Società

DAGOSPIA VENDUTO A BERLUSCONI

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Secondo quanto risulta a “Wall Street Italia” il sito di gossip di Roberto D’Agostino, Dagospia, e’ stato venduto alla Mondadori. E’ qualcosa di piu’ di un rumor (in attesa di conferme dallo stesso D’Agostino rimane pero’ solo una voce) ma circola con insistenza in ambienti politici romani e in pochi settori dell’editoria milanese. Non sono noti ne’ il prezzo della transazione ne’ i dettagli sul ruolo di Roberto D’Agostino nel futuro.

WSI se ne occupa non perche’ il rumor abbia riflessi sui mercati borsistici (Mondadori e’ quotata a Piazza Affari) ma perche’ la cessione del piu’ celebre e aggressivo sito di gossip in Italia rappresenta l’ultimo atto di un tentativo di “normalizzazione” sui media messo in atto dal premier Silvio Berlusconi, che di Mondadori e’ il proprietario.

Un’altra notizia e’ che dall’ 1 luglio la pubblicita’ del sito Dagospia e’ gestita da Il Sole 24 Ore, il quotidiano della Confindustria, come si puo’ leggere sul sito stesso: “La pubblicità sul sito Internet www.dagospia.com è affidata alla concessionaria di pubblicità Il Sole 24 ORE S.p.A. System – divisione WebSystem, Via Monterosa, 91 Milano”. In precedenza il sito ruotava nell’orbita di Tiscali ma non performava in modo soddisfacente. E’ ovvio che la questione porra’ presto un evidente conflitto tra gli uomini della pubblicita’ di Mondadori e quelli del Gruppo 24 Ore.

Dagospia era diventato una scheggia impazzita nel panorama informativo italiano. La grande intuizione di D’Agostino fu dar dignita’ al gossip allargandone l’indagine (chiamiamola cosi’) dal mondo dello spettacolo e della TV, a politica, economia e finanza. Una formula di successo. Molte news autentiche e messaggi trasversali, immersi in un calderone irriverente e conditi di numerose “bufale”, alternate in rubriche e “frasi fatte” ormai passate all’uso comune – e destinate nel lungo termine ad essere ridimensionate – come “Cafonal”, “Pissi Pissi Dago Dago”, “La Penisola dei famosi”, “Gli addetti ai livori”.

Per esempio, ecco cosa scriveva tempo fa il “Corriere della Sera”: “Folla («come per i saldi», il commento comune) e un pizzico di mondanità romana al Circolo della Stampa di corso Venezia. L’occasione: la presentazione di «Cafonal», il volume che raccoglie 8 anni di scatti del fotografo dei vip Umberto Pizzi, e di commenti di Roberto D’Agostino (edizioni Mondadori). Tra gli ospiti, l’ avvocato Cesare Rimini, la show-woman Alba Parietti, il presidente di MiTo Francesco Micheli (suo il discorso sulle differenze tra Roma e Milano), Daniela Santanché. Il leitmotiv della serata: «Mai prendersi sul serio», come ha spiegato Roberto D’ Agostino, accompagnato dalla moglie, Anna Federici. Poi tutti a festeggiare casa di Francesco Micheli”.

Proprio la moglie di D’Agostino, Anna Federici, figlia di solidi costruttori edili romani (quelli che lo stesso Dagospia chiama “palazzinari”) ha giocato un ruolo chiave nel lancio e poi nella gestione del sito. Roberto D’Agostino e’ stato bombardato nel corso degli anni da una serie infinita di cause per diffamazione, intentate da “vittime” di articoli e gossip pubblicati da Dagospia. Alcune vertenze giudiziare le ha vinte, ma la maggioranza le ha perse. Il relativo esborso monetario (per risarcimento danni e spese legali) e’ sempre stato coperto, a piu’ riprese, dalle abbondanti casse della Federici.

Adesso, con gli avvocati della Mondadori alle spalle, Dagospia sara’ molto piu’ cauto sul pubblicare determinati rumor un po’ troppo “scottanti”. Tv e spettacolo, nessun problema. Ma tabu’ saranno le indiscrezioni sul PdL, partito di riferimento del nuovo proprietario (a proposito: Umberto Bossi, su cui ci sarebbe molto da raccontare, non e’ mai attaccato frontalmente….); off-limits saranno i gossip dal “buco della serratura” dai santuari dei “poteri forti” intoccabili in Italia (perfino certi settori del PD); e assai calibrati, con secondi fini specifici, risulteranno gli articoli su Vaticano e CEI, oggetto ultimamente di indiscrezioni feroci non ortodosse (e di cui e’ difficile capire se siano sgradite oppure ispirate dal premier).

Dagospia aveva da sempre gravitato nell’area del centro-destra, con qualche rapido blitz in altre “zone”. Adesso, con la cessione a Mondadori, un’era e’ finita per sempre, o sta per finire, con l’irrigimentazione ufficiale.

