Società

DAGLI ALL’ECONOMISTA

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(WSI) – Gli economisti sbagliano (come gli avvocati, i medici, gli architetti, e i giornalisti). Per mesi ci hanno detto che al di là della Grande Crisi avremmo trovato la strada bloccata da due mostri: l’iper-inflazione e la deflazione. Non era chiaro quale dei due sarebbe arrivato prima, ma certamente uno si sarebbe fatto vivo. L’iper-inflazione (determinata da tutti i soldi messi in giro per bloccare la Grande Crisi) ci avrebbe resi tutti più poveri nel giro di qualche mese. La deflazione (con il ribasso continuo dei prezzi) avrebbe trasformato la Grande Crisi in una Grande Depressione, e allora sarebbero stati guai seri.

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Ebbene, ormai siamo arrivati sul confine della Grande Crisi, ma dei due mostri non c’è nemmeno l’ombra. Spariti, inghiottiti dalle nebbie. I prezzi si muovono più o meno dolcemente (quelli della benzina fin troppo alla svelta …), e c’è chi sostiene che la loro crescita moderata ci accompagnerà per un anno o due, fino alla piena ripresa dell’economia.

Intanto, in America (che è il cuore della crisi) le cose vanno meglio (meno disoccupazione totale e meno disoccupati mensili). Al punto che Goldman Sachs lancia una specie di scommessa. Sostiene che nella seconda parte del 2009 l’economia americana crescerà al ritmo del 3 per cento: una ripresa discretamente robusta. Ma, attenzione, gli economisti della banca d’affari avvertono anche che quel 3 per cento è frutto di uno stimolo fiscale pari al 3 per cento e a un processo di ricostituzione delle scorte del 2 per cento. Senza questi due movimenti, cioè, l’economia americana sarebbe ancora negativa per il 2 per cento. Altro che ripresa.

Gli ottimisti, però, fanno notare che la ricostituzione delle scorte è fisiologica e naturale: proprio la liquidazione delle scorte ha avuto tanta parte nel determinare la crisi (non si produceva più perché si vendeva quello che c’era in magazzino). Adesso è arrivata l’ora di tornare a mettere qualcosa nei magazzini. Certo, il fenomeno non potrà andare avanti all’infinito. Ma intanto c’è. Più complicata la situazione degli stimoli fiscali. Secondo alcuni cesseranno a fine anno, secondo altri a metà del 2010. Ma intanto ci sono, e l’economia americana si trova in ripresa (con un anno di anticipo rispetto alla previsioni dei gufi del Fondo monetario internazionale).

Ma anche gli stimoli fiscali (come la ricostituzione delle scorte) non potranno durare all’infinito. E’ probabile che, in misura più o meno sostenuta, vadano avanti fino a quando l’economia americana non sarà in grado di correre con le proprie gambe. In sostanza, gli Stati Uniti hanno acchiappato la ripresa con dodici mesi di anticipo (e in maniera quasi insperata): difficile che se la facciano svanire fra le mani.

In realtà, hanno comunque un problema: troppi disoccupati. Se la congiuntura non si mette a correre e se non comincia il riassorbimento di quelli che sono rimasti senza lavoro (e senza stipendio) sarà difficile avere una ripresa vera. In un’economia che per il 75-80 per cento dipende dai consumi interni, il 9,5 per cento di disoccupati è troppo. Questo è il vero problema.

Se dall’altra parte dell’Atlantico le cose vanno meglio (al punto che si parla di un rally di Borsa ormai senza fine), da questa parte, in Europa, tutto è ancora incerto. Per due motivi. Intanto c’è da superare lo scoglio dell’autunno (quando la disoccupazione morderà sul serio). E poi c’è il pericolo che a una breve fase di ripresa segua una lunga fase di crisi a causa proprio dei troppi disoccupati prodotti in questi ultimi mesi senza che dai governi venisse una politica di contrasto adeguata. In un certo senso, l’Europa rischia di ritrovarsi rapidamente in una “seconda” crisi a causa dell’inerzia e della pigrizia con la quale ha affrontato la “prima”. L’America ci ha portati nei guai, ma ci ha anche fatto vedere come se ne può uscire. Solo che l’Europa non impara mai niente.

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