zinco, il palladio, il platino, il nichel, il manganese, il litio, il grafene e la grafite, il rame, il cobalto e la fibra di carbonio. Come ricordato dal ministro Urso, in Italia sono presenti 16 di queste 34 materie prime critiche.

Secondo uno studio realizzato dal gruppo Iren e Ambrosetti, al 2040 il fabbisogno italiano di materie prime critiche strategiche è previsto crescere fino a 11 volte rispetto a oggi. Nel 2040 il riciclo potrà soddisfare dal 20% al 32% del fabbisogno italiano annuale di materie prime strategiche superando il target del 15% fissato dalla Commissione Europea, a patto che vengano incrementati gli impianti: il potenziale attivabile richiede 7 nuovi impianti di metallurgia per un investimento complessivo di circa 336 milioni di euro.