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Su Roberto D’Agostino e sul suo Dagospia, ripubblichiamo un articolo di Carlo Rossella uscito sul mensile Prima Comunicazione del settembre 2002:

Come altre 55mila persone, mi capita ogni giorno, o quasi, di ‘cliccare’ in Internet sul sito Dagospia.com. Non me ne vergogno affatto. Non sono come quei tipi o quelle tipe che, citando Novella 2000, dicono di non aver comprato la rivista ma di averla sfogliata dal barbiere o dal coiffeur. Dagospia.com è un attimo di relax in una giornata pesante o in una nottata noiosa. Ovviamente chi cerca Dagospia.com va a caccia di pettegolezzi, di gossip. ‘Ce n’è per tutti’, potrebbe essere questo lo slogan della testata web. Nessun vip (che parola orribile! non vedo perché la si continui a usare sui giornali) sfugge ai reporter del sito.

Le indiscrezioni, un tempo sul lato allegro e poco impegnato della vita, oggi spaziano dall’economia alla politica. Un po’ come sul Drudge Report. Molto più della favolosa Page Six del New York Post. Se Dagospia.com fosse la parte più consistente di un tabloid cartaceo e popolare venduto solo nella capitale romana o a Milano, darebbe a quel giornale un grande successo. Dagospia.com dà fastidio a molti. Irrita. Urtica. Stuzzica. Pizzica. Nausea. A volte anche me. Ma se lo si vede con una certa nonchalance si avverte un masochistico piacere a essere presi per i fondelli; a guardarsi in pose non sempre socially correct, a sentirsi canzonati. Io, ad esempio, per Dagospia.com sono ‘Carlito’, un personaggio vagamente sudamericano, sempre in smoking, come se trascorressi la mia non facile esistenza alle feste (che aborro!).

Fondatore di Dagospia è stato un giornalista originale e di qualità: Roberto D’Agostino, inventore prima della lookologia e poi della gossipologia di scuola squisitamente romana. Era inevitabile che Roberto D’Agostino, alias Dagospia.com, oppure ‘Dago’, come lo chiamano gli aficionados, facesse un libro della sua opera omnia scandalosa. E infatti tra pochi giorni sarà nei book-shop ‘Alta Portineria’, stampato dall’editore Mondadori. Sono sicuro che avrà un grande successo e se ne parlerà bene in pubblico (soprattutto i recensori dei giornali ammoniti dai loro direttori preoccupati di finire su Dagospia.com) e male in privato. Si faranno terribili gossip sul gossip.

L’arroseur arrosé. Eppure ‘Alta Portineria’ è un bel ritratto di questa gens italica d’alto bordo. I nostri Wasp. Che non vanno in vacanza nel Maine o agli Hamptons ma a Porto Cervo, Capalbio, Capri o Panarea. Gente che non ha fatto le prepschools d’élite e che non ha frequentato gli IvyLegue colleges, ma i salotti milanesi e romani o i ristoranti assez chic di piazza del Popolo o della piazzetta di Portofino. ‘Alta Portineria’ contiene anni di gossip vissuti disperatamente. E che male c’è? Il gossip non è un’arte ignobile. È nato con l’uomo. Eva e il serpente tentatore facevano gossip su Dio e Adamo, gli unici personaggi presenti nel loro universo. E con l’aumentare della specie è cresciuta la quantità dei pettegolezzi. “Continuiamo pure. Il gossip può essere virtuoso”.

Quando sabato 10 agosto ho letto questo titolo sulla sofisticatissima pagina ‘Arts & Ideas’ del New York Times, ho fatto un balzo sulla sedia. L’autrice dell’articolo, Patricia Cohen, si riferiva a un lungo saggio di nobilitazione del gossip pubblicato sull’International Journal of Applied Philosophy dal professor Emrys Westacott, docente alla Alfred University. Una mosca bianca nel mare nero dei detrattori del gossip e dei gossipari, categoria nella quale, ogni tanto, mi piazza qualche piccolo monsieur Verdurin.

Westacott è un pensatore che ama riflettere sui semplici aspetti della vita quotidiana e sull’etica che li ispira. La riflessione di Westacott gli è stata suggerita da una conversazione con un amico spietato verso il pettegolezzo. Per Westacott il gossip non è un’abitudine negativa ma addirittura un comportamento morale che richiede un naturale e sofisticato sistema di valutazione delle qualità dell’individuo e un’accurata sensibilità ai valori della giustizia e della correttezza sociale. “Parlare degli altri”, spiega Westacott, “non solo è socialmente utile, ma anche indispensabile”.

Il filosofo giustifica addirittura le violazioni della privacy commesse dal gossip. “Peccati veniali”, spiega. Ma la strabiliante novità del saggio è la definizione del gossip come arma di difesa dagli abusi dei potenti, nella società o nei luoghi di lavoro. In certi casi il gossip funzionerebbe meglio dei sindacati, viste le terribili conseguenze che può generare diffondendo certe indiscrezioni. Dopo le elaborate pagine di ‘The Logic of gossip’ e di ‘The goud gossip’ di Lawrence Thomas, quello di Westacott è un altro scudo spaziale per i D’Agostino di tutto il mondo, di tutti i Paesi, di ogni città, di ciascun borgo e di ciascun salotto, tinello e ufficio.