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“Da decreto recupero crediti, rischi perdite per banche italiane”

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ROMA (WSI) – Per le banche il recupero crediti e l’accesso ai collaterali dei crediti non performanti (non performing loean) dovrebbe essere stato reso più semplice, grazie al decreto che il governo Renzi ha approvato lo scorso 23 giugno. Ma la divisione di ricerca della banca Berenberg non sembra condividere l’entusiasmo dell’iniziativa, e parla di assenza di dettagli importanti.

“Crediamo che ci sia il rischio che queste riforme possano effettivamente portare a perdite su crediti più elevate per le banche italiane”, avvertono gli analisti dell’istituto. Il punto è che, secondo gli obiettivi del governo, il decreto dovrebbe alimentare la vendita dei non performing loans (NPL), aiutando così gli istituti italiani a ridurre l’NPL ratio e ad allinearsi maggiormente ai paesi dell’Europa.

Da segnalare che la maggioranza delle banche italiane valuta le garanzie immobiliari dei prestiti su base annua e sulla base di un indice dei prezzi di riferimento. Tuttavia, se il nuovo decreto facesse aumentare le vendite di asset, in particolar modo di quelli immobiliari, alla fine i valori delle garanzie, secondo Berenberg, sarebbero influenzati in modo negativo.

Secondo gli analisti – nel report segnalato da Milano Finanza – le banche potrebbero in alcuni casi anche registrare perdite maggiori sui prestiti: attualmente le due banche italiane più grandi hanno un rapporto di copertura totale delle sofferenze del 110% circa, di cui in media il 49% sono accantonamenti e il 61% il valore del collaterale. “Stimiamo che le banche italiane possano aver bisogno di accantonamenti ulteriori se il valore di mercato del collaterale scendesse di oltre il 10% del valore lordo del credito non performante”.

Sempre secondo quanto riporta Milano Finanza, anche la deducibilità fiscale delle perdite su crediti, stando all’analisi di Berenberg, è positiva, ma è incerto il trattamento delle perdite fiscali differite attuali. A partire dal 2016 il 100% delle perdite su crediti sarà deducibile dalle tasse in un anno rispetto ai precedenti cinque anni. Il governo spera che questo possa incoraggiare le banche a riconoscere le perdite su crediti più velocemente. “Tuttavia, non è chiaro come questo influenzerà le perdite fiscali relative alle perdite su crediti storici. Infine, il timing del decreto: entra in vigore immediatamente, ma deve essere approvato dal Parlamento nei prossimi 60 giorni per diventare legge. Dunque “ci sono ancora molti dettagli da decidere che le stesse banche ritengono opportuno chiarire in questo periodo”, concludono gli analisti di Berenberg.

Altro fattore che rende Berenberg scettica sul decreto è l’accelerazione della procedura di recupero dei crediti, che risulta molto vaga sotto diversi aspetti.

Il decreto prevede la divisione del ruolo attuale del curatore fallimentare da quello del commissario giudiziario al fine di evitare conflitti di interesse. Entrambe le parti avranno rigorosi limiti di tempo per portare a termine la liquidazione e saranno oggetto di licenziamento se non dovessero soddisfare questi limiti. Tuttavia, questi termini sono ancora da definire “e questo non aggiunge credibilità all’obiettivo del governo di ridurre la durata del processo di recupero dei non performing loan”.

Unicredit rimane comunque la preferita tra le banche italiane, premiata con un “buy” e con un prezzo obiettivo di 8 euro), in quanto scambia a sconto del 9% rispetto ai concorrenti.

“Siamo convinti che Unicredit sarà sottoposta a una crescente pressione da parte degli azionisti a un break up e a concentrarsi sulla redditività sul mercato domestico che può sbloccare una valore significativo”.