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Di Pietro pronto ad appoggiare Berlusconi, se vara le riforme

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Roma, 24 giu. (TMNews) – Tre quotidiani per confermare la svolta, possibile sostegno al Governo se varerà delle riforme. E’ la sfida lanciata dal leader Idv, Antonio Di Pietro, protagonista mercoledì di un colloquio alla Camera con il Premier e di una critica al centrosinistra e al segretario Pd Bersani per non averlo convocato.

“Berlusconi oggi è una persona sostanzialmente sola, che cerca di comprare la felicità che non ha. I miei sentimenti sono di humana pietas per lui”, dice Di Pietro al Corriere della Sera, chiarendo che “il mio giudizio politico non è cambiato. Il Governo Berlusconi non è né liberale né popolare”, e il Premier fa “il mago. Ma ormai gli italiani hanno scoperto la truffa. E non gli credono più. Per questo lo voglio sfidare. Porti in Parlamento la riforma fiscale, l’aumento delle imposte sulle aliquote finanziarie e il taglio di quelle sul lavoro, l’abolizione delle province e noi non ci tireremo indietro”.

Insomma “non faccio il salto della quaglia. Però vado oltre la storia della sinistra classica” anche perché Bersani “non ha ancora deciso con chi farla, l’alternativa”. E poi, spiega Di Pietro alla Stampa, “con il crollo del Cavaliere c’è tutto un elettorato che va riportato sulla retta via” basti guardare a quanti hanno votato ai referendum, 27 milioni “molti di più dei 17 che votarono centrosinistra alle politiche”. Anzi, azzarda al Fatto quotidiano, visto che nel centrosinistra “non succede nulla mi candido pure io, così dovremo parlare dei programmi che l’Idv vuole portare al governo del Paese”.

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Di Pietro: il Pd è un pachiderma. Non si vince soltanto con i no. La svolta di Tonino: «Dobbiamo intercettare i voti in uscita da destra»

di Fabio Martini

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I fautori della purezza lo hanno crocifisso via web per quella breve chiacchierata intrecciata a Montecitorio col “mostro” Berlusconi, ma Antonio Di Pietro non se la prende, perché la sua vera svolta è un’altra e lui la spiega così: «Con il crollo del Cavaliere c’è tutto un elettorato che va riportato sulla retta via. Ce lo hanno già detto i referendum: sono andati a votare 27 milioni di italiani, molti di più dei 17 che votarono centrosinistra alle Politiche.

A sta’ gente vogliamo spiegare il progetto dell’opposizione? Se il Pd è un pachiderma inerme che dice di no a tutto, ci penseranno forze più giovani come la nostra a rendere credibile l’alternativa». Morale della storia: «Io suono la sveglia: sbaglia chi pensa che la vittoria arriverà stando seduti». Effettivamente dentro il discorso pronunciato due giorni fa alla Camera erano contenuti i prodromi di una svolta moderata da parte dell’Italia dei Valori che potrebbe modificare l’offerta politica di tutta l’opposizione.

Le dietrologie sull’incontro col Cavaliere fanno sorridere, ma lei non ha dato una versione un po’ troppo omissiva di quella chiacchierata?
«Ma stiamo scherzando? Un signore mi si avvicina e mi dice buongiorno… Poveraccio che male ha fatto? Ma poi mi domanda: visto quanto è bello il mio discorso? Anzitutto gli ho risposto buongiorno, ma gli ho detto: la cosa migliore per il Paese è che lei se ne vada a casa. Che altro potevo fare? Scappare dal mio posto? Menargli? Se dovevo inciuciare con Berlusconi, lo facevo lì, davanti a tutti?».

Le proteste via Web?
«Certe dietrologie lasciamole a quelli che vivono criticando e hanno bisogno di farlo sempre e comunque, a prescindere».

Dal 2008 avete surrogato la sinistra radicale restata fuori dal Parlamento, ma ora che sono emersi interpreti più naturali – Vendola, Grillo – l’Idv si riconverte come ala legalitaria e moderata del centrosinistra?
«Quello spazio l’ho coperto e lo coprirò. Anche perché dobbiam dirla tutta: l’opposizione finora l’abbiamo fatta solo noi e l’Idv ha avuto un ruolo essenziale nel mandare in tilt l’attuale maggioranza con i referendum e con alcune candidature alle amministrative. Ma oggi dobbiamo essere in grado di proporci come alternativa».

La sinistra radicale riaffiora, ma le pare abbia riflettuto autocriticamente sugli errori commessi durante il governo Prodi?
«Più che un’autocritica, serve una scelta chiara: cosa vogliamo? La coalizione di tenuta democratica per buttar giù Berlusconi, va bene, ma altra cosa è costruire una credibile coalizione di governo. La politica del no a tutto, è la politica dell’asino di Buridano: quello no, quello no e poi muori di fame. Quanto a Vendola, lui vuole le Primarie, ma per fare cosa? Per capire cosa farebbe il candidato Vendola, potrei guardare in Puglia. Ma cosa sta facendo? Niente. O comunque nulla di rivoluzionario».

Dunque, le si propone di pescare anche nell’elettorato dell’Udc e in quello sinora potenziale di Fini?
«Io non voglio morire di inedia in attesa che il Terzo polo decida che fare. Nel sistema bipolare gli elettori liberaldemocratici che non vogliono buttare il proprio voto, se votano centrosinistra sanno di trovare nell’Idv un riferimento ben strutturato. Noi siamo una realtà liberaldemocratica che vuole dialogare con la sinistra ma non essere ghettizzati ideologicamente a sinistra. Lo Stato sociale va difeso ma il libero mercato non è un nemico da abbattere. Difendiamo i lavoratori, ma senza imprese i lavoratori non ci stanno. L’assistenzialismo fine a sé stesso non porta da nessuna parte».

Lei chiede un vertice delle opposizioni: per fare cosa?
«Per il Pd è finito il tempo di sentire applausi. L’unica cosa fatta che hanno fatto loro, dopo averci sparato addosso per i referendum, è stata quella di metterci il cappello sopra. Si sentono sempre i primi della classe, ma si devono fare da fare. Riconosco che il motore debba essere costituito dal partito di maggioranza relativa però suono la sveglia. Non possono pensare di andare a governare per caduta libera, soltanto in odio a Berlusconi. In fondo che ho detto a Bersani? Fai il leader! Lo faccia».

E’ come se il Pd avesse un “crampo”: se mette tre partiti attorno ad un tavolo, gli altri si offendono…
«Guardi, sono tre anni che stiamo all’opposizione, non ci siamo mai incontrati, non sappiamo quali partiti fanno parte della coalizione, non conosciamo le basi di un programma minimo sul piano sociale, economico, della giustizia, della politica estera. Al Pd lascio lo ius primae noctis, ma la prima notte la passano in bianco. Dalla settimana prossima se non si muovono loro, mi muovo io. Questa è l’ultima chiamata».

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