Economia

Dimon lancia allarme: credibilità degli Stati Uniti a rischio per i dazi di Trump

Jamie Dimon, CEO di JPMorgan Chase nonché una delle voci più autorevoli di Wall Street, ha lanciato un monito senza precedenti: la guerra commerciale avviata dal presidente Donald Trump rischia di minare la credibilità degli Stati Uniti come ancora dell’economia mondiale.

Lo ha detto, senza mezzi termini, durante un’intervista al Financial Times, in cui ha invitato la leadership americana a riprendere un dialogo costruttivo con la Cina e con gli alleati internazionali, per evitare danni duraturi alla reputazione e alla stabilità economica del Paese.

Tariffe a sorpresa e mercati in subbuglio

L’allarme di Dimon arriva dopo il 2 aprile, giorno del cosiddetto “liberation day”, quando il presidente Usa ha annunciato dazi generalizzati e molto più severi del previsto su una vasta gamma di prodotti, in particolare dalla Cina. Questa mossa ha colto di sorpresa gli investitori, causando un’impennata dei rendimenti dei Treasury americani e una volatilità senza precedenti nei mercati finanziari.

Il crollo dei mercati “è stato disordinato perché si è trattato di un movimento rapido. Questo spaventa la gente”, ha detto il numero uno di Jp Morgan. Ma Dimon non si limita a una critica tecnica: il suo timore è che gli Stati Uniti possano perdere il ruolo di leader economico mondiale a causa del tentativo del Presidente di rimodellare il commercio globale.

“Non credo che nessuno abbia un diritto divino al successo”, afferma, sottolineando che l’America non può dare per scontata la sua posizione di forza. “L’instabilità generata dalle politiche protezionistiche mette in discussione lo status storico degli Stati Uniti come “rifugio sicuro” per investimenti, democrazia e prosperità”. A parere di Dimon, solo queste guerre tariffarie e commerciali non si placheranno e scompariranno, la gente potrà tornare a dire: “Posso contare sull’America”».

Recessione e default: scenari possibili

Le parole di Dimon sono ancora più gravi alla luce delle sue previsioni macroeconomiche. In un’intervista recente a Fox Business, il CEO di JPMorgan ha dichiarato che una recessione negli Stati Uniti è ormai uno scenario “probabile” se la strategia dei dazi non verrà rivista. Il rischio è quello di un aumento dei default aziendali e di una contrazione degli investimenti, con i CEO pronti a tagliare costi e spese in risposta all’incertezza.

“Penso che probabilmente sia questo l’esito più probabile – ha detto – perché quando vedi un calo di 2000 punti nell’indice Dow Jones Industrial Average, è un meccanismo che si autoalimenta”. Il crollo dei mercati – ha spiegato – “ti fa avvertire il fatto che stai perdendo soldi del tuo piano pensionistico e la risposta è che devi tagliare le spese”.

Dialogo con la Cina e alleanze: la ricetta di Dimon

Per Dimon, la soluzione è chiara: serve un immediato riavvio delle trattative con Pechino. “Non credo ci sia alcun dialogo in questo momento… ma non serve aspettare un anno, si potrebbe ricominciare domani”, ha dichiarato, sottolineando che “dovremmo essere chiari su cio’ che stiamo cercando di ottenere e penso anche che dovremmo farlo parlando con gli alleati. Vorrei che negoziassimo con l’Europa, con il Regno Unito, con il Giappone, la Corea, l’Australia, le Filippine e avere una relazione economica molto forte”.

L’alert di Dalio (Bridgewater Associate)

Ma Jamie Dimon non l’unica voce a Wall Street a vedere un futuro in grigio per gli Usa. Ray Dalio, fondatore del colosso degli hedge fund Bridgewater Associates, pochi giorni fa ha lanciato un allarme che ha fatto rapidamente il giro dei mercati internazionali: secondo il finanziere, gli Stati Uniti rischiano una crisi economica e sociale “peggiore di una recessione”.

Nel mirino di Dalio, anche in questo caso, ci sono soprattutto le politiche tariffarie promosse da Trump, in particolare l’aumento dei dazi sulle importazioni cinesi fino al 145%. Una mossa che, a suo avviso, equivale a “lanciare sassi nel sistema produttivo”, con effetti devastanti sulle catene di approvvigionamento globali e una crescente incertezza per le imprese americane. Dalio teme che tali azioni possano generare frizioni internazionali e danni strutturali all’economia reale.

Ma non è solo la politica commerciale a preoccupare il fondatore di Bridgewater. Il livello del debito pubblico statunitense, unito a un deficit federale giudicato insostenibile, rappresenta una minaccia concreta per l’equilibrio tra domanda e offerta di titoli di stato. Dalio propone di ridurre il deficit al 3% del PIL come misura urgente per evitare un collasso del sistema di finanziamento federale.

Un altro elemento di allarme è rappresentato dalla crescente polarizzazione politica e dalle disuguaglianze economiche: gli Stati Uniti – secondo il miliardario gestore di hedge fund – stanno attraversando un periodo di profonda instabilità interna che ricorda, per certi versi, gli anni Trenta. Il rischio, afferma, è quello di una frattura sociale che potrebbe portare a conseguenze ancora più gravi, fino a evocare scenari estremi come una crisi costituzionale o addirittura una guerra civile.