Economia

Diktat Bce: tagliare 110 poltrone di banche italiane

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BRUXELLES (WSI) – Sono circa 110 le poltrone dirigenziali nelle banche che dovranno essere tagliate nei prossimi mesi secondo quanto ricostruisce Corriere Economia, sulla base dei diktat della Bce.

Dalla tanto attesa fusione tra Bpm e Banco popolare di Milano potranno essere tagliati fuori nei prossimi mesi circa 32 posti da amministratore. Se da un parte nè il presidente del consiglio di sorveglianza del Banco popolare di Milano, Dino Piero Giarda, né l’amministratore delegato del Bpm, Pier Francesco Saviotti entreranno a far parte del progetto futuro che nascerà dalla fusione tra i due istituti, 30 amministratori sono convinti che invece rimarranno, perché indispensabili.

Ma qui arriva il monito della Bce secondo cui il nuovo istituto che andrà a formarsi potrà essere “agilmente amministrato da un consiglio di 15 amministratori”. E gli altri 15?

Un interrogativo che si pone anche guardando ad altri importanti istituti di credito italiani. Tranne Unicredit e Intesa San Paolo e Credem vi sono 10 banche che potrebbero essere protagonisti del prossimo risiko”.

“Queste dieci banche (Mps, Ubi, Banco, Bpm, Carige, PopSondrio, Creval, Bper, PopVicenza e Veneto), sommano 185 consiglieri di amministrazione. Ipotizzando che da dieci ne restino cinque, questi cinque istituti di credito potrebbero essere amministrati da cda composti da 15 componenti (se la regola della Bce vale per Banco+Bpm vale anche per le altre). Basterebbero dunque 75 amministratori per far funzionare queste nuove realtà, quando oggi ne servono 185. Ecco i 110 da congedare. Ed ecco le resistenze, la difese dei privilegi, gli arrocchi. Perché se è vero che i casi come la Vicenza sono rari (l’ex presidente Gianni Zonin aveva un appannaggio superiore al milione di euro l’anno, l’ex amministratore delegato Samuele Sorato di 1,7 milioni), è indubbio che un posto nel consiglio di una banca vale molto (denaro) e costa relativamente poco (impegno). Sarà necessaria una importante scrematura”.

Inoltre nei vari consigli di amministrazione delle banche figurano indagati, condannati in primo grado e molti soggetti che portano avanti interessi di altri.

“Non è questo il modello virtuoso a cui cerca faticosamente di ispirarsi l’Europa, né è questo l’interesse della vasta platea di azionisti correntisti e risparmiatori che affidano i loro denari alle banche. È il momento di fare pulizia, in profondità, anche dando la colpa alla Bce”.