Società

Il NO di Zagrebelsky: “in balia di apprendisti stregoni, perderemo tutti”

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Non ha dubbi sulla necessità di votare NO al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre l’ex presidente della Consulta Gustavo Zagrebelsky. Così dice senza mezzi termini, nel corso di un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa

“Siamo in balia di apprendisti stregoni che ignorano quanto la materia sia incandescente. A chi vuole metterci mano, può prendere la mano. Non si sa dove si va a finire. Questa riforma, con annesso referendum, rischia il disastro. Chiunque vinca, perderemo tutti”.

Zagrebelsky spiega il perchè sarebbe stato violato l’articolo 1 della Costituzione e questo perchè “la riforma è stata approvata da un Parlamento eletto con una legge incostituzionale (riferimento al Porcellum) Fatto senza precedenti”. E ricorda: “L’articolo 1 dice che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Ebbene, questo Parlamento non è stato eletto secondo le forme ammesse dalla Costituzione. C’è stata un’usurpazione della sovranità popolare”.

All’osservazione del giornalista che gli fa notare che, con il referendum decide il popolo, risponde:

“Pensare che il referendum sia una lavatrice democratica che toglie ogni macchia è puro populismo. Anche perché è stato trasformato in un Sì o No a Renzi, e la povera Costituzione è diventata pretesto per una consacrazione personale plebiscitaria. Qualcuno s’è fatto prendere la mano”. Il Presidente emerito della Corte Costituzionale, e presidente onorario dell’associazione Libertà e Giustizia fa anche un paragone con “la Repubblica di Weimar nella Germania degli anni 30”.

Di fatto, “il famigerato Porcellum, che tutti aborrono a parole, non è affatto estinto: vive e combatte insieme a noi perché il Parlamento che abbiamo è ancora quello lì. La riforma costituzionale è stata approvata con i voti determinanti degli eletti col premio di maggioranza dichiarato incostituzionale. Ma i garanti della Costituzione fanno finta di niente e tacciono”. Per garanti della Costituzione intende “dal presidente della Repubblica ai singoli cittadini”, precisando che “la Repubblica di Weimar, nella Germania degli Anni 30, implose anche per l’assenza di un “partito della Costituzione” che la difendesse oltre gli interessi contingenti dei partiti”. E “oggi accade lo stesso”.

Zagrebelsky ritiene che, con una vittoria del SI “non si apre la strada a una dittatura, ma alla riduzione della democrazia e all’accentramento del potere in poche mani. Non possiamo tuttavia sapere, oggi, quali saranno le poche mani di domani”. Mentre invece con il NO “si potrà ricominciare a ‘fare politica’”.

A gridare No al referendum è anche Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale, facendo notare che una eventuale approvazione di una riforma del genere, che lui definisce “confusa e demagogica”, “lascia aperta la possibilità che si arrivi all’elezione del Capo dello Stato anche col voto di meno della metà dei componenti del Parlamento”.

“Per di più l’attuale legge elettorale, col premio di maggioranza già consente a una minoranza di ottenere alla Camera più di metà dei seggi. Se a questo sommiamo poi il divario tra il numero dei deputati, che rimangono 630, e quello dei senatori ridotti a 100, e l’assenza dei delegati regionali nel nuovo plenum, l’elezione del Capo dello Stato potrebbe diventare appannaggio di una sola parte politica che non rappresenta la maggioranza del Paese: un vulnus anche da un punto di vista simbolico”.