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Dazi: tira e molla di Trump sul tech, big dell’elettronica appesi ad un filo

È un tira e molla senza fine quello di Donald Trump sui dazi. Dopo lo stop di tre mesi all’introduzione delle tariffe reciproche, il presidente Usa ha annunciato di voler escludere, dai dazi del 145% imposti sulle importazioni dalla Cina e dal dazio globale del 10% applicato a quasi tutti gli altri paesi, i prodotti elettronici, tra cui smartphone, computer e chip, per poi nuovamente minimizzare l’annuncio. E minacciare, nelle ultime ore nuove tariffe sul tech, dai semiconduttori all’elettronica di largo consumo. Difficile capire la direzione. Di certo nelle ultime ore, l’esenzione del comparto tech dai dazi, aveva fatto tirare un sospiro di sollievo alle aziende del comparto, e Apple, in particolare, che – in caso di applicazione piena delle tariffe sull’import dalla Cina- rischiano di finire in una crisi senza precedenti.

Nuovo dietrofront di Trump

L’applicazione dei dazi sull’elettronica rischia di avere effetti pesantissimi sulle aziende del settore ma anche sui consumatori. Questo perché la produzione statunitense di beni tecnologici come smartphone, laptop e semiconduttori è fortemente concentrata in Cina e in altri paesi asiatici. Spostare la produzione nel mercato americano richiederebbe anni e costi enormi, rendendo impraticabile una rapida sostituzione della filiera produttiva.

L’imposizione di dazi fino al 145% aumenterebbe poi drasticamente i costi delle importazioni con conseguente rialzo dei prezzi per i consumatori americani (e non solo). Questo finirebbe per danneggiare le vendite di dispositivi tecnologici molto popolari come gli iPhone, penalizzando aziende come Apple e Nvidia, che dipendono fortemente dalla produzione asiatica.

“L’esclusione degli smartphone e dei chip è uno scenario che cambia le carte in tavola quando si parla di tariffe cinesi” aveva dichiarato alla CNBC Dan Ives, responsabile globale della ricerca tecnologica di Wedbush Securities, prima delle minacce delle ultime ore. L’esperto aveva aggiunto che i dazi sono una “nuvola nera sulla tecnologia fin dal Giorno della Liberazione, perché nessun settore sarebbe stato più danneggiato di quello della big tech. La loro applicazione sarebbe l’Armageddon per le grandi aziende tecnologiche”.

Apple ringrazia

Tra le aziende hi-tech, Apple è in prima fila tra quelle che, in caso di dazi sull’hi-tech, rischia di sprofondare in una crisi senza precedenti. Un esempio per tutti: l’80% dell’iPhone – il prodotto di punta del gruppo di Cupertino – viene prodotto e assemblato in Cina.  Se venissero applicati dazi significativi sui prodotti provenienti dal gigante asiatico, il prezzo degli iPhone in Italia potrebbe aumentare drasticamente. Secondo le stime degli analisti di Rosenblatt Securities, i dazi imposti dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, potrebbero far crescere il costo degli iPhone del 43% rispetto ai prezzi attuali. Attualmente, un iPhone 16 Pro Max con 1 TB di memoria è venduto in Italia a 1.989 euro. Con un aumento del 43%, il prezzo potrebbe salire a circa 2.844 euro, come calcolato. Tuttavia, altre stime indicano che il prezzo potrebbe superare i 2.500 euro, considerando anche l’IVA al 22% e altre tasse locali come l’equo compenso SIAE.

In un contesto che rimane incerto, secondo quanto riporta Bloomberg, Apple starebbe valutando un piano alternativo per mitigare gli effetti di eventuali tariffe. L’azienda ha iniziato a esplorare la possibilità di spostare parte della produzione destinata al mercato statunitense in India. Questo permetterebbe di beneficiare di tariffe molto più basse rispetto a quelle imposte sui prodotti provenienti dalla Cina. Sebbene questa strategia rappresenti una soluzione temporanea, comunque richiederebbe investimenti significativi e tempi lunghi per riorganizzarsi.
Il futuro rimane a questo punto incerto. L’amministrazione Trump ha lasciato aperta la possibilità di introdurre nuove tariffe settoriali sui prodotti tecnologici. Inoltre, la dipendenza dell’azienda dalla produzione cinese continua a rappresentare un rischio strategico significativo